Il presente contributo analizza criticamente l’applicazione dell’art. 17 § 4 della Praedicate Evangelium alle Università Pontificie, al fine di valutare la compatibilità di questa interpretazione normativa con il quadro giuridico delle istituzioni accademiche ecclesiastiche.
Il contesto normativo della Praedicate Evangelium
La Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium è stata promulgata con l’obiettivo di riformare la Curia Romana, sostituendo la Pastor Bonus e introducendo criteri volti a garantire maggiore efficienza e ricambio del personale ecclesiastico. L’Art. 17 § 4 prevede che gli officiali chierici e i membri di istituti di vita consacrata o società di vita apostolica, dopo un quinquennio di servizio nelle istituzioni curiali, rientrino alle proprie diocesi o istituti di appartenenza, salvo possibilità di proroga per un ulteriore quinquennio.
Tale disposizione mira a evitare fenomeni di consolidamento eccessivo degli incarichi curiali, favorendo un turnover regolare del personale. Tuttavia, essa è stata concepita esclusivamente per il personale in servizio presso la Curia Romana e non per le istituzioni accademiche. La Praedicate Evangelium definisce espressamente le istituzioni curiali come organismi direttamente coinvolti nell’amministrazione della Chiesa universale, senza includervi le Università Pontificie.
Ciò nonostante, si è assistito a un’estensione interpretativa della norma, che ha portato ad applicarne gli effetti anche al corpo docente delle Università Pontificie. Tale interpretazione pone rilevanti questioni giuridiche, in quanto le istituzioni accademiche ecclesiastiche godono di un’autonomia regolamentare e organizzativa garantita dal diritto canonico e dalle normative della Santa Sede in materia di istruzione superiore ecclesiastica.
Profili critici dell’applicazione dell’art. 17 § 4 alle Università Pontificie
Uno degli aspetti problematici riguarda la qualificazione giuridica delle Università Pontificie rispetto alla Curia Romana. La Praedicate Evangelium elenca specificamente le istituzioni curiali, comprendenti la Segreteria di Stato, i dicasteri e gli organismi di giustizia ed economici, senza menzionare le Università Pontificie.
Sebbene queste ultime dipendano dalla Santa Sede per la vigilanza accademica e amministrativa, esse possiedono un ordinamento giuridico autonomo che le distingue dalle strutture di governo della Chiesa. Gli statuti delle Università Pontificie regolano la nomina e la cessazione dell’incarico dei docenti secondo criteri accademici e contrattuali, senza prevedere limiti temporali rigidi imposti da meccanismi di rotazione automatica.
L’estensione dell’Art. 17 § 4 ai docenti universitari appare dunque giuridicamente infondata, poiché introduce un’automatica cessazione dell’incarico, in contrasto con la necessità di garantire la continuità accademica. La funzione docente e la ricerca universitaria richiedono stabilità per assicurare la qualità della formazione e la crescita del sapere teologico, filosofico e canonico, obiettivi prioritari delle istituzioni ecclesiastiche.
Inoltre, l’adozione di un criterio di cessazione automatica dell’incarico, estraneo alla normativa accademica, potrebbe creare incertezza giuridica e amministrativa, incidendo negativamente sulla credibilità del sistema universitario ecclesiastico. La trasposizione di una regola concepita per l’organizzazione della Curia Romana in un contesto accademico, senza una base normativa esplicita, risulta quindi incongruente con il quadro giuridico vigente.
Il processo di Bologna e l’impatto sulla stabilità accademica
L’adesione della Santa Sede al Processo di Bologna, avvenuta nel 2003, ha inserito le Università Pontificie nello Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore (EHEA), richiedendo loro l’adeguamento a standard internazionali per la valutazione della qualità accademica, tra cui la protezione della stabilità della funzione docente.
Uno dei principi cardine del Processo di Bologna è l’adozione di un sistema di quality assurance, che garantisca il rispetto di criteri oggettivi nella gestione delle istituzioni accademiche. La valutazione dei docenti e il loro avanzamento di carriera devono basarsi sul merito, sulla produzione scientifica e sulla qualità della didattica, piuttosto che su meccanismi amministrativi automatici.
L’estensione dell’Art. 17 § 4 alle Università Pontificie si pone in contrasto con tali principi, in quanto introduce un elemento di instabilità che potrebbe incidere sulla qualità dell’insegnamento e sul riconoscimento internazionale dei titoli di studio rilasciati da tali istituzioni. Inoltre, la previsione di una cessazione automatica degli incarichi, senza una valutazione basata sul merito, appare incongruente con le pratiche di governance universitaria adottate a livello globale.
Considerazioni conclusive
L’estensione dell’Art. 17 § 4 della Praedicate Evangelium alle Università Pontificie solleva questioni giuridiche e sistemiche che ne rendono problematica l’applicazione. Da un lato, le Università Pontificie non rientrano nella definizione di istituzioni curiali e godono di una disciplina giuridica autonoma. Dall’altro, la cessazione automatica degli incarichi accademici, mutuata dal regime della Curia Romana, appare difficilmente conciliabile con le esigenze di continuità della didattica e della ricerca.
L’analisi giuridica suggerisce la necessità di distinguere tra le disposizioni applicabili agli officiali curiali e quelle proprie del sistema universitario ecclesiastico. Qualsiasi intervento normativo che incida sulla governance delle Università Pontificie dovrebbe tenere conto della loro natura specifica e degli standard internazionali ai quali esse sono chiamate ad aderire.
Nel contesto del Processo di Bologna, la stabilità della funzione docente costituisce un elemento imprescindibile per il riconoscimento della qualità dell’insegnamento e della ricerca. Qualsiasi modifica del regime accademico delle Università Pontificie dovrebbe dunque contemperare la regolamentazione ecclesiastica con gli standard accademici internazionali, al fine di garantire l’efficacia della formazione offerta da tali istituzioni nel panorama universitario globale.
Note bibliografiche
G. Boni – M. Ganarin, La stabilitas della funzione docente nelle università pontificie alla luce dell’Art. 17 § 4 della Praedicate Evangelium: Profili giuridici e criticità, in Il Diritto Ecclesiastico, vol. 2, luglio-settembre 2024, Pisa – Roma, pp. 367- 406.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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