Aborto in Polonia: introdotto divieto (quasi) totale

La Polonia fa marcia indietro sull’aborto

Allo scoccare della mezzanotte di mercoledì 27 gennaio 2021, in Polonia è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale ed è entrata in vigore la sentenza della Corte Costituzionale, che vieta l’aborto, eccetto nei casi di violenza sessuale, incesto e quando la gravidanza metterebbe a rischio la vita della madre.

La sentenza della Corte Costituzionale risale al 22 ottobre 2020, ma fu seguita da svariate proteste, che fecero credere in una possibilità di rivalutazione della legge o come minimo di compromesso. Così però non è stato.

A seguito dell’annuncio del governo polacco della pubblicazione e dell’entrata in vigore del divieto di aborto, migliaia di donne sono scese in piazza e hanno dato il via a manifestazioni in più di 20 città, in cui hanno rivendicato il “diritto di decidere liberamente del proprio corpo”.

Il volto di tali proteste è il movimento Strajk Kobiet, guidato dalle sue due leader, Klementyna Suchanow e Marta Lempart.

Prima di questa sentenza, in Polonia venivano effettuati in media duemila aborti all’anno ufficialmente registrati, mentre, secondo le attiviste, sarebbero oltre 200mila gli aborti clandestini effettuati, spesso anche in stati confinanti, come la Germania.

Le critiche pro-choice

La presidente della commissione per i diritti delle donne e per l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo, Evelyn Regner, si è espressa così: “In Polonia, la misoginia regna sovrana. Il divieto de facto di aborto promosso dal governo polacco interferisce direttamente con l’autonomia e l’integrità fisica delle donne. È un attacco ai diritti umani e fondamentali e dovrebbe essere impensabile in una democrazia liberale nel 2021. Non c’è posto per un tale disprezzo per l’umanità in Europa e sono vicina ai manifestanti in Polonia che protestano contro questa politica arretrata”.

Inoltre, ha inoltre sottolineato come nel 2019 in Polonia il 98% di casi di aborto abbia avuto come causa l’anomalia dei feti, che è una causa non ricompresa tra quelle valide nella legge appena promulgata.

Questo potrebbe dunque portare le donne ad agire al di fuori dei limiti della legge e a mettere a rischio la propria vita, come ribadisce ancora Evelyn Regner: “Gli aborti avvengono che sia permesso o meno. La normativa polacca spinge le donne ad agire illegalmente e mette rischio la vita. Il Parlamento europeo ha ripetutamente chiesto che il diritto all’autodeterminazione del corpo sia sancito nella convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

Alle dichiarazioni di Regner, si aggiungono quelle di Juan Fernando Lòpez Aguilar, presidente della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni dell’Europarlamento, che afferma: “Questa decisione mostra ancora una volta che gli attacchi allo stato diritto, alla democrazia e ai diritti fondamentali in Polonia devono essere affrontati con urgenza”.

Nel resto del mondo…

Nella storia possiamo vedere che nel 1920 l’Unione Sovietica introdusse la prima legge favorevole all’aborto.

Essa fu seguita nel 1967 dal British Abortion Act, che autorizzava la donna ad interrompere la gravidanza in caso di rischio per la sua salute.

Ancora, nel 1973, la Corte Suprema degli USA, con la nota sentenza Roe c. Wade, agganciò il “diritto di abortire” al XIV emendamento della Costituzione americana.

Durante gli anni ’70, in Germania (1974) e in Francia (1975), i legislatori depenalizzarono l’interruzione della gravidanza e fecero sì che i sistemi sanitari offrissero anche questa prestazione medica.

L’Italia seguì il loro esempio il 22 maggio 1978 con la legge n.194, che stabilì le circostanze e i tempi in cui la pratica di aborto, non più sanzionata, fosse permessa.

In Italia, tuttavia, non si parla formalmente di un diritto della donna di abortire, ma di un bilanciamento tra opposti interessi, la vita del nascituro e la salute psico-fisica della gestante.

La posizione della Chiesa cattolica rispetto all’aborto

Al riconoscimento di questo “diritto” erano seguiti vari dibattiti sulle conseguenze morali e religiose che seguono la soppressione della vita umana e discussioni bioetiche circa il dilemma del feto non ancora sviluppato e quello già formato.

La voce di San Giovanni Paolo II, nella ferma enciclica Evangelium Vitae del 1995, con definizione appartenente al magistero ordinario universale – dunque infallibile e irriformabile (Lumen Gentium, 25) – non ammette dubbi: “con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi — che a varie riprese hanno condannato l’aborto e che […], pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina — dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale gravein quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente (EV, 62).

Non solo, nella stessa enciclica, il Papa richiama la coscienza sociale a un serio impegno affinché le gestanti non siano lasciate sole nel portare avanti gravidanze in condizioni difficili, sicché la responsabilità per la tutela della vita nascente è a carico di tutti, governanti compresi (EV, 59).

Non si tratta di una posizione nuova, tanto che nell’enciclica è ripresa la testimonianza della condanna dell’aborto nella Didaché, composta in età sub-apostolica, ma della solenne confutazione dei “falsi progressi” del diritto in materia bioetica.

Papa Francesco, in diverse occasioni, ha confermato: “L’aborto è un grave peccato, perché pone fine ad una vita innocente”, anzi, è “come affittare un sicario”.

La pena medicinale

Ma il Pontefice regnante non si è limitato soltanto a definire, bensì ha voluto dare a chi ha commesso tale peccato e delitto canonico un messaggio di speranza e di riconciliazione.

Con la lettera apostolica “Misericordia e misera“, a conclusione del Giubileo della Misericordia del 2016, ha concesso a  tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato l’aborto, sia dal peccato, che dalla pena canonica.

Si deve ricordare che il canone 1398 CIC prevede la scomunica latae sententiae, per tutti quanti procurino l’aborto, non solo per la donna, ma anche per chiunque agisca positivamente nella pratica.

La Chiesa, dunque, si conferma sempre più un ospedale da campo, nel quale, pur condannando il gravissimo atto, si accolgono i peccatori, ridonando loro la dignità e libertà deturpate dal peccato e, nel cammino di riconciliazione, si permette loro la riammissione nella comunione dei fedeli.


Fonti:

  1. https://www.filodiritto.com/la-disciplina-dellaborto-nellordinamento-canonico
  2. http://www.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/papa-francesco-lettera-ap_20161120_misericordia-et-misera.html
  3. https://www.amicidomenicani.it/se-uno-nega-l-immoralita-dell-aborto-e-eretico/
  4. http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_25031995_evangelium-vitae.html
  5. http://www.penitenzieria.va/content/dam/penitenzieriaapostolica/eventi/xxx-cfi/ARRIETA.pdf
  6. https://www.open.online/2021/01/28/divieto-aborto-ue-condanna-polonia-attacco-ai-diritti-fondamentali/
  7. https://www.ansa.it/europa/notizie/europarlamento/news/2021/02/01/eurodeputati-divieto-aborto-in-polonia-e-attacco-alle-donne_49b1767f-acba-48a4-9518-65098fd07389.html
  8. Legge 22 maggio 1978, n.194
  9. Codice di diritto canonico 1983, libro sesto, parte seconda, titolo VI, canone 1398

 

 

“Cum charitate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

 

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Chiara Gaspari

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