La pastorale pregiudiziale quale strumento di prossimità
Dall’8 dicembre 2015, data della promulgazione del m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus (MIDI) documento con il quale Papa Francesco ha riformato alcuni aspetti del processo di nullità matrimoniale, la pastorale pregiudiziale è stata vista come una delle novità fondamentali della riforma attuata nel contesto della doppia assise sinodale sulla famiglia.
La pubblicazione del MIDI, infatti si inserisce nel processo sinodale che ha visto come suo punto terminale la pubblicazione dell’esortazione apostolica post sinodale Amoris laetitia (AL), che riprende in modo esplicito il MIDI (cf. AL 244) nel contesto del cap. VI dedicato ad alcune prospettive pastorali che chiedono di essere accompagnate: si tratta della preparazione al matrimonio, dell’accompagnamento nei primi anni di vita coniugale, dell’aiuto da offrire alle diverse situazioni difficili e di crisi che i coniugi possono attraversare tra cui si collocano anche le crisi, le rotture e i divorzi.
Una peculiare responsabilità dei parroci
Dalla lettura dei due testi pontifici il MIDI e l’AL si può comprendere come sia cresciuta l’attenzione della Chiesa anche nei confronti dei parroci in primis, recuperati e più diretti protagonisti di quella pastorale pregiudiziale che li vede coinvolti nell’accompagnare, discernere e integrare le fragilità coniugali e familiari che possono anche richiedere un intervento peculiare di verifica giudiziale della validità o meno di un matrimonio. Inoltre, dai testi pontifici, si evince di essere davanti ad un processo di rinnovamento e conversione delle strutture ecclesiastiche che intende promuovere una pastorale pregiudiziale capace di coinvolgere non solo gli operatori del diritto e gli addetti ai lavori, ma anche (in misura importante) i parroci chiamati ad avere un peculiare compito nell’attività pastorale nei confronti dei fedeli in genere ed in modo particolare verso quei membri feriti delle loro comunità, che sono i divorziati risposati civilmente.
Dunque, in tal modo si coglie l’importante sinergia che deve crearsi tra pastorale giudiziaria, intesa come azione capace di facilitare la vita cristiana, e l’agire della pastorale familiare al fine di colmare il divario spesso esistito tra vita quotidiana dei fedeli e il Tribunale Ecclesiastico.
L’indagine pregiudiziale
A tal riguardo negli articoli 2-4 delle nuove Regole Procedurali (RP) viene menzionato un nuovo munus consulendi denominato “indagine pregiudiziale o pastorale” che intende accompagnare, discernere ed integrare quei fedeli che vivendo crisi, difficoltà o dubitando della validità del proprio matrimonio, desiderano valutare la possibilità di superare tali situazioni sia con un’eventuale riconciliazione coniugale sia con l’accertamento della validità o meno del proprio matrimonio. Tra i soggetti (dotati di competenza non esclusivamente giuridico-canoniche) preposti a questa indagine pregiudiziale, che opera anche in sintonia con la pastorale matrimoniale diocesana unitaria, vi è il parroco, quello proprio del coniuge, o dei coniugi interessati, o colui che li ha preparati alla celebrazione delle nozze.
Un munus consulendi per accompagnare, discernere e integrare le fragilità coniugali
In cosa consiste concretamente il compito del parroco in questa fase pregiudiziale?Secondo quanto riportato dai summenzionati articoli 2-4 delle RP il parroco ha la responsabilità pastorale, che condivide con il vescovo, di farsi vicino ai fedeli che vivono una crisi coniugale. Perciò, oltre ai doveri legati all’ufficio parrocchiale come la preparazione prematrimoniale, per la quale si serve di strutture valide e competenti per la formazione dei futuri sposi, deve essere messo nelle condizioni di compiere un’adeguata consulenza per un’eventuale avvio di un processo di nullità.
Questo significa che l’azione del pastore deve essere intesa come un percorso senza termine che inizia sin dalla fase della preparazione del matrimonio e potrebbe continuare sino al momento in cui il parroco si trova davanti ad una coppia non idonea al matrimonio sacramento o una coppia che vive un momento di crisi o di separazione. Inoltre, se da un lato quanto prescritto dalle RP rappresenta un’apertura di fiducia nei confronti del parroco, dall’altro richiede prudenza e preparazione in quanto potrebbe succedere che il parroco/sacerdote pur essendo la figura più prossima ai fedeli, in concreto non sempre potrebbe conoscere i fedeli a lui affidati a motivo dell’estensione della parrocchia o per il fatto che svolge il suo ufficio di parroco in diverse parrocchie, e quindi potrebbe essere la figura meno preparata per poter dare dei pareri circa la possibilità di introdurre una richiesta di nullità matrimoniale.
Interfacciarsi con le figure preposte
In virtù di ciò è bene che il parroco/sacerdote in questa fase pregiudiziale sia predisposto ad interfacciarsi anche con figure competenti in ambito canonistico o servizi diocesani preposti ad una consulenza giuridico-canonica (ad es. servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, unica esperienza nella regione ecclesiastica pugliese) per evitare consigli erronei ed approssimativi.
Tuttavia, premesso quanto detto, nella fase pregiudiziale è richiesto al parroco un generoso impegno che si rende concreto in un ministero di ascolto e di accoglienza, facendosi prossimo nel prendersi cura delle situazioni matrimoniali cosiddette “irregolari” o quelle di coloro che, per le ragioni più diverse, sono giunti a dubitare della validità del proprio matrimonio, pur non essendo separati o divorziati. Questo appare importante in ragione del fatto che in questa fase al parroco e al suo fiuto pastorale è affidato il discernimento sulla via verso la quale indirizzare il dialogo con le persone coinvolte valutando, in prima battuta, la possibilità di superare le singole situazioni di crisi matrimoniale con un’eventuale riconciliazione oppure, in seconda battuta indirizzare le stesse verso un servizio di consulenza più qualificato che valuterà la possibilità di un processo di nullità matrimoniale, divenendo, per così dire, un ponte tra le persone e il Tribunale Ecclesiastico.
Continua…
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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