Le indulgenze: tra diritto e teologia

indulgenze
Camillo Procaccini (1585-1587), il giudizio universale, Reggio Emilia, chiesa di San Prospero 

Il canone 1752 ci ricorda che il fine ultimo di ogni canone contenuto nel Codice di Diritto Canonico è strettamente teologico e consiste nella salvezza delle anime. A tal riguardo, oggi si è scelto di trattare un argomento che è un perfetto binomio tra la teologia e il diritto: il tema delle indulgenze. Avevamo già parlato delle indulgenze, in occasione dello speciale anno che il Santo Padre ha dedicato a San Giuseppe QUI.

Esse sono disciplinate nel Libro IV, al titolo IV del CIC ma possono essere comprese solo alla luce della teologia della salvezza. La Redenzione offerta da Cristo stesso ha aperto la via alla vita eterna. Essa si raggiunge vivendo in intimità con Cristo stesso, fin da questa vita, e giungendo alla morte in stato di grazia.

Essendo impossibile camminare senza mai “sporcarsi” nel peccato, Cristo stesso ha istituito il sacramento della confessione. Mediante essa, al battezzato, viene rimessa la “colpa” del peccato davanti a Dio, ma rimane la cosiddetta “pena temporale” da dover soddisfare che, generalmente, è soddisfatta dalla penitenza che il confessore affida dopo l’assoluzione, oppure  tramite le indulgenze che la Chiesta stessa concede. Si ottiene così la possibilità di lucrare la remissione della pena temporale dovuta per i peccati confessati. E’ lo stesso codice a disciplinare le indulgenze nel canone 992:

 “L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi”.

Indulgenza plenaria o parziale

Inoltre, il canone 993 definisce due tipi di indulgenza: l’indulgenza è parziale o plenaria a seconda se libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati. Quando l’indulgenza è plenaria si ottiene la remissione di tutte le pene temporali da dover scontare fino a quel momento, quando l’indulgenza è parziale si ottiene la remissione solo di alcune pene temporali. E’ strettamente necessario che il fedele, ugualmente, si accosti al sacramento della confessione per ottenere la remissione del peccato in quanto tale.

I soggetti capaci di lucrare le indulgenze

Il canone 996 definisce chi sia colui che può lucrare tali indulgenze:


 §1. È capace di lucrare indulgenze chi è battezzato, non scomunicato, in stato di grazia almeno al termine delle opere prescritte.
§2. Per lucrare di fatto le indulgenze il soggetto capace deve avere almeno l’intenzione di acquistarle e adempiere le opere ingiunte nel tempo stabilito e nel modo dovuto, a tenore della concessione.


Può lucrare l’indulgenza qualsiasi battezzato in stato di grazia, a meno che non sia stato scomunicato e, per poterla lucrare necessariamente bisogna adempiere tre condizioni di partenza: accostarsi alla confessione sacramentale (se non si è in stato di grazia), alla comunione eucaristica (ogni volta che si desidera lucrare l’indulgenza) e offrire una preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre, tutto con il necessario desiderio di lucrare l’indulgenza con l’animo distaccato da qualsiasi peccato.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica

La possibilità di “lucrare” le indulgenze  manifesta pienamente la bellezza e la ricchezza di essere Chiesa-Comunione, infatti come espresso nel Catechismo della Chiesa Cattolica:

Il cristiano che si sforza di purificarsi del suo peccato e di santificarsi con l’aiuto della grazia di Dio, non si trova solo. « La vita dei singoli figli di Dio in Cristo e per mezzo di Cristo viene congiunta con legame meraviglioso alla vita di tutti gli altri fratelli cristiani nella soprannaturale unità del corpo mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona »Nella comunione dei santi « tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni ». In questo ammirabile scambio, la santità dell’uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato. Questi beni spirituali della comunione dei santi sono anche chiamati il tesoro della Chiesa, che non « si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l’infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre, offerti perché tutta l’umanità sia liberata dal peccato e pervenga alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo Redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione » (N. 1474-1476 CCC qui)

A testimonianza della bellezza di questa comunione dei santi, tra la Chiesa santa, la Chiesa purgante e la Chiesa pellegrina, esiste la possibilità di ottenere tale remissione delle pene temporali anche per le anime dei defunti:

Can. 994 – Ogni fedele può lucrare per se stesso o applicare ai defunti a modo di suffragio indulgenze sia parziali sia plenarie.

In particolare, per i defunti si può lucrare l’indulgenza plenaria  a partire dalle 12.00 del 1 novembre fino a tutto il 2 novembre, visitando un cimitero e pregando per l’anima per cui si è scelto di lucrare.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Sr. Maria Romano

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