Atto illecito ma valido? Una riflessione sul canone 10

canone 10

Nel linguaggio giuridico comune ogni atto contrario alle norme del diritto, detto atto contra legem, è definito “illecito”. In relazione alla natura dell’atto, un illecito può essere civile, e così configurare una possibilità di risarcimento in capo al leso, oppure può essere penale, dunque rappresentare un reato, e richiedere la rieducazione del reo anche mediante pene detentive. Così che, nell’ordinamento giuridico italiano, un illecito genera un atto nullo a cui si aggiunge una determinata risposta: un risarcimento o una pena detentiva.

È interessante analizzare la differente proposta che offre l’ordinamento canonico, infatti, nel momento in cui è posto in essere un atto contra legem questo rimane valido. Tale principio è confermato nel canone 10 del Codice:

Sono da ritenersi irritanti o inabilitanti solo quelle leggi con le quali si stabilisce espressamente che l’atto è nullo o la persona è inabile.

Esistono nell’ordinamento canonico solo determinate leggi, dette irritanti o inabilitanti, per le quali è espressamente stabilito che l’atto posto in difformità da esse sarà nullo.

La regola dell’ordinamento canonico è allora ben diversa dall’ordinamento giuridico italiano, perché il principio generale sostiene che ogni atto posto contra legem, seppur “illecito” non genera alcun atto nullo, poiché l’atto stesso rimane valido, producendo ugualmente i suoi effetti.

Questo perché:

«Il Legislatore ha preferito mantenere questo disposto, in armonia con la tradizione più recente, per un’esigenza di certezza di diritto. Potrebbe essere infatti fonte di notevoli e innumerevoli disagi e di svariati casi dubbi il fatto che qualsiasi disposizione di legge che non venga osservata possa decretare la nullità dell’atto. Si creerebbe così un’enorme incertezza a riguardo della validità degli atti giuridici, perché innumerevoli sarebbero così i motivi di nullità»[1] .

Dunque per aversi un atto nullo nell’ordinamento canonico si necessita di una indicazione precisa:

«Il Legislatore potrà quindi fissare determinati requisiti e condizioni che dovranno essere rispettati, pena la nullità dell’atto giuridico stesso. Tale scopo è così raggiunto attraverso la tecnica delle leggi irritanti o inabilitanti»[2]

Quindi, per comprendere se l’atto posto contra legem ha reso nullo l’atto stesso, bisognerà analizzare la legge alla base. Se essa è irritante, dunque è una legge che richiede necessariamente alcuni requisiti a pena di nullità, o se essa è una legge inabilitante, richiedendo che il soggetto a cui si rivolge deve possedere alcune determinate caratteristiche, l’atto sarà nullo. Altrimenti, l’atto posto in essere contro una qualsiasi altra legge, pur rimanendo un atto illecito, non genera alcuna nullità dell’atto stesso che rimane validissimo, così che nell’ordinamento canonico la regola è che: gli atti contrari alla legge sono validi seppur illeciti.

Bibliografia

[1] A. D’Auria, Le norme generali. Commento al Codice di Diritto Canonico, UUP, Città del Vