La perizia nelle cause di nullità matrimoniale: un’evoluzione

perizia

La perizia nel Codice del 1917

L’uso della perizia come mezzo di prova in una causa di nullità matrimoniale al giorno d’oggi è frequente e, oserei quasi dire, dato per scontato. Tuttavia, non sempre è stato così. Risalendo indietro nel tempo, possiamo notare che la perizia non era ancora stata prevista formalmente come mezzo di prova. È all’evoluzione della prassi rotale principalmente e alla sua codificazione tramite la legge, che dobbiamo l’istituzionalizzazione dell’uso della perizia. Bisogna tuttavia notare che risalendo alle origini del diritto canonico e al diritto delle Decretali, si può scovare già qualche traccia iniziale del metodo periziale di ausilio alle cause.

Il progressivo sviluppo delle scienze e delle tecniche ha indotto sempre più giudici rotali a ricorrere a periti specializzati in varie materie, che potessero fornire loro un approfondimento e una maggiore conoscenza sulla materia che aveva un peso importante all’interno della causa trattata. Prima della codificazione piano-benedettina la perizia era un mezzo di prova che il giudice poteva e talvolta addirittura doveva utilizzare. I periti erano persone che, in forza dei principi e delle regole della scienza che studiavano e della quale venivano ritenuti particolarmente esperti, erano chiamati ad esprimere il loro giudizio e parere sulla natura, la causa e gli effetti di un qualsiasi fatto.

Nel Codice di Diritto Canonico del 1917 si fece un passo avanti, andando a richiedere il suffragium peritorum nelle cause per difetto di consenso ob amentiam (per amenza). Un ulteriore progresso viene compiuto successivamente grazie all’art. 151 delle Istruzione Provida Mater, che smette di definire il soggetto da periziare infirmum ed ammetteva l’intervento di un unico perito, che tuttavia doveva essere specializzato in psichiatria. Questa peculiare richiesta era dovuta al fatto che la amenza, insieme a molte altre patologie, come ad esempio la demenza, la psicosi paranoica, la maniaco-depressiva, la schizofrenia ecc. venivano inquadrate all’interno della definizione di malattie mentali e dunque per essere inquadrate correttamente necessitavano di un esperto in tale settore. Durante gli anni Venti e successivamente la giurisprudenza rotale si dedicò allo sviluppo di ulteriori termini rispetto all’unico termine generico di amentia e di fatto arrivò alla formulazione delle tipologie a cui ancora oggi fa riferimento il Codice, ovvero:

capacità di comprendere criticamente;

capacità di decidere liberamente;

capacità di assumere le decisioni prese.

Ciò non toglie tuttavia che sia nel Codice del 1917 che in Provida Mater si faceva riferimento al solo parere di medici psichiatri. Questo ben presto iniziò a cambiare tuttavia, dato che l’incapacità psichica assunse un ruolo predominante in un numero di cause sempre più frequente e ciò produsse la richiesta di medici specializzati in scienze psicologiche. Lo stesso Navarrete sottolineò il fatto che il progresso della psichiatria e della psicologia durante gli anni ‘50 del secolo scorso furono la causa “per cui prima la giurisprudenza e poi la dottrina canonistica sono state costrette a rivedere i propri schemi ed a prestare una attenzione sempre maggiore a quelle scienze”. Nelle cause di nullità dovute ad incapacità psichica la necessità di comprendere meglio e più approfonditamente la condizione della persona ha spinto a ricorrere a delle perizie psichiatriche e ciò ha portato alla luce la pari rilevanza di entrambe le discipline, ergo anche dei periti. L’indagine psicologica divenne oltre modo fondamentale nella giurisprudenza rotale per aiutare i giudici ad acquisire la necessaria certezza morale per prendere una decisione. Il termine malattia o infermità mentale è onnicomprensivo di una serie di psicosi, nevrosi, disturbi di carattere fino ad arrivare all’immaturità psico-affettiva e psico-sessuale. A prescindere a quale di queste patologie si faccia riferimento con il termine malattia mentale, l’importante è che l’anomalia psichica sia tale da impedire ed ostacolare gravemente l’atto di comprensione e/o volizione.

