Convegno di studi a Taranto: “la nullità del matrimonio”

foto ©SafesPro

Si è tenuto nell’aula “Miro” del Tribunale di Taranto, il convegno di studi sul tema “La nullità del matrimonio” organizzato dalla Scuola di Alta Formazione e Studi Specializzati (SafesPro) di Taranto, diretta dall’avvocato Domenica Leone. L’evento ha permesso di approfondire alcune tematiche di indiscusso interesse, con interventi di grande rilievo. Presente l’Arcivescovo Metropolita di Taranto Mons. Ciro Miniero.

Il Tribunale Apostolico della Rota Romana

Punto di partenza imprescindibile dei lavori è stato il noto can. 1055 § 1 CIC che sancisce che “Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento”.

Dal carattere sacramentale del vincolo coniugale, infatti, ne deriva che la normativa che regola il matrimonio dei cattolici è solo quella che ha la sua fonte nel diritto divino, naturale e positivo, e nel diritto canonico. Per tale motivo, l’unica autorità competente a dichiarare l’eventuale nullità del matrimonio canonico è solo il giudice ecclesiastico.

A tal proposito, il primo illustre relatore, S.E. Rev.ma Mons. Alejandro Arellano Cedillo, Decano del Tribunale della Rota Romana, si è soffermato sul concetto di foro e Tribunale competente a norma dei cann. 1671-1673 CIC, pur focalizzando l’attenzione sui compiti e funzioni del Tribunale della Rota Romana, nonché sul suo particolare carattere, come Tribunale del Romano Pontefice, d’istanza ordinariamente di appello, foro competente per tutto l’orbe cattolico, di esercitare grande rilevanza sia sulla formazione del diritto sostanziale che sulle norme procedurali vigenti nell’ordinamento canonico, servendo come modello e precursore dell’ulteriore diritto universale della Chiesa.

La dichiarazione di nullità del matrimonio

I lavori sono proseguiti con la relazione di Mons. Francesco Viscome, Prelato Uditore del Tribunale della Rota Romana, che ha preliminarmente precisato che un matrimonio canonico, apparentemente valido, può essere dichiarato nullo solo se venisse riscontrato – al momento del consenso che costituisce il matrimonio – un difetto degli elementi costitutivi, un impedimento, o un difetto di forma canonica. Sottolineando pertanto la natura dichiarativa, e mai costitutiva, del processo canonico.

Processo che deve essere inteso come il mezzo pastorale più idoneo ad accertare la verità sulla validità o la nullità del matrimonio, che si conclude con una pronuncia dichiarativa di nullità se si raggiunge la certezza morale della invalidità del vincolo coniugale. Certezza morale che non è una mera probabilità o un’opportunità o una benevolenza pastorale, essa piuttosto si colloca tra la cosiddetta certezza assoluta e la quasi certezza.

Prima di illustrare le diverse fasi nel processo ordinario matrimoniale, in quello più breve dinanzi al Vescovo (cann. 1683-1687) e in quello documentale (cann. 1688-1690), sono stati indicati sinteticamente i capi di nullità maggiormente invocati. In  particolare, quelli relativi ai vizi della libertà del consenso [costrizione fisica o morale; presenza di errori (persona, qualità); apposizione di condizioni al proprio impegno matrimoniale (consenso meno libero)]; incapacità della persona [impotenza a porre la copula coniugale; insufficiente uso di ragione; difetto di discrezione di giudizio; incapacità ad assumere gli obblighi essenziali per causa di natura psichica]; difetti volontari del consenso [simulazione dello stesso matrimonio; esclusione di una proprietà essenziale (unità/fedeltà, indissolubilità), o di un elemento essenziale (ordinazione alla prole e al bene dei coniugi)].

Conclude Mons. Viscome ricordando che, alla luce del Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, qualora si invochi il processo più breve, non è più richiesta la doppia sentenza conforme affermativa affinché il matrimonio sia dichiarato nullo, ma è sufficiente una sola sentenza che non sia appellata e che sia divenuta esecutiva.

