Motu proprio sulla prevenzione della corruzione in Vaticano

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Lotta alla corruzione: dalle parole ai fatti

In occasione dell’apertura dell’anno giudiziario del Tribunale Vaticano, lo scorso 27 marzo, Papa Francesco aveva preannunciato riforme per potenziare la lotta alla corruzione e ai reati finanziari.

Passando dalle parole ai fatti, il Pontefice, il 26 aprile, ha firmato la Lettera apostolica in forma di Motu Proprio, nella quale porta avanti l’adeguamento della normativa vaticana anticorruzione agli standard della Convenzione di Merida.

Questo trattato, approvato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2003 e ratificato da quasi tutti i Paesi del mondo, rappresenta lo strumento multilaterale per il coordinamento delle politiche di prevenzione della corruzione e prevede in capo agli Stati aderenti specifici obblighi di penalizzazione delle condotte illecite riconducibili al mercimonio della funzione pubblica.

In particolare, la Santa Sede ha aderito alla Convenzione di Merida nel 2016 e ha dato esecuzione agli obblighi di prevenzione già con le norme sui contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano.

Ora, con quest’intervento, si aggiunge un tassello importante, relativo al contrasto degli illeciti corruttivi da parte di chi opera nella Curia Romana.

La dichiarazione in sede di assunzione: l’aspetto personale

La prima novità del Motu Proprio riguarda l’introduzione dell’art. 13bis nel Regolamento Generale della Curia Romana.

A completamento delle norme sull’assunzione e la nomina del personale vaticano, contenute nel Titolo II del Regolamento, il Papa richiede che, all’atto dell’assunzione dell’ufficio o incarico e, successivamente, ogni due anni, i soggetti con ruoli dirigenziali, compresi i Capi dicastero, devono produrre un’autodichiarazione, soggetta a controlli da parte della Segreteria per l’Economia.

Il dichiarante deve attestare, tra l’altro:

a) di non aver riportato condanne definitive per delitti dolosi nello Stato della Città del Vaticano o all’estero […];

b) di non essere sottoposti a processi penali pendenti ovvero, per quanto noto al dichiarante, a indagini per delitti di partecipazione a un’organizzazione criminale; corruzione; frode; terrorismo o connessi ad attività terroristiche; riciclaggio di proventi di attività criminose; sfruttamento di minori, forme di tratta o di sfruttamento di esseri umani, evasione o elusione fiscale;

c) di non detenere, anche per interposta persona, contanti o investimenti, ivi incluse le partecipazioni o interessenze di qualunque genere in società e aziende, in paesi inclusi nella lista delle giurisdizioni ad alto rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo […]

d) che tutti i beni, mobili e immobili, di proprietà o anche solo detenuti dal dichiarante ovvero i compensi di qualunque genere da questo percepiti, per quanto noto al dichiarante, hanno provenienza da attività lecite e non costituiscono il prodotto o il profitto di reato;

e) di non detenere, per quanto a conoscenza del dichiarante, partecipazioni o interessenze di qualunque genere in società o aziende che operino con finalità e in settori contrari alla Dottrina Sociale della Chiesa;

f) di non detenere, anche per interposta persona, contanti o investimenti, ivi incluse le partecipazioni o interessenze di qualunque genere in società e aziende, nei paesi inclusi nella lista delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali […].

Si tratta di un corredo di informazioni che permettono di valutare la condotta di vita di chi è preposto a compiti che impegnano non solo l’immagine, ma soprattutto la testimonianza civile della Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano.

La dichiarazione in sede di assunzione: l’aspetto patrimoniale

Non è la sola condotta a rilevare, bensì anche il patrimonio.

È inammissibile che i beni del personale vaticano provengano da illeciti o, con una dizione più ampia e pregnante secondo lo spirito di Papa Francesco, da attività contrastanti con il magistero ecclesiastico in tema di Dottrina Sociale.

A ciò si aggiunge anche il divieto di possedere beni presso gli Stati segnalati in apposite black lists a causa della mancanza di trasparenza finanziaria o dei gravi rischi di riciclaggio e terrorismo.

Questi vincoli possono essere superati se il dichiarante o i consanguinei entro il III grado hanno residenza o domicilio (motivato da ragioni di famiglia, studio o lavoro) in detti territori.

Il compito di individuare questi Paesi è demandato alla Segreteria per l’Economia per il controllo delle giurisdizioni non cooperative, mentre all’Autorità di Sorveglianza e Informazione Finanziaria per gli Stati a rischio riciclaggio o terrorismo.

Limite all’accettazione di regali da parte dei dipendenti vaticani

La seconda novità riguarda l’inserimento all’art. 40 del Regolamento Generale, tra i divieti generali gravanti su tutti i dipendenti della Curia Romana, della lettera n).

Ciò comporta che i dipendenti vaticani non debbano “accettare o sollecitare, per sé o per soggetti diversi dall’Ente nel quale prestano servizio, in ragione o in occasione del proprio ufficio, doni, regali o altre utilità di valore superiore a euro quaranta”.

Questo divieto serve a scoraggiare comportamenti che presentano rischi di corruzione o, comunque, di asservimento della funzione pubblica esercitata ad interessi diversi da quelli fatti propri dall’Ente per cui operano.

Una road map per la coerenza

Il Motu Proprio deve essere letto non come intervento isolato o come l’esempio di una legislazione emergenziale, ma come il progressivo compimento di una riforma da tempo auspicata della Curia.

Senza intervenire a gamba tesa sulle strutture, Papa Francesco sta attuando quei propositi di coerenza, credibilità, testimonianza di vita ed esempio in ogni settore della Chiesa.

Il diritto vaticano, pur essendo il complesso di norme che regolano la vita di uno Stato, deve essere sempre improntato alla missione evangelizzatrice che la Santa Sede esercita nella società.

Ben vengano, dunque, queste misure, accompagnate da una ponderata riflessione sui principi consolidati in tema di trasparenza finanziaria, di garanzia dei diritti e delle libertà, di oculata gestione delle risorse e, ancor di più, di una giustizia animata dalla cristiana carità.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

 

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Andrea Micciché

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