In tempi più recenti il Concilio Vaticano II in Gaudium et spes ha fatto espresso riferimento alle scienze in ambito matrimoniale, esprimendosi in tal senso: “gli esperti delle scienze, soprattutto biologiche, mediche, sociali e psicologiche, possono portare un grande contributo al bene del matrimonio e della famiglia” (n. 52). Da questo momento in poi l’attenzione che la giurisprudenza conferì agli elementi emotivi ed affettivi, che possedevano la capacità di invalidare il matrimonio, andò aumentando. Esempi a tal riguardo sono le nevrosi e le psicosi, che hanno una portata incapacitante ed influenzano la libera scelta e l’assunzione degli oneri coniugali in modo considerevole. Come possibili basi dell’incapacità inoltre sono stati considerati disturbi prima mai presi in considerazione, come ad esempio quelli derivanti da delle anomalie psicosessuali quali omosessualità, ninfomania, satiriasi, sadismo, feticismo, transessualismo, travestitismo, borderline, schizofrenia, ecc. Attraverso queste considerazioni si è giunti alla consapevolezza che l’incapacità psichica al matrimonio non sempre è dovuto ad un difetto psichiatrico-psicologico di intendimento e di volizione, ma in certi casi può dipendere da una carenza oggettiva causata da anomalie spesso psico-sessuali.

Tale progresso giurisprudenziale appena illustrato sfociò nel canone 1095, in esso si passò dalla formulazione dell’anomalia psico-sessuale alle cause di natura psichica. Questo nel diritto sostanziale, ma nel diritto processuale ciò non avvenne come testimoniava il canone 1680 del CIC 1983, nella versione antecedente al motu proprio Mitis Iudex. In esso si abbandonava il termine amentia per sostituirlo con morbus mentis; tuttavia, l’intervento dei periti si limitava unicamente ai casi di difetto del consenso per malattia mentale. C’è da notare che in questa formulazione non sono state minimamente considerate le situazioni di disturbi mentali di origine psichica, nelle quali il soggetto rimane conscio della realtà, oppure le situazioni dei disturbi di comportamento e ancora quelle di immaturità psichica, che richiedono una perizia tanto quanto il caso prescritto dal canone. Il Ponente Innocenzo Parisella, in una sentenza del 25 novembre 1976, rimarca nuovamente l’influenza delle nevrosi, affermando:

“pur se va inquadrata tra quelle affezioni psichiche che vanno sotto il nome di nevrosi o psiconevrosi, non per questo sia di minore gravità di altre forme morbose, che si inquadrano nelle psicosi, in quanto essa pure incide notevolmente sulla personalità del periziando determinando gravi ed evidenti anomalie del suo comportamento e menomando soprattutto la sua capacità volitiva, oltre al suo raziocinio”.

L’incapacità psichica nel diritto processuale

Nel diritto processuale era totalmente assente la pressione di una perizia per le cause di nullità che esulavano dalla malattia mentale. Papa Giovanni Paolo II mise in luce questa mancanza nel suo Discorso al Tribunale della Rota Romana del 5 febbraio 1987, affermando che:

“la trattazione delle cause di nullità di matrimonio per limitazioni psichiche o psichiatriche esige, da una parte, l’aiuto di esperti in tali discipline, i quali valutino, secondo la propria competenza, la natura ed il grado dei processi psichici che riguardano il consenso matrimoniale e la capacità della persona ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio”

Questa posizione magistrale si tradusse presto in ambito giuridico, introducendo il termine anomalia anche nella norma giuridica, attraverso l’Istituzione Dignitas connubii, del 25 gennaio 2005, nella quale all’art. 203 si richiede l’uso della perizia, non più come precedentemente, solo per le cause di difetto del consenso a causa di mentis morbum, bensì per tutte le cause di incapacità previste dal canone 1095. Era stato chiarito che si necessitava di una grave forma di anomalia, che doveva sussistere al tempo del matrimonio, è che fosse in grado di intaccare la capacità di intendere e/o di volere. L’interpretazione all’inizio fu la seguente: Ai primi due numeri del canone 1095 si richiede la presenza di un’effettiva anomalia; tuttavia, nel terzo numero dello stesso canone si tiene conto solamente della natura e della gravità della causa psichica. Grazie all’Allocuzione di Benedetto XVI alla Rota del 29 gennaio 2009 il termine anomalia viene applicato anche al numero 3 del canone 1095. Con i due motu proprio di Papa Francesco sono stati modificati e innovati i canoni processuali attinenti questa materia, sia nel CIC che nel CCEO.

