La mancanza di fede può rendere nullo il matrimonio tra battezzati?

fede
Giovanni Bastianini, busto marmoreo di Piccarda Donati, 1855, Galleria d’arte moderna, palazzo Pitti, Firenze

Sono sempre più frequenti, nelle nostre parrocchie, i matrimoni celebrati tra una persona battezzata nella Chiesa Cattolica e credente ed una persona che, pur essendo stata battezzata nella Chiesa cattolica, non si dichiara più credente o ha dubbi di fede, o vive la fede senza una assidua pratica sacramentale, che considerano facoltativa e liberamente disponibile [1]. Dobbiamo evidenziare che per l’importanza e l’attualità che riveste, il tema trattato in questo contributo verrà approfondito nel mese di settembre nel 54° esimo Congresso dell’Associazione Canonistica italiana.

Queste fattispecie creano non poche difficoltà tra i Pastori, i quali da una parte si pongono il problema di quale percorso di preparazione proporre a questi nubendi, dall’altra si domandano che tipo di matrimonio celebrano e se assistono ad un matrimonio di fatto nullo, a causa della mancanza di fede di uno dei due nubendi.

Inoltre, con la pubblicazione del Mitis Iudex Dominus Iesus (MIDI) di Papa Francesco si è divulgata un’errata interpretazione di un articolo del documento pontificio, precisamente l’articolo 14 § 1 delle Regole procedurali del MIDI [2] (dove si parla della mancanza della fede come circostanza che può essere considerata per la trattazione della nullità matrimoniale per mezzo del processo più breve davanti al vescovo), di cui abbiamo già parlato QUI e QUI secondo cui si ritiene che la mancanza di fede possa essere invocata come un nuovo capo di nullità matrimoniale.

Il Magistero della Chiesa e la norma canonica

In realtà così non è, in quanto è dottrina costantemente insegnata dal Magistero della Chiesa che la situazione soggettiva di fede del nubendo, non incide sulla validità del sacramento del matrimonio (cf. Familiaris consortio n. 68). Secondo il Codice di Diritto Canonico, infatti, ciò che fa sorgere il sacramento del matrimonio è il consenso degli sposi, il quale consiste in un atto di volontà attraverso il quale si vuole costituire il patto coniugale (cf. can. 1057). Così, ciò che fa sorgere il matrimonio non è la fede degli sposi, ma la volontà di sposarsi secondo il disegno di Dio sul matrimonio.

Pertanto, un matrimonio si costituisce validamente anche se uno dei due nubendi (sebbene battezzato) si dichiara non credente, purché voglia celebrare un matrimonio come lo intende la Chiesa. Perciò non si richiede una fede piena e totale sull’insegnamento della Chiesa sul matrimonio, ma si richiede di volere un matrimonio sacramentale come lo intende la Chiesa.

Questa affermazione, però, non significa chiedere ai nubendi non credenti un atto fede sul sacramento del matrimonio, bensì di verificare che la loro volontà sia orientata al contenuto del matrimonio come voluto da Dio. Fare ciò che vuole fare la Chiesa significa volere e quindi non escludere, che il matrimonio sia un patto tra un uomo ed una donna, esclusivo ed indissolubile, finalizzato al bene degli stessi sposi e a quello della prole. Qualora i pastori non riscontrassero questi requisiti, sono chiamati a differire la celebrazione del matrimonio o, in alcuni casi, proibirla, poiché assisterebbero ad un matrimonio nullo per mancanza di volontà.

L’articolo 14 del Mitis Iudex Dominus Iesus e la mancanza di fede

Alla luce di queste precisazioni si comprende che la mancanza di fede non costituisce un nuovo capo di nullità e nell’art. 14 § 1 del MIDI tale mancanza viene menzionata «sia in quanto è alla base dell’errore che determina la volontà circa l’unità, l’indissolubilità o la sacramentarietà del matrimonio (per es.: “Voglio un matrimonio che si possa sciogliere o che non sia sacramentale”), sia in quanto causa o motivo per escludere il matrimonio o una sua proprietà/elemento essenziale (per es.: “Escludo il bonum coniugum, i figli, l’indissolubilità, la sacramentalità).

Tuttavia, non si può negare che la fede personale abbia un ruolo importante nel matrimonio cristiano. La fede si colloca allora non direttamente al livello della validità del matrimonio, ma a quello della sua fruttuosità [NdA (cfr. Sacrosantum concilium, n. 59)]. Occorre quindi un’evangelizzazione o una catechesi pre e post-matrimoniale, perché ogni persona possa celebrare il matrimonio non soltanto validamente, ma anche fruttuosamente. Non per nulla papa Francesco, nell’allocuzione alla Rota Romana del 21 gennaio 2017, ha insistito sulla formazione dei giovani a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio, parlando di “un nuovo catecumenato”. Il Papa ha ribadito questa idea nella sua allocuzione alla Sacra Rota del 29 gennaio 2018 con queste parole: “Ho già avuto modo di raccomandare l’impegno di un catecumenato matrimoniale, inteso come itinerario indispensabile dei giovani e delle coppie destinato a far rivivere la loro coscienza cristiana, sostenuta dalla grazia dei due sacramenti, battesimo e matrimonio.

Dopo aver insistito sul fatto che “matrimonio e famiglia sono il futuro della Chiesa e della società” e che “la fede è luce che illumina non solo il presente, ma anche il futuro, papa Francesco ha ricordato la necessità di “favorire uno stato di catecumenato permanente, affinché la coscienza dei battezzati sia aperta alla luce dello Spirito. L’intenzione sacramentale non è mai frutto di un automatismo, ma sempre di una coscienza illuminata dalla fede, come il risultato di una combinazione tra umano e divino. In questo senso, l’unione sponsale può dirsi vera solo se l’intenzione umana degli sposi è orientata a ciò che vogliono Cristo e la Chiesa» [3].

Note

[1] Su questo tema si rinvia al documento della Commissione Teologica Internazionale, Reciprocità tra Fede e Sacramenti nell’economia sacramentale, pubblicato il 3 marzo 2020, il cui testo integrale è edito nel sito ufficiale della Santa Sede (www.vatican.va); D. Salvatori, Mancanza di fede e nullità di matrimonio: confronto tra il documento della Commissione Teologica Internazionale del marzo 2020 e la giurisprudenza del tribunale della Rota Romana, «Periodica» 110 (2021), pp. 175-223; L. Sabbarese, La qualità sacramentale del matrimonio tra battezzati non credenti, in V. Buonomo – M. d’Arienzo – O. Échappé (a cura di), Lex ratonis ordinatio. Studi in onore di Patrik Vaòldrini, vol. I, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2022, pp. 1263-1280Cfr. anche: D. Marrone, «Fede e matrimonio. Il matrimonio tra battezzati non credenti», in L’amico del Clero 104 (2022/5), 282-286. 

[2] «Tra le circostanze che possono consentire la trattazione delle cause di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve […] si annoverano per esempio: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà»: Francesco, Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, 32.

[3] G-H. Ruyssen, «Mancanza di fede e nullità matrimoniale. La questione dei battezzati non credenti», in La Civiltà Cattolica II (2018), 444-445.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

  

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Emanuele Tupputi

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