La delibazione delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale: aspetti generali

corte d'appello

Il matrimonio tra ordinamento canonico e ordinamenti secolari

Vox Canonica ha trattato sotto differenti punti di vista il matrimonio canonico, sia nei suoi aspetti fisiologici, che in quelli patologici, analizzandone anche l’evoluzione storica e normativa.

Eppure questo consortium totius vitae, che è per i battezzati sacramento, è, altresì, un negozio giuridico, rilevante per l’ordinamento e, pertanto, considerato res mixta, cioè fattispecie che coinvolge sia la giurisdizione ecclesiastica, sia la giurisdizione secolare.

Nel mondo, vi sono Stati che riconoscono validità solo al matrimonio civile, con la conseguenza che è necessaria, per i credenti, una doppia celebrazione, quella religiosa e quella civile. Anzi, in Francia, è prescritto addirittura che il rito civile debba precedere quello religioso, con previsione della reclusione per il ministro di culto contravventore.

In altri Paesi, come in Italia, il matrimonio canonico è parificato a quello civile, sicché la celebrazione si svolge secondo la disciplina della Chiesa e, tramite un procedimento complesso, chiamato trascrizione, ad essa sono riconosciuti gli effetti giuridici nella sfera statale.

Ciò in virtù, appunto, del Concordato Lateranense del 1929, modificato con l’Accordo di revisione del 1984, recepito dalla legge n. 121 del 1985.

Il riconoscimento delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale

Dal momento che lo Stato italiano si è impegnato a riconoscere il matrimonio canonico come produttivo di effetti giuridici, di converso, un matrimonio nullo canonicamente dovrebbe, in via generale, essere nullo anche civilmente, essendo la celebrazione canonica il presupposto del negozio giuridico civilistico.

La norma che regola questo aspetto è l’art. 8 co. 2 della l. 121/1985, che così recita:

Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo, sono, su domanda delle parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della Corte d’appello competente, quando questa accerti:

a) che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere della causa in quanto matrimonio celebrato in conformità del presente articolo;

b) che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici é stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano;

c) che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere.

Quest’ultimo punto richiama le norme relative alla delibazione delle sentenze straniere, contenute negli artt. 796 e 797 del codice di procedura civile, che sono stati abrogati dalla l. 218/1995, ma che hanno vigore solo per il caso delle sentenze canoniche (ultrattività), in virtù del loro richiamo nel Protocollo Addizionale.

Dalla lettura di questa disposizione, si comprende che una sentenza del giudice ecclesiastico sulla nullità matrimoniale non è automaticamente efficace in Italia, ma che è necessario, a tal fine, un procedimento, detto delibazione, che si svolge davanti alla Corte d’Appello e che è attivato su impulso di una o di entrambe le parti interessate.

Lo svolgimento del giudizio di delibazione

Il procedimento per la delibazione delle sentenze canoniche si svolge in modo differente, a seconda che la domanda provenga dalle parti congiuntamente o da una sola di esse.

Nel primo caso, le parti propongono il riconoscimento con ricorso, trattato celermente con le forme del giudizio camerale, che si conclude con un decreto motivato, ai sensi dell’art. 737 del codice di procedura civile. Nel secondo, invece, la parte agisce con atto di citazione, dando il via a un processo ordinario, che avrà come esito una sentenza (cfr. Cass. civ., SS.UU., n. 1212/1988).

Ad ogni modo, la Corte d’Appello è giudice in unico grado della delibazione, perciò, contro la decisione di questa, si può esperire soltanto il ricorso per cassazione, per motivi inerenti alla legittimità (e non al merito) del provvedimento.

Requisiti per la delibazione

Perché una decisione canonica in tema di nullità possa avere effetti civili, è necessario che:

  • si riferisca a un matrimonio concordatario: sono esclusi i matrimoni segreti, quelli coram solis testibus e quelli celebrati all’estero;
  • sia esecutiva: bisogna ricordare che il can. 1643 CIC stabilisce che non passino mai in giudicato le decisioni sullo stato delle persone. Questa è una differenza notevole con l’ordinamento secolare, che predilige la stabilità dei rapporti giuridici alla ricerca della verità. Pertanto, il Protocollo addizionale all’Accordo di revisione specifica che, quando la normativa italiana richiede il passaggio in giudicato per il riconoscimento delle sentenze emesse da giudici differenti da quelli dello Stato, nel caso del diritto canonico, basta l’esaurimento dei mezzi di impugnazione ordinari e il decreto di esecutività del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, che certifica la regolarità del procedimento.
  • nel processo canonico si garantisca il diritto di difesa e il contraddittorio tra le parti: a tal proposito, la Corte di Strasburgo, nella sentenza Pellegrini c. Italia, ha condannato il nostro Paese per violazione del giusto processo (art. 6 CEDU) in quanto ha delibato una sentenza canonica emessa a seguito di processo documentale (cann. 1688 e ss.), che non garantirebbe la posizione del convenuto.
  • la sentenza non sia in contrasto con una sentenza pronunciata da un giudice italiano;
  • non penda davanti al giudice italiano una causa avente lo stesso oggetto e che verta tra le stesse parti, prima del passaggio in giudicato della sentenza canonica;
  • non ci sia contrarietà tra la decisione canonica e l’ordine pubblico.

Su quest’ultimo punto, ci soffermeremo nel prossimo articolo, dal momento che si tratta di un tema particolarmente complesso e ricco di mutamenti giurisprudenziali, alcuni controversi e, forse, in contrasto con l’impegno assunto dall’Italia di rispettare la specificità dell’ordinamento canonico (art. 4 del Protocollo addizionale).

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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Andrea Micciché

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