Le novità introdotte da Papa Francesco

Il can. 1678 §3 CIC e il can. 1364 § 3 CCEO hanno introdotto la necessità della perizia anche nel caso di anomalie di natura psichica. Con il progresso scientifico che avanza sempre di più, si è giunti alla conclusione che è giusto ed utile basarsi su argomentazioni fondate su uno serio e approfondito delle leggi della natura, oltre che su deduzioni scientifiche, specialmente nelle cause matrimoniali, nelle quali le conclusioni dei periti possono diventare di fondamentale importanza per aiutare il giudice a comprendere meglio le radici primitive del comportamento e dell’essere umano.

L’inserimento del termine anomalia nel nuovo canone ha portato ad abbracciare un quadro onnicomprensivo e molto ampio di malattie mentali, dalle anomalie della vita psichica a quelle della personalità, dalle anomalie della condotta sociale fino ai disadattamenti del comportamento. Dunque invece che prospettare unicamente la possibilità di un difetto del consenso che sorge unicamente da una malattia o infermità mentale, si propone come fonte alternativa di tale difetto anche un’anomalia di natura psichica. Questa è l’innovazione legislativa introdotta dai canoni modificati, alla quale si deve l’ampliamento dell’ambito di operatività del canone 1095.

La perizia dunque diventa obbligatoria sia nei casi di malattia che potrebbe intaccare il consenso matrimoniale, ma anche nei casi di anomalie che potrebbero abolire completamente le capacità giuridiche individuali. Attraverso questo mezzo di prova e l’aiuto di un esperto qualificato, il giudice deve riuscire a comprendere quali alterazioni ha subito la capacità del soggetto e il rapporto di casualità proporzionale tra l’anomalia psichica e l’incapacità consensuale.

È prevista un’eccezione all’obbligo di perizia, ovvero nel caso in cui sussistano delle adiuncta causae, ovvero elementi oggettivi dai quali appare evidente la chiara inutilità della perizia. Il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica in questo frangente prevede due circostanze nelle quali la perizia potrebbe rivelarsi totalmente inutile, ovvero:

  1. Quando vengano presentati un documento o una testimonianza così qualificanti da essere idonei ad offrire al giudice una prova sufficiente.
  2. Quando una delle tre fattispecie illustrate nel canone 1095 venga dimostrata senza alcun dubbio alla luce dei fatti e delle circostanze provati nella causa.

Solamente il difetto fisico o l’infermità psichica chiaramente evidenti e provati da precedenti perizie, documenti clinici, certificazioni, ecc. potrà sollevare il giudice dall’obbligo di richiedere la perizia in quel caso concreto.

Riassumendo in conclusione bisogna tenere a mente l’innovazione del canone 1678 §3 CIC, come voluto da Papa Francesco, che impone ora l’obbligo di perizia sia per i casi di difetto del consenso dovuto a malattia mentale, sia per i casi dovuti ad anomalia di natura psichica.

Bibliografia

  1. Cfr. ARCISODALIZIO DELLA CURIA ROMANA (ED.), La Perizia in foro canonico nell’evoluzione normativa dal “morbus mentis” alla anomalia, (Annales Doctrinae et Iurisprudentiae Canonicae, VIII), LEV, Città del Vaticano, 2019, pp. 9-32.
  2. S. CONGREGATIO DE DISCIPLINA SACRAMENTORUM, Istituzione Provida Mater, 15 agosto 1936, AAS 28 (1936), 313-361.
  3. Cfr. A. STANKIEWICZ, Breve nota sulla legittimità dell’applicazione della scienza psichiatrica e psicologica nelle cause di nullità matrimoniale per incapacità psichica nell’accezione giurisprudenziale, in Periodica de re canonica 85 (1996), 67-69.
  4. U. NAVARRETE, Problemi sull’autonomia dei capi, 113.
  5. U. FORNARI, Psicopatologia e psichiatria forense, Torino 1989, 484.
  6. CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: Gaudium et spes, n. 52, in AAS 58 (1966) 1074.
  7. ROMANAE ROTAE DECISIONES, vol. 68, 462, n. 11.
  8. ACTA APOSTOLICAE SEDIS 79 (1987), 1457, n. 7.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Chiara Gaspari

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