Il decreto di esecutività della Segnatura Apostolica

Tuttavia, la sentenza di nullità matrimoniale opera ancora nell’ambito dell’ordinamento canonico. Per trasferire i relativi effetti nell’ambito dell’ordinamento italiano – nell’ipotesi di matrimonio concordatario ossia quello religioso che ha anche effetti civili perché trascritto nei registri dello stato civile – è richiesta l’incardinazione di un giudizio di delibazione dinnanzi alla Corte d’Appello territorialmente competente.

Presupposto indefettibile per istaurare tale giudizio è il decreto di esecutività emanato dal Tribunale Supremo della Segnatura Apostolica, di questo aspetto si è specificamente occupato l’Avv. Vincenzo Fasano, Docente presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino in Urbe ed Avvocato del Tribunale della Rota Romana.

Il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, superiore organo ecclesiastico di controllo, anche in ragione della fonte concordataria di riferimento costituita dall’art. 8, n. 2 dell’Accordo di modificazione del Concordato lateranense del 18 febbraio 1984, accerta il rispetto delle norme canoniche applicate nel corso del giudizio canonico di nullità. Il decreto di esecutività, pertanto, impedisce alla Corte d’Appello di analizzare, nel successivo giudizio di delibazione, la rispondenza del giudizio di nullità matrimoniale alla normativa canonica.

Tuttavia, per emettere il decreto di esecutività è indispensabile che il procedimento canonico sia effettivamente concluso, ovvero non sia stato presentato appello o altri possibili rimedi di impugnazione o gravame. A tal fine, il Tribunale che ha emanato la delibanda sentenza deve emettere il decreto esecutorio che dichiara che la decisione è ormai divenuta esecutiva. Di conseguenza, si potrà procedere alla annotazione della pronuncia nei rispettivi registri di battesimo e nel registro di matrimonio.

Il riconoscimento civile delle nullità canoniche

Infine, il Prof. Paolo Stefanì, Professore associato presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, ha ampliamente descritto il procedimento di delibazione ovvero lo strumento attraverso cui il giudice dello Stato riconosce gli effetti civili delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale.

Procedimento che si svolge dinnanzi alla Corte d’Appello del luogo ove il matrimonio è stato trascritto, e che prevede una serie di controlli che i giudici dello Stato devono effettuare sul processo canonico e sulla sentenza ecclesiastica, non potendo tuttavia in alcun modo riesaminare il merito della decisione. La Corte di Appello controlla, tra gli altri, sostanzialmente due aspetti: il rispetto del diritto di agire e resistere in giudizio, ovvero il diritto di difesa, e che la sentenza ecclesiastica non sia contraria ai principi dell’ordine pubblico italiano in materia matrimoniale.

Solitamente le Corti di Appello delibano le sentenze ecclesiastiche. Tuttavia, è stato ricordato che negli ultimi anni si sta facendo strada una via giurisprudenziale che in qualche modo sta cercando di “limare” alcuni aspetti del giudizio ecclesiastico che potrebbero essere in contrasto con norme costituzionali, convenzionali, e ordinarie di ordine pubblico italiano. La più famosa delle questioni giurisprudenziali è quella della durata della convivenza matrimoniale. La Corte di Cassazione ha infatti stabilito che al di là dei tre anni di convivenza dopo la celebrazione del matrimonio concordatario, la sentenza ecclesiastica di nullità non può essere delibata, e questo a tutela soprattutto della conservazione del matrimonio-rapporto nell’ordinamento civile. Per approfondire QUI.

Tutto questo e molto altro, è stato affrontato nel convegno di studi “La nullità del matrimonio”, occasione gradita per riflettere sul processo di nullità matrimoniale e sul procedimento di delibazione, momento di comunicazione e di passaggio tra l’ordinamento canonico e l’ordinamento italiano.

 

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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Deborah Lategana

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