La natura sacramentale del matrimonio canonico. Le riflessioni del Magistero a partire dal Codex Iuris Canonici

Giotto, Lo sposalizio della Vergine, 1305 ca., Cappella degli Scrovegni, Padova

Il can. 1055 § 1 CIC

Il Legislatore universale sancisce che “Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole, tra battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento”.

Il soggetto del verbo passivo “è stato elevato” è il sostantivo matrimoniale foedus: ciò che è stato elevato a sacramento è l’atto di volontà giuridicamente efficace con il quale l’uomo e la donna battezzati costituiscono tra loro il matrimonio.

La condizione dell’uomo è segnata dal peccato. Naturalmente potrebbe non realizzare l’istituto matrimoniale come voluto dal Creatore. A tal fine è necessaria l’opera di Cristo il quale, istituendo il sacramento del matrimonio, “lo ha strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa” [1].

Un vincolo, dunque, che si nutre di un signum sensibile, necessario per integrare la nozione del sacramento, non in quanto relazione, rapporto tra coniugi, ma in quanto presupposto di un contratto esteriore [2], il consenso reciproco degli sposi, espresso per verba de praesenti [3].

La sacramentalità del matrimonio canonico

Si comprende bene, allora, perché all’interno del vigente Codex, la sacramentalità non è concepita come semplice prerogativa o proprietà del matrimonio (alla stregua dell’unità e dell’indissolubilità previste dal can. 1056 CIC), ma consiste proprio nell’aspetto soprannaturale del matrimonio in quanto tale, nella sua essenza costitutiva in chiave trascendente [4].

La sacramentalità eleva il matrimonio dal piano della creazione a quello della redenzione ed attua una profonda continuità e sostanziale unità tra i due piani.

Pertanto, il matrimonio riflette in maniera misteriosa l’amore di Dio, che si manifesta in modo culminante nell’evento dell’incarnazione e nel rapporto di Cristo con la Chiesa, sua sposa. È scrigno di quell’amore che non è solo l’oggetto o il presupposto di un’operazione divina, ma identifica e qualifica lo stesso Dio: Deus charitas est (1 Gv. 4,16).

In tale prospettiva la relazione matrimoniale non è mai, per sé, una cosa “profana”: al contrario, essa è una cosa sacra, in quanto segno, vestigio del rapporto tra Dio e gli uomini [5].

Inseparabilità tra matrimonio e sacramento

La teoria dell’inseparabilità tra matrimonio e sacramento comporta che fra battezzati matrimonio e sacramento sono la stessa realtà. Due facce, una naturale e l’altra soprannaturale, della stessa medaglia, che non consentono di considerare il sacramento un accessorio del contratto, quindi separabile da esso.

Tra i due elementi esiste un’identità perfetta e il sacramento si attua nel momento stesso in cui gli sposi si scambiano il consenso nella forma prescritta, cioè “coram Ecclesia”.

Ciò comporta la competenza esclusiva della Chiesa circa i matrimoni dei cattolici, salva la competenza dello Stato circa gli effetti puramente civili (can. 1059 CIC); l’obbligatorietà per i cattolici dell’osservanza della forma canonica prescritta, salve le eccezioni stabilite dalla legge (can. 1117 CIC); l’identità di ministri del sacramento con le parti contraenti: il ministro sacro “assistente”, infatti, è solo il testimone ufficiale che ha il compito di richiedere e di ricevere il consenso degli sposi in nome della Chiesa (can. 1108 § 2 CIC) [6]; l’interdipendenza giuridica tra contratto matrimoniale e sacramento, per cui, nei battezzati, l’eventuale esclusione con volontà positiva del sacramento comporta eo ipso l’esclusione ossia la nullità del contratto.

La peculiarità del sacramento del matrimonio

La dottrina sottolinea che Cristo non ha istituito un nuovo tipo di matrimonio ma ha immesso nel matrimonio naturale, comune a tutti gli uomini, il soffio del suo amore, inserendolo nel mistero della sua opera di redenzione.

Ciò che con il sacramento viene qualitativamente ed insieme interiormente trasformato è la stessa realtà matrimoniale, nata con la creazione e dunque preesistente alla sua sacramentalizzazione.

A differenza degli altri sacramenti, per cui Cristo prese delle realtà esistenti nell’ordine della natura (una cosa, un gesto, il pane, il vino, il versare l’acqua, l’ungere con olio, l’imposizione delle mani) per renderle segno di una realtà soprannaturale, nel matrimonio è la stessa realtà creata ad essere elevata alla dignità di sacramento, senza trasformare la sostanza [7]: questa struttura essenziale del sacramento del matrimonio non può essere vista che nel quadro dell’amore del Padre che ha voluto comunicarsi all’umanità per mezzo di Cristo, suo figlio, nello Spirito Santo, in un’alleanza definitiva di amore e di fedeltà. In quanto tale, il matrimonio ha la peculiarità di essere per sua natura “sacer et religiosus”, distinguendosi, così, da ogni altro contratto [8].

Il Magistero di San Giovanni Paolo II

In tale prospettiva si pone il Magistero pontificio, evidenziando i risvolti del principio di inseparabilità tra contratto e sacramento.

In un discorso alla Rota Romana del 2003, Giovanni Paolo II sottolineava come “la sacramentalità del matrimonio costituisce una via feconda per penetrare nel mistero dei rapporti tra la natura umana e la grazia: poiché il matrimonio è segno e strumento della grazia di Cristo, l’umano e il divino si intrecciano in modo mirabile”.

Naturale e soprannaturale dunque non sono realtà disconnesse: poiché nel matrimonio l’uomo e la donna sono uniti nella loro natura, nella loro dimensione coniugale, il matrimonio segue la sua natura umana [9].

Ma il matrimonio ha già una dimensione soprannaturale di grazia: esso non è stato istituito quale realtà profana ma con una dimensione divina. Il peccato, poi, ha causato una ferita nella natura umana ma Gesù ha restaurato il disegno primordiale sul matrimonio.

Nello stato di natura redenta l’unione tra l’uomo e la donna non solo può riacquistare la santità originaria, liberandosi dal peccato, ma viene realmente inserita nello stesso mistero dell’amore di Cristo con la Chiesa. Ciò accade grazie al Battesimo, che eleva la creatura umana alla dignità di figlio di Dio senza che smetta di essere persona umana. Così, anche il matrimonio è elevato al piano soprannaturale rimanendo comunque tale.

Benedetto XVI e l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa

La dimensione sacramentale non presuppone la fede dei nubendi. Benedetto XVI afferma infatti che “il patto indissolubile tra uomo e donna richiede, come condizione minima necessaria, l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa” (Allocuzione alla Rota Romana del 26 gennaio 2013).

Ai fini della valida celebrazione del matrimonio, l’intenzione necessaria e sufficiente dei contraenti si identifica con il progetto di Dio.

Pertanto, anche una volontà del tutto contraria alla dimensione sacramentale non impedisce che il matrimonio contratto sia di per sé sacramento. La riflessione del Pontefice emerito si pone sulla stessa linea di quanto dallo stesso già affermato nell’Esortazione apostolica Sacramentum caritatis del 22 febbraio 2007: “In quanto esprime l’irreversibilità dell’amore di Cristo per la sua Chiesa, l’Eucaristia implica, in relazione al sacramento del matrimonio, quella indissolubilità alla quale ogni vero amore non può che anelare”.

Il matrimonio come disegno di alleanza tra Dio e il suo popolo

Papa Francesco evidenzia che la sacramentalità del matrimonio traduce la sua essenza di strada che porta al disegno di Dio e che sancisce, ancora una volta, l’alleanza tra Dio e il suo popolo.

Gli interventi del Romano Pontefice illustrano come l’amore trinitario pervada l’amore dei contraenti, elevando l’amore sponsale alla dimensione soprannaturale. Nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia del 19 marzo 2016, Francesco afferma che “il sacramento del matrimonio è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi” (n. 72).

Sulla scia del Magistero precedente, il Pontefice ribadisce che “è proprio questo il mistero del matrimonio: Dio fa dei due sposi una sola esistenza”. Ciò impone una lettura diversa dell’istituto in esame: esso non è un evento sociale, ma un sacramento che esige negli sposi una preparazione adeguata e consapevole.

Il valore aggiunto che promana dalla dimensione sacramentale del vincolo coniugale potrebbe venir meno proprio per l’avventatezza della scelta nei nubendi o per il desiderio di formare una famiglia, pur senza le basi necessarie per un sì che valga tutta la vita.

Note bibliografiche

[1] L. SABBARESE, Il matrimonio canonico nell’ordine della natura e della grazia. Commento al Codice di Diritto Canonico Libro IV, Parte I, Titolo VII, Urbaniana University Press, Città del Vaticano, 2019, p. 70.

[2] C.J. ERRÀZURIZ M., Contratto e sacramento: il matrimonio, un sacramento che è un contratto. Riflessioni attorno ad alcuni testi di San Tommaso d’Aquino, in Matrimonio e sacramento, LEV, Città del Vaticano, 2004, p. 78.

[3] A.C. JEMOLO, Il matrimonio nel diritto canonico, dal concilio di Trento al Codice del 1917, Il Mulino, Bologna 1993, p. 116.

[4] P. GRELOT, La coppia umana nella Sacra Scrittura, Vita e Pensiero, Milano, 1976, p. 99.

[5] K. RANHER, Il matrimonio come sacramento, in K. RANHER (a cura di), Nuovi saggi, vol. III, Edizioni Paoline, Roma, 1969, p. 592.

[6] L. SABBARESE, Consenso, fede e dignità sacramentale nel matrimonio tra battezzati all’interno della società contemporanea, in C. MARRAS, R. SANTORO (a cura di), I vizi del consenso matrimoniale canonico, Urbaniana University Press, Città del Vaticano, 2012, p. 13.

[7] A.M. ABATE, Il matrimonio nella nuova legislazione canonica, Paideia, Roma-Brescia, 1985, p. 20.

[8] E. VITALI, S. BERLINGÒ, Il matrimonio canonico, Giuffré, Milano, 20124, p. 8.

[9] M. GAS AIXENDRI, Sul rapporto tra realtà naturale e dimensione soprannaturale nel matrimonio: alcune conseguenze sul piano giuridico canonico, in Ius Ecclesiae, 1, 2003, p. 280.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

 

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