Delitti contro la fede: breve analisi sulla competenza e sul segreto pontificio

Attribuito a Pier Leone Ghezzi, fedeli inginocchiati ricevono l’Eucaristia, matita su carta, 1700 circa

L’ordinamento della Chiesa cattolica, delineato dalla Sacramentorum sanctitatis tutela (SST), attribuisce specifiche competenze al Dicastero per la Dottrina della Fede per il giudizio dei delitti contro la fede, lo avevamo già trattato approfonditamente QUI. Infatti l’art. 1 SST stabilisce che il Dicastero per la Dottrina della Fede, a norma dell’art. 52 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus “giudica ai sensi dell’art. 2 § 2 i delitti contro la fede, nonché i delitti più gravi commessi contro i costumi o nella celebrazione dei sacramenti”. Tuttavia, la chiarezza della disposizione lascia spazio ad alcuni interrogativi.

Un quesito

Secondo quanto previsto nell’art. 2 § 2 SST nel caso di delitti contro la fede, spetta all’Ordinario o al Gerarca, a norma del diritto, “svolgere il processo giudiziale in prima istanza o extragiudiziale per decreto, fatto salvo il diritto di appello o ricorso alla Congregazione per la Dottrina della Fede”. Inoltre, a norma dell’art. 2 § 3 SST , nel caso dei delitti consistenti nell’eresia, nell’apostasia e nello scisma, “spetta all’Ordinario o al Gerarca, a norma del diritto, rimettere in foro esterno rispettivamente la scomunica latae sentientiae o la scomunica maggiore”. A questo proposito si potrebbe porre la seguente domanda: potrebbe il DDF avocare a sé la causa e svolgere il processo giudiziale in prima istanza o extragiudiziale, dal momento che i delitti contro la fede sono ad essa riservati?

Una possibile risposta

Rispondiamo che non sembrerebbe possibile avocare la causa da parte del DDF, poiché l’art. 1 SST § 2 stabilisce chiaramente che il Dicastero giudica i delitti contro la fede conformemente all’art. 2 § 2, ossia rispettando la competenza dell’Ordinario e del Gerarca in merito al processo di prima istanza o extragiudiziale.

La competenza del DDF, quindi, non è esclusiva, ma si manifesta nella seconda istanza di giudizio o nella sede gerarchica della procedura amministrativa. In assenza di appello o ricorso, non sussiste un obbligo formale per l’Ordinario o il Gerarca di segnalare il delitto contro la fede al DDF, benché sarebbe prudente farlo per garantire un’approfondita valutazione della questione.

Il quadro normativo prevede, tuttavia, un’eccezione significativa: in conformità con l’art. 1 § 2, nei delitti ad essa riservati, il DDF, previo mandato del Romano Pontefice, ha il diritto di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi e altre figure ecclesiastiche specificate dal can. 1405 § 3 CIC. In questo caso dunque, il DDF può effettivamente assumere la competenza sin dalla prima istanza, attraverso un mandato pontificio.

Il segreto pontificio

Va notato che l’art. 28 § 1 SST stabilisce che “ad eccezione delle denunce, dei processi e delle decisioni riguardanti i delitti di cui all’art. 6, sono soggette al segreto pontificio le cause relative ai delitti regolati dalle presenti Norme”. Pertanto le cause riguardanti i delitti contra fidem sono soggetti al segreto pontificio. Tuttavia, tale obbligo non impedisce la comunicazione di informazioni rilevanti in determinate circostanze, come nel caso di un sacerdote che abbandona la Chiesa cattolica e si unisce ad una comunità scismatica, creando scompiglio fra i fedeli.

In tali situazioni, il bene pubblico della Chiesa richiede un chiaro comunicato ai fedeli sulla situazione canonica del chierico. Il Vademecum su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici, pubblicato dal DDF al n. 45 suggerisce tuttavia che, nei casi di delitti riservati, la divulgazione di informazioni deve essere eseguita con cautela, utilizzando una forma essenziale e stringata per evitare annunci clamorosi.

In conclusione, l’analisi delle disposizioni della SST rivela una suddivisione chiara delle competenze tra la DDF, gli Ordinari e i Gerarchi. Mentre il DDF ha un ruolo fondamentale nella seconda istanza di giudizio e nella giurisdizione speciale su alcune figure ecclesiastiche, la competenza in prima istanza spetta all’Ordinario o al Gerarca. Il segreto pontificio, sebbene vincolante, non esclude la comunicazione mirata di informazioni nel rispetto del bene pubblico della Chiesa.

Note

K. Cisek, “Delitti contro la fede: aspetti dottrinali e procedurali: in Le nuove norme sui delitti riservati. Aspetti sostanziali e procedurali, a cura di C. Papale, Urbaniana University Press, Roma 2023, 110-112.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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