I fattori sociali e la matrice culturale hanno un influsso fondamentale nel plasmare la concezione del matrimonio di un dato individuo. Per approfondire quanto ed in che misura i fattori socio-culturali incidono effettivamente sulla concezione matrimoniale e che risvolti tali concezioni possano avere nell’ambito della casistica matrimoniale canonica, utilizzeremo come esempio il territorio della Cina. Andremo dunque ad analizzare la concezione del matrimonio in Cina durante i vari secoli e come i principali cardini di questa concezione matrimoniale vadano ad influire in ambito canonico, specialmente nell’ambito della nullità matrimoniale.
La pietà filiale
In Cina, sia in passato che tuttora, si trova una cultura fortemente incentrata sul pensiero di Confucio, filosofo cinese vissuto tra il VI ed il V secolo a.C., il cui insegnamento inizialmente si diffuse tra le classi più colte della società, per poi giungere fino ai contesti geografici più rurali. Uno dei pilastri che sorregge il pensiero di Confucio è la pietà filiale. Essa consiste nell’onorare i genitori, nel prestare loro assistenza e sostentamento, dato che essi hanno fatto dono ai figli della cosa più preziosa che esista, la vita. Quello appena illustrato, è unicamente il significato più stretto che viene attribuito al concetto di pietà filiale. In un’accezione più ampia tale concetto include anche il significato di governare il paese, di regolare la famiglia, di pacificare il mondo e di dominare sè stessi.
Tale filosofia, espressa con le parole di Confucio stesso:
“La pietà filiale comincia col servire i genitori, prosegue con il servire il principe e si completa con l’elevare la propria persona”.
In quest’ottica si comprende come la pietà filiale costituisca il centro di tutte le virtù per il filosofo cinese, essa funge da ponte per unire le varie generazioni del popolo cinese.
La famiglia tradizionale cinese confuciana
E’ importante tenere ben presente due elementi essenziali della famiglia tradizionale cinese cionfuciana: essa si fonda sul modello patriarcale e comprende non soltanto le generazioni presenti, bensì anche quelle passate, ovvero gli antenati. La stabilità e l’unità del nucleo familiare sono essenziali, ed è proprio per questo motivo che quando i figli si sposano, non abbandonano la casa genitoriale, bensì continuano a vivere lì ed una volta venuti a mancare i genitori, tutti i figli, con le loro rispettive famiglie, continuano a vivere insieme presso la casa di famiglia. Da questa spiegazione si comprende bene come i figli con il matrimonio non vadano a costituire nuove famiglie indipendenti l’una dall’altra, bensì vadano a sostenere ed ampliare la loro famiglia di origine.
Le cinque relazioni cardinali
Alla base della società cionfuciana vi sono “cinque relazioni cardinali”, ovvero cinque norme basilari dell’ordine sociale, le quali costituiscono le fondamenta dei valori sociali tradizionali e della società. Da queste cinque relazioni, tra principe e suddito, padre e figlio, fratello maggiore e minore, marito e moglie, amico più adulto e amico più giovane, derivano tutte le altre relazioni che si possono trovare nella società.
Le cinque relazioni appena illustrate mostrano come comune denominatore un rapporto di forte squilibrio, caratterizzato da una struttura gerarchica in cui una parte si distingue in virtù della posizione di preminenza che ricopre rispetto all’altra. Per determinare il comportamento da tenersi all’interno di tali relazioni vennero stabilite rigide regole di comportamento, le quali produssero forti limitazioni della libertà individuale.
Potestà del padre sul figlio
La relazione tra padre e figlio è la relazione confuciana per eccellenza, dato che in essa, oltre che la preminenza del padre sul figlio, si nota anche una totale dipendenza dell’esistenza del figlio da quella del padre. Avendo ottenuto la vita dai genitori, i figli sono vincolati a loro. I genitori occupano il primo posto nei pensieri e nella vita dei figli, in questo possiamo notare un parallelismo con l’insegnamento morale cristiano.
In questa concezione di soggezione del figlio al padre si può comprendere come il padre eserciti la propria potestà in maniera illimitata sul figlio fino alla morte. Dunque da quanto appena illustrato si evince come il figlio, nonostante raggiunga la maggiore età, rimanga sempre figlio, dunque sempre soggetto alla potestà del padre e da ciò deriva anche il pesante condizionamento genitoriale nelle scelte di vita dei figli, come ad esempio il matrimonio.
Il matrimonio inteso come “prolungamento della discendenza”
Contrariamente alla concezione occidentale, nella quale il matrimonio riguarda personalmente i nubendi, nella cultura cinese la scelta di vita matrimoniale e la decisione spetta unicamente ai genitori, la volontà, i desideri e le aspirazioni personali dei nubendi non hanno minimamente rilevanza. La scelta del futuro coniuge per il figlio spetta dunque ai genitori, non solo in virtù del rapporto di subordinazione che li lega, bensì anche perché il matrimonio nella cultura cinese ha come scopo primario il prolungamento della discendenza. Uno dei principali doveri della pietà filiale infatti è avere dei figli in modo tale da poter garantire la continuità delle generazioni.
L’unione matrimoniale ha così la duplice finalità di assicurare la cura degli anziani della famiglia e al contempo di garantire la discendenza attraverso la procreazione, in tal modo perpetuando il culto degli antenati con continuità. La prole maschile serve dunque per assicurare la pietà filiale verso i genitori viventi e gli antenati. L’istituto matrimoniale nella concezione cinese diventa dunque elemento essenziale per la conservazione e continuazione della specie e della famiglia e la continuità dell’offerta del sacrificio agli antenati.
Dagli elementi sovra esposti si può notare una marcata somiglianza tra alcuni insegnamenti confuciani e la concezione cristiana del matrimonio, così come è stata intesa nel can. 1013, par. 1 del Codice di diritto Canonico del 1917, per quanto riguarda la gerarchia dei fini.
I risvolti in ambito matrimoniale canonico
Nella concezione cinese l’istituto matrimoniale è un mezzo necessario per la prosecuzione della specie ed è tenuto in tale considerazione che coloro che non intendono unirsi con il sacro vincolo del matrimonio si ritiene commettano uno scempio contro la pietà filiale, dato che la mancata procreazione (conseguenza imprescindibile del matrimonio) costituirebbe un’offesa gravissima. La procreazione non è dunque intesa, come in ambito canonico, quale valore in sé, essa risulta essere piuttosto un mezzo funzionale alla sopravvivenza della stirpe e al perpetuarsi del culto degli antenati. Tutto quanto è stato illustrato fino a questo momento può andare ad influire in modo notevole sulla volontà prenuziale, viziandola e dimostrando una marcata incidenza dei fattori socio-culturali sulla casistica matrimoniale canonica.
Un esempio di tale influsso della matrice culturale si può trovare nell’attitudine simulatoria nei confronti dell’indissolubilità ad esempio. Nell’antica cultura cinese infatti l’unione nuziale era fondata su una netta e rigida distinzione gerarchica nei ruoli coniugali, nei quali la donna doveva sottomissione e cieca obbedienza al coniuge. Nel caso non avesse adempiuto a questo suo dovere nuziale o nel caso in cui fosse stata infedele, era diritto del coniuge ripudiarla, rinviandola alla famiglia di origine. In questo caso vediamo come già anticamente vi fosse una predisposizione per una forma di divorzio nella cultura orientale, che successivamente si potrebbe trasporre anche in ambito canonico, ritenendo una possibilità la scissione del vincolo sacro contratto. In base al principio della “mutabilità” dunque all’uomo risulta impossibile impegnarsi irrevocabilmente in un progetto di vita come quello inteso nel diritto canonico di consortium totius vitae.
Altro caso si potrebbe verificare quando uno dei due coniugi, con una forma mentis plasmata dai valori della cultura tradizionale cinese, abbia inteso, attraverso la generazione della prole di sesso maschile, assicurarsi la perpetuità del proprio nome e della propria famiglia. In tal caso è presente una volontà che ha come oggetto primario la prosecuzione della propria famiglia e della propria specie, non la perpetuità del vincolo coniugale. La prole in questo caso non viene considerata come uno dei fini a cui è ordinato per sua natura il matrimonio e come suo naturale coronamento, bensì semplicemente come il mezzo attraverso il quale si garantisce il perpetuarsi della specie.
Ultimo segno di discrepanza tra la concezione tradizionale cinese e quella canonica del matrimonio è la presenza di un’affinità sentimentale tra i coniugi. In ambito cinese l’amore tra i coniugi è del tutto irrilevante e quasi sempre assente, dato che a prevalere è la dimensione comunitaria e sociale del matrimonio, inteso come l’unione di due famiglie. In quest’ottica diventa di fondamentale importanza che i futuri sposi appartengano alla stessa classe sociale e ceto. Proprio per questo motivo sono i genitori (soprattuto il padre) a determinare la decisione matrimoniale e l’eventuale opposizione dei figli risulta priva di effetti.
Note
Cfr. ARCISODALIZIO DELLA CURIA ROMANA (ED), L’incapacità consensuale tra innovazione normativa e progresso scientifico (Can. 1095, Mitis Iudex e DSM-5), Annales Docrinae et iurisprudentiae canonicae, VIII), LEV, Città del Vaticano 2019, pp. 204-213.
Cfr. Confucio, La pietà filiale.
Cfr. R. Etiemble, Confucio, Milano 1998, p. 122.
Cfr. S. Lokugan, La Sapienza dei cinesi: Il Confucianesimo, Roma 1957, p. 133.
Cfr. G. Bartoli, Famiglia, in G. MELIS – F. DEMARCHI (ed.), La Cina contemporanea. Nuovo Dizionario Enciclopedico, Roma 1979, p. 441.
Cfr. G. Ruan Guo-Zhang, Un intento di inculturazione.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
©RIPRODUZIONE RISERVATA