Ancora sul can. 1055 del Codice di Diritto Canonico

can. 1055
Niccolò da Bologna (Niccolò di Giacomo di Nascimbene), Il matrimonio, 1350 ca., miniatura su pergamena, Washington, National Gallery of Art (https://www.nga.gov/collection/art-object-page.46309.html)

Il matrimonio dal Codice di Diritto Canonico del 1917

Il codice pio-benedettino del 1917 aveva una visione fortemente giuridicizzata del matrimonio.

Essenzialmente esso veniva visto come un contratto con il quale l’uomo e la donna cedono e accettano una serie di diritti e di doveri.

Tra i diritti preponderanti vi era lo ius in corpus, ovvero quel diritto che ciascun coniuge conferisce all’altro sul proprio corpo in relazione a tutti gli atti idonei alla generazione della prole.

La procreazione della prole, dunque, era il fine primario del matrimonio all’interno di questa concezione. Invece, il fine secondario è costituito dal mutuum adiutorium, ovvero l’aiuto reciproco, nel quale, secondo un interpretazione più larga, può essere compreso l’amore tra coniugi, e dal remedium concupiscentiae, ossia il legittimo soddisfacimento degli impulsi sessuali.

Da questi profili pubblicistici contenuti nel Codice del 1917, si è passati ad un esaltazione delle componenti più strettamente personali del matrimonio.

Infatti, l’enfasi viene posta su ciò che la vita coniugale rappresenta per l’esistenza dei due sposi, sulla ricchezza e potenzialità del matrimonio per la crescita umana e cristiana dei coniugi.

Il foedus coniugale dal Concilio Vaticano II al can. 1055 CIC

Questo cambiamento nel modo di concepire e vivere il matrimonio raggiunge il suo apice durante il Concilio Vaticano II.

Il legislatore, perciò, non poté fare a meno di riferirsi a tale dottrina durante la formulazione del can. 1055.

Can. 1055: “Il patto matrimoniale (matrimoniale foedus) con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra di loro la comunità di tutta la vita (totius vitae consorium), per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento”

Il matrimonio viene definito innanzitutto come patto matrimoniale, ovvero foedus. Tale termine è biblico e richiama l’antica alleanza tra Dio e il popolo eletto di Israele, raffigurata dall’AT come l’amore tra l’uomo e la donna.

Si nota come, invece del termine giuridico contractus, adoperato nel Codice del 1917, dove il matrimonio veniva visto come uno scambio di diritti e doveri, viene utilizzato foedus.

Il termine contractus si trova tuttora nel §2 del can. 1055, per sottolineare, in contrapposizione a sacramentum, il suo significato prettamente giuridico.

Questo patto matrimoniale si costituisce tra un uomo ed una donna, ovvero due persone di sesso opposto.

Tale aspetto viene ribadito nella lettera enciclica Arcanum Divinae di Papa Leone XII, nella quale si riferisce che Gesù Cristo proclamò ai Giudei ed agli Apostoli “che il matrimonio, per la sua stessa istituzione, deve essere solamente tra due, ossia tra un uomo e una donna; che dei due si forma come una sola carne…”

Il matrimonio tra foedus consortium nel can. 1055 CIC

Mediante questo patto, i coniugi costituiscono un “consortium totius vitae”.

Il consorte, nell’etimologia latina, consors, indica il compartecipe, il compagno, colui che è partecipe della medesima sorte. I due sposi diventano dunque compartecipi della medesima sorte, mettendo in comune tutta la loro esistenza.

Il foedus, dunque, è l’atto con cui l’uomo e la donna si prendono come coniugi, mentre il consortium è il rapporto continuativo, ovvero lo stato di vita che unisce i coniugi in un comune destino.

Nella costituzione pastorale Gaudium et Spes, n. 48, invece gli sposi costituiscono un “intima communitas vitae et amori coniugalis”. Qui si sottolinea particolarmente l’aspetto dell’unione d’amore tra uomo e donna.

Il magistero di Paolo VI e Giovanni Paolo II

Da ciò si può evincere che il matrimonio ora è orientato al bene degli stessi coniugi e alla procreazione ed educazione della prole. Papa Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae del 25 luglio 1968 infatti sottolineò che: “Per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite”.

Ancora Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica Familiaris consortio del 22 novembre 1981 ribadì che:

“Nella sua realtà più profonda l’amore è essenzialmente dono e l’amore coniugale, mentre conduce gli sposi alla reciproca conoscenza che li fa una carne sola, non si esaurisce all’interno della coppia, poiché li rende capaci della massima donazione possibile, per la quale diventano cooperatori con Dio per il dono della vita a una nuova persona umana. Così i coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente della unità coniugale e sintesi viva e indissolubile del loro essere padre e madre”.

L’atto coniugale dunque diventa espressione privilegiata dell’amore personale tra gli sposi e ha in aggiunta in sé una dimensione genitoriale.

La sacramentalità del matrimonio tra battezzati

Inoltre, come già approfondito qui, se il matrimonio viene celebrato tra due battezzati, esso viene elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento. Infatti nel NT, il matrimonio rappresenta il mistero che unisce Cristo alla sua Chiesa, diventa dunque l’unione della realtà umana e di quella divina.

Il sacramento caratterizza tutto il matrimonio, immettendovi nuovo spirito. Ergo Cristo non ha istituito un nuovo tipo di matrimonio, ha semplicemente elevato il matrimonio naturale comune a tutti gli uomini, alla dignità di sacramento, rendendo più intensi gli aspetti che lo costituiscono, ovvero l’amore che unisce i coniugi, la loro donazione reciproca in vista della felicità dell’altro e per il compimento di un disegno che va la di là di loro, l’impegno di fedeltà.

Per i fedeli non può esistere dunque uno stato coniugale diverso da quello voluto da Cristo!

Fonti

  • P. Moneta, Il matrimonio nel nuovo diritto canonico, ECIG, 2008, p.21-32
  • Papa Leone XII, lettera enciclica Arcanum Divinae, 10.02.1880
  • Concilio Vaticano II, costituzione pastorale Gaudium et Spes, n. 48
  • Papa Paolo VI, enciclica Humanae vitae, 25.07.1968, n. 8
  • Papa Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Familiaris consortio, 22.11.1981, n. 14

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

 

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Chiara Gaspari

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