La cremazione dei fedeli defunti e le recenti precisazioni del Dicastero per la Dottrina della Fede

cremazione
Giulio Monteverde, l’Angelo della Resurrezione, scultura in marmo, 1882

Il divieto della cremazione nel CIC/1917 (can. 1203)

In passato la Chiesa era contraria alla pratica della cremazione dei corpi dei fedeli defunti, non perché fosse vietata dalla legge naturale o dalla legge positiva di Cristo, ma perché, fin dai tempi della Rivoluzione Francese, i liberi pensatori, i materialisti, gli atei ne fecero l’espressione settaria della loro religione e del loro orientamento anticlericale.

Per tale ragione il CIC/1917 prescriveva che i cadaveri dei fedeli dovessero essere seppelliti e condannava formalmente la cremazione “anche se imposta per contratto, testamento o altro” (can. 1203), comminando la privazione dei sacramenti e delle esequie ecclesiastiche nei confronti di coloro che l’avessero disposta per il proprio cadavere (can. 1240, § 1, n. 5).

La preferenza per la sepoltura rispetto alla cremazione nel CIC/1983 (can. 1176 § 3)

Con l’Istruzione Piam et constantem del 5 luglio 1963, l’allora Sant’Uffizio stabilì che fosse mantenuta la consuetudine di seppellire i cadaveri dei fedeli, specificando chiaramente però che la cremazione non è «di per sé contraria alla religione cristiana» e stabilendo inoltre che non fossero più negati i sacramenti e le esequie ecclesiastiche ai fedeli che avessero scelto di farsi cremare, a condizione che tale decisione non fosse voluta «come negazione dei dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa» [1].

Il CIC/1983 recepì questa impostazione nel can. 1176 § 3 che – oltre a continuare a raccomandare vivamente la conservazione della pia consuetudine di seppellire i corpi dei fedeli defunti – non proibisce più la cremazione, salvo che «questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana» [2].

Le condizioni prescritte per la conservazione delle ceneri cremate

La diffusione della prassi della cremazione in molte nazioni del mondo e l’affermazione di nuove idee in contrasto con la fede della Chiesa hanno reso necessaria la pubblicazione dell’Istruzione Ad resurgendum cum Christo circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione, pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede in data 15 agosto 2016.

Il documento ribadisce, ancora una volta, la preferenza della Chiesa per l’antichissima pratica, di tradizione cristiana, della sepoltura dei corpi che – nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore – è la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale [3] e mettere in rilievo l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo ne condivide la storia [4]. Inoltre, considera il cimitero, o un altro luogo sacro ex can. 1205, il luogo più consono per esprimere la pietà e il dovuto rispetto ai corpi dei fedeli defunti che mediante il Battesimo sono diventati tempio dello Spirito Santo, nonché favorire il ricordo e la preghiera di suffragio da parte dei familiari e di tutta la comunità cristiana.

Allo stesso tempo, l’Istruzione ricorda che la cremazione non è proibita se dettata da ragioni di tipo igienico, economico o sociale, e non è contraria alla volontà esplicita o ragionevolmente presunta del defunto, atteso che tale pratica non tocca l’anima e non impedisce all’Onnipotenza di Dio di risuscitare il corpo.

Per quanto attiene alla conservazione delle ceneri cremate, l’Istruzione prevede esplicitamente che il luogo di regola più idoneo a tale scopo è un luogo sacro, cioè il cimitero o una chiesa o un’area a ciò dedicata dalla competente autorità ecclesiastica. Tale prescrizione vuole ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana, nonché evitare dimenticanze e mancanze di rispetto verso il defunto che possono verificarsi soprattutto una volta passata la prima generazione.

Per le stesse ragioni pastorali, non è consentita la conservazione delle ceneri nell’abitazione privata, non essendo questo un luogo sacro. Soltanto in caso di circostanze «gravi ed eccezionali, dipendenti da condizioni culturali di carattere locale», l’Ordinario, in accordo con la Conferenza Episcopale, può concedere il permesso per la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica.

La Chiesa inoltre vieta espressamente la divisione delle ceneri tra i vari nuclei familiari, la loro dispersione nell’aria, in terra, in acqua o in altro modo (pur se eventualmente permessa dalle vigenti disposizioni civili), oppure la loro conversione in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti.

Le recenti precisazioni del Dicastero per la Dottrina della Fede

Recentemente il tema della conservazione delle ceneri dei defunti sottoposti a cremazione è stato nuovamente affrontato, anche per dare indicazioni per la destinazione delle ceneri una volta scaduti i termini per la loro conservazione. Infatti, in risposta a due precisi quesiti presentati con lettera del 30 ottobre 2023 dal Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pubblicato il 12 dicembre 2023 un importante documento a firma del Cardinale Víctor Manuel Fernández, approvato dal Romano Pontefice in data 9 dicembre 2023.

Nel rammentare quanto prescritto dall’Istruzione Ad resurgendum cum Christo, il predetto documento ritiene «possibile predisporre un luogo sacro, definito e permanente, per l’accumulo commisto e la conservazione delle ceneri dei battezzati defunti, indicando per ciascuno i dati anagrafici per non disperdere la memoria nominale».

Inoltre, prosegue il testo rispondendo al secondo quesito «posto che venga escluso ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista e che le ceneri del defunto siano conservate in un luogo sacro, l’autorità ecclesiastica, nel rispetto delle vigenti norme civili, può prendere in considerazione e valutare la richiesta da parte di una famiglia di conservare debitamente una minima parte delle ceneri di un loro congiunto in un luogo significativo per la storia del defunto».

Le ragioni che sostengono questo orientamento si basano sulla certezza che «risusciteremo con la stessa identità corporea che è materiale, come ogni creatura su questa terra, anche se quella materia sarà trasfigurata, liberata dai limiti di questo mondo». Questa trasformazione, specifica infine il testo, «non implica il recupero delle identiche particelle di materia che formavano il corpo dell’essere umano» poiché «il corpo del risorto non necessariamente sarà costituito dagli stessi elementi che aveva prima di morire», non essendo una semplice rivivificazione del cadavere.

Note

[1] AAS 56 (1964), 822-823.
[2] Z. SUCHECKI, La cremazione dei cadaveri nel Diritto Canonico, Roma 1990.
[3] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2300.
[4] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 14.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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