La consulenza matrimoniale previa alla luce del motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus

José Sanches, Il Matrimonio della Vergine Maria, 1665 circa

 

La consulenza pregiudiziale espressione di un’ Ecclesia proxima

Il superamento dell’iniziale incertezza applicativa, legata alla riforma del processo di nullità matrimoniale, ha portato gradualmente alla riaffermazione di taluni principi, sin da sempre collocati in seno al sistema giudiziario canonico. La struttura circolare dell’attuale apparato processuale riformato pone infatti i christifideles in una posizione di indubbia centralità, rispetto ad un quadro normativo, espressione dell’impegno attivo della Chiesa nel risolvere istanze e problematiche comuni. La celerità dei processi, mai a scapito di una meticolosa indagine istruttoria; la gratuità dei giudizi, a garanzia delle fasce economicamente più deboli; la flessibilità geografica, con la costituzione dei tribunali diocesani, sono infatti i punti nevralgici della revisione procedurale, attuata con la Lettera Apostolica data in forma di Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus.

Si assiste pertanto ad una costante demarcazione del principio di prossimità ecclesiastica, quale strumento attuativo per il recupero del significato sacramentale del matrimonio, spesso tralasciato da chi vive un fallimento coniugale. A tal proposito, la consulenza pastorale, previa all’introduzione dei processi per la declaratoria della nullità matrimoniale, è l’espressione diretta di tale prossimità, essendo d’ausilio ai fedeli che, reduci da un divorzio o da una separazione, desiderano regolarizzare la propria posizione dinanzi alla Chiesa. Brevemente, di tale istituto si illustreranno i tratti giuridici e pastorali.

La disciplina normativa che regola l’attività di consulenza pastorale

Sono cinque gli articoli contenuti nelle regole procedurali del m.p. Midi, che delineano l’attività di consulenza in questione. Nel primo, dal carattere esortativo, si raccomanda la massima sollecitudine pastorale verso le coppie segnate dall’esperienza del divorzio o della separazione; ad esse va infatti indirizzata la massima cura, perché non si sentano poste ai margini della comunità ecclesiale, ma in essa abbiano prioritaria attenzione. Al Vescovo, in forza del proprio munus (ex can. 383  §1) e in condivisione con i parroci (ex can. 529 §1), spetta questa delicata attività di reintegrazione dei coniugi che abbiano abbandonato la pratica religiosa per ragioni legate ad un esito matrimoniale infausto. Nei successivi canoni, invece, si entra nel merito della consulenza pregiudiziale, specificandone le modalità di svolgimento.

Per ciò che attiene all’accoglienza dei fedeli, essa dovrebbe svolgersi all’interno di strutture adeguate, quali le parrocchie o luoghi adibiti a tal fine nelle Diocesi (art. 2 RP); ciò perché non sembri scontata, né assuma valore marginale, la riservatezza dei colloqui. Circa quest’aspetto, tuttavia, è rimessa al prudente apprezzamento di chi sia preposto alla gestione la più adeguata organizzazione degli incontri. All’Ordinario del luogo, infine, è affidato il delicato compito di scegliere (art. 3 RP) i soggetti idonei allo svolgimento della consulenza. Tra di essi, in primo luogo vi è il Parroco, quale figura di congiungimento e di recupero delle coppie in stato di crisi; a lui compete il gravoso ufficio di vigilanza sullo status dei fedeli, osservandone e interpretandone le esigenze. In ultimo, è esplicata la finalità del servizio di consulenza pregiudiziale, che è cioè quello di raccogliere elementi utili per l’introduzione della domanda di accertamento della nullità matrimoniale (artt. 4-5).

Considerazioni finali e proposte di sviluppo

A tal proposito, si invitano gli operatori del diritto canonico e, in particolar modo gli Avvocati, a rendersi coadiutori di un processo che non è circoscritto strettamente alla fase istruttoria, ma che manifesta tutta la sua prossimità ai fedeli, anche nel momento della consulenza matrimoniale previa. La condizione di lontananza spirituale può essere sanata prima ancora della fase processuale in sé, grazie ad uno spirito di accoglienza, funzionale alla risoluzione delle problematiche che, in un certo qual senso, determinano una frattura tra i fedeli e la Chiesa. Accade infatti che, a seguito di una separazione, le persone vedano in altri istituti – inequiparabili al matrimonio, se non per la struttura contrattuale – una via di fuga semplicistica, ignare dell’opportunità di adire la Giustizia Ecclesiastica, per regolarizzare la propria posizione sotto il profilo sacramentale.

In questo pertanto risiede il valore e la natura della consulenza previa, consistente in un accompagnamento, volto al discernimento e alla conoscenza delle opportunità di indagine preprocessuale. Pertanto si ritiene essenziale la primaria opera investigativa degli operatori tutti, ma principalmente quella degli Avvocati; quest’ultimi, per competenza, per formazione tecnica e per terzietà rispetto al sistema Giustizia, consentono un più celere e adeguato contatto con i fedeli. In ultimo, circa le modalità organizzative di questi centri di consulenza, sarebbe opportuno stilare una normativa uniforme, da adottarsi in tutte le Diocesi (adeguandola ovviamente alle esigenze specifiche). Essa, oltre a contenere il vademecum per l’indagine previa (ex art. 3 R.P.), dovrebbe indicare chiaramente la ripartizione delle funzioni tra i vari operatori del diritto, in modo da rendere più fluida, nella diversità dei ruoli, la cooperazione pastorale, in ossequio al principio di sinodalità giudiziaria.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

  

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Federica Marciano di Scala

Federica Marciano di Scala, avvocato della Rota Romana-avvocato civilista.

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