Custodire e promuovere il bene della Comunità, un’analisi del “nuovo” canone 1311

comunità
Mosaico bizantino, mausoleo di Galla Placidia, Ravenna, prima metà del V secolo d.C.

Se la definizione classica di diritto penale è ormai consolidata nella formula secondo la quale esso è quella porzione del diritto pubblico composto da un complesso di norme giuridiche con le quali uno Stato, mediante la minaccia di una sanzione, vieta determinati comportamenti umani ritenuti riprovevoli e contrari alle finalità dallo stesso perseguite; norme quindi volte a reprimere dei fatti preveduti dalla legge come reato e quindi dei fatti altrimenti detti illeciti.

Tuttavia a questa richiamata definizione si affianca subito sia come corollario precipuo sia come assunto logico di bilanciamento, la circostanza che se l’ordinamento persegue alcuni fatti lesivi di alcuni diritti deve essere altrettanto connaturale a siffatta tesi la obbligatorietà della protezione di alcuni beni giuridici che l’ordinamento in funzione di contrappeso deve invece tutelare.

In altri termini, ad ogni fatto costituente illecito deve corrispondere un bene giuridico tutelato affinché si possano stabilire i criteri secondo i quali e con quale forza punitiva l’ordinamento applica determinate sanzioni.

Quanto affermato sul piano concettuale non deve sembrare scontato agli occhi dei più né tantomeno dato per assodato anche agli occhi speculativi degli stessi giuristi, poiché alcuni ordinamenti giuridici stanno ormai da alcuni anni cedendo il passo, anche in queste materie un tempo ritenute di esclusiva portata ed affidate al Legislatore, ormai invece quasi diventate prerogativa secondo un climax ascendente degli interventi della giurisprudenza su determinate materie.

Alcuni potrebbero obiettare che il diritto vivente è anche costituito dall’intervento giurisprudenziale, ed a buon diritto affermano ciò; tuttavia nelle materie dove viene colpita con ripetuti vulnera la libertà personale e la protezione e la tutela di alcuni beni giuridici, non sembrerebbe opportuno lasciare il timone della nave “giustizia” alla giurisprudenza, quanto invece ancorarsi ancora solidamente al porto del Legislatore.

Ancora una volta nella comparazione tra ordinamenti secolari e diritto canonico, è possibile scorgere in quest’ultimo quella lampada che tiene accesa la dignità dell’uomo vilipesa a volte da altri ordinamenti ed invece tanto difesa e protetta da quello canonico, almeno in linea di princìpi.

Custodire e promuovere il bene della stessa Comunità

A tal proposito si vuole richiamare l’attenzione al novellato can. 1311 CIC attraverso la riforma del Libro VI del Codex Iuris Canonici promulgata con la Costituzione Apostolica del papa Francesco Pascite gregem Dei, (pascete il gregge di Dio) del 23 maggio 2021, che entrerà in vigore a partire dall’8 dicembre 2021.

Invero il paragrafo secondo del richiamato canone afferma che coloro che presiedono nella Chiesa devono “custodire e promuovere il bene della stessa comunità”. Affermazione non di poco conto in quanto mette in rilievo che nel diritto penale canonico il primo bene tutelato dall’ordinamento è la custodia e la promozione del bene della stessa comunità.

“Chi presiede nella Chiesa, deve custodire e promuovere il bene della stessa comunità e dei singoli fedeli, con la carità pastorale, con l’esempio della vita, con il consiglio e l’esortazione e, se necessario, anche con l’inflizione o la dichiarazione delle pene, secondo i precetti della legge, che sempre devono essere applicati con equità canonica, e tenendo presente la reintegrazione della giustizia, la correzione del reo e la riparazione dello scandalo”.

Il Legislatore in realtà ha innovato guardando al passato, infatti nel Codice pio-benedettino era contemplato il bene della comunità; formula che invece era scomparsa nel Codice del 1983, per essere ripresa invece nuovamente nella riforma della Costituzione Pascite gregem Dei. Con tale riforma il Legislatore pone in primo luogo la custodia del bene della Comunità; in secondo luogo la protezione del bene dei singoli fedeli.

Dietro tutto questo non si vuole sminuire il bene dei singoli fedeli, che rimane peraltro contemplato e protetto, quanto invece viene messo in risalto il pregnante principio della Chiesa secondo il quale in essa ci si salva insieme; la Chiesa, così come rinnovata dal Concilio Vaticano II, proprio in quanto sacramento di salvezza, non lascia solo nessuno, anzi camminando insieme viene favorita ancor di più la tutela del bene della comunità ecclesiale.

Potrebbe sembrare anacronistico questo principio, se considerato alla luce degli ordinamenti secolari attuali che invece risaltano il valore del singolo, dell’individuo inserito nella collettività; eppure nella bimillenaria storia giuridico-teologico-pastorale della Chiesa universale il formante giuridico che è nel cuore normativo dello stesso diritto canonico, è la comunità, formata da persone che camminano insieme, chiamate all’annuncio del Vangelo. Alla luce di ciò allora, anche il diritto penale canonico non può che contemperare ed acquisire questo formante giuridico della tutela del bene della comunità.

In definitiva

Anche se la scienza dell’ordinamento giuridico penale è suscettiva di una sintesi concettuale superiore che costituisce il principio idealistico del diritto e come tale essa ha un valore non soltanto logico, ma altresì ontologico, potendosi a buon diritto considerare come principio di tutta la realtà, chi scrive queste poche righe sa bene che la complessità della materia di cui si occupa il diritto penale, non può essere relegata nei santuari della concettualistica giuridica e là rimanere immobile; bensì essa deve calarsi nella pragmaticità dell’agire del giurista che vive quotidianamente accanto ai problemi dell’uomo comune, tanto nelle aule di tribunale, quanto nella concreta risoluzione di problemi di tutti i giorni che attanagliano la gente e a volte la fagocitano nel vortice della giustizia.

Bibliografia di riferimento

  • Chiappetta L., Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale, Bologna, 2011.
  • De Paolis V. – Cito D., Le sanzioni nella chiesa, Urbaniana University Press 2008.
  • Giglia A.- Marino P.- Spinoccia N., Appunti di diritto penale, Palermo, 2016.
  • Pagliaro A., Sommario del diritto penale italiano, Milano, 2001.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)

 

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Vito Livadìa

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