Elementi comuni tra Codice latino e Codice orientale circa l’impedimento di affinità
Trattiamo oggi dell’impedimento di affinità nella disciplina delle Chiese Cattoliche Orientali, la quale non differisce molto dall’omologa normativa della Chiesa Latina. Infatti, al pari del can. 109 CIC-83, il can. 919 CCEO dispone che l’affinità è quel vincolo che sorge da un valido matrimonio e sussiste tra l’uno e l’altro dei coniugi e i consanguinei dell’altro, indipendentemente dal fatto che tale consanguineità sia legittima od illegittima [1]. Allo stesso modo, entrambi i canoni prevedono che coloro che sono consanguinei della moglie siano affini del marito nella medesima linea e grado e viceversa.
Un altro elemento comune tra il Codice latino e quello orientale consiste nella perpetuità dell’impedimento in questione, il quale non cessa né con la morte del coniuge né con lo scioglimento super rato et non consummato [2]. Tuttavia, essendo di diritto ecclesiastico, tale impedimento non sorge dal matrimonio degli acattolici [3] e può essere dispensato dall’Ordinario del luogo per i fedeli latini e dal Gerarca del luogo per i fedeli orientali [4].
Le peculiarità dell’impedimento di affinità tra normativa orientale vigente e storia
Ai sensi del can. 809 CCEO, il legame di affinità dirime il matrimonio in ogni grado della linea retta e fino al secondo grado della linea collaterale. Tale disposizione differisce da quella latina, in cui l’impedimento sussiste solo nella linea retta [5].
Questa peculiarità della disciplina orientale, che si ispira ad un’antica tradizione, ricalca la normativa del Codice piano-benedettino del 1917, in cui l’impedimento si estendeva fino al secondo grado del sistema di computo germanico [6].
Inoltre, nella nuova codificazione «sono stati soppressi gli impedimenti dell’affinità ex digenia ed ex trigenia» [7], presenti in alcuni riti orientali e regolati anche, in via generale, dal can. 68 del M.P. Crebrae Allatae [8]. Nello specifico, l’affinità ex digenia prendeva «in considerazione come affinità il vincolo esistente tra i parenti di un coniuge e i parenti dell’altro e anche quest’affinità del diritto allora vigente costituiva impedimento matrimoniale fino al quarto grado compreso, calcolando i gradi con il sistema di sommare i rispettivi gradi di parentela di ciascuno dei due affini con il coniuge suo parente» [9].
Viceversa, l’affinità ex trigenia dirimeva il matrimonio solo nel primo grado e si verificava in due casi: «a) quando una persona contraeva successivamente più matrimoni; b) quando due o più persone coniugate erano parenti tra loro (M. P. Crebrae allatae, can. 68, § 3, n.1). Si afferma a questo proposito che, nel primo caso si aveva trigenia tra coloro che avevano contratto matrimonio con la stessa persona, mentre nel secondo caso si aveva trigenia tra ciascun coniuge e coloro che, a causa di un altro matrimonio avevano affinità da digenia con l’altro coniuge» [10].
Attualmente, il can. 809 § 2 CCEO stabilisce che l’impedimento di affinità non si moltiplica, il che impedisce a monte il sorgere di un’affinità ex digenia od ex trigenia.
Avvertenze sul vincolo di affinità nei matrimoni misti
Se il matrimonio è celebrato tra un fedele cattolico orientale ed un membro di un’altra Chiesa sui iuris, l’impedimento di affinità rende invalido il matrimonio anche se sussiste per una sola delle parti (cfr. can. 790 § 2 CCEO). Tale disposizione si applica altresì ai matrimoni misti tra un membro di una Chiesa Cattolica Orientale ed un membro di una Chiesa Ortodossa separata, nella quale l’impedimento di affinità potrebbe avere una diversa estensione.
Non per nulla, in passato si sono verificate criticità di computo della parentela (naturale o di affinità) in alcune comunità ortodosse balcaniche, in cui il matrimonio era proibito fino al nono grado di parentela o addirittura tra persone di un medesimo clan, quand’anche parenti od affini di ventesimo grado [11].
Altre volte esistono impedimenti che non hanno un equivalente nella normativa cattolica, come presso la Chiesa Ortodossa Siriaca, ove è nullo il matrimonio celebrato con la propria nutrice, diversa dal genitore [12]. L’operatore del diritto dovrà dunque essere molto accorto nel trattare i matrimoni tra membri di diverse Chiese sui iuris, considerando tutte le discipline particolari del caso.
Bibliografia
[1] Cfr. P. PELLEGRINO, L’impedimento di affinità nel matrimonio canonico (can. 1092 C.I.C. e can. 809 § 1, § 2 C.C.E.O., in “Ius Canonicum”, XLIII (2003), n. 85, p. 244.
[2] Cfr. ivi, p. 245.
[3] Cfr. ivi, p. 244.
[4] Cfr. ivi, p. 246.
[5] Cfr. L. SABBARESE, Il matrimonio canonico nell’ordine della natura e della grazia. Commento al Codice di Diritto Canonico Libro IV, Parte I, Titolo VII, 5° ed., Città del Vaticano, 2019, p. 232.
[6] Cfr. ivi, pp. 231-232.
[7] Cfr. P. PELLEGRINO, L’impedimento, p. 244.
[8] Cfr. ivi, p. p. 233.
[9] Cfr. ivi, pp. 232-233.
[10] Cfr. ivi, p. p. 233.
[11] Cfr. D. D’ISTRIA, The Condition of Women among the Southern Slavs, in “The Penn Monthly”, vol. IX (1878), p. 32.
[12] Cfr. Y. QASSEM, Law of the Family (Personal Status Law), in Aa.Vv., Egypt and Its Laws, L’Aia, 2002, p. 33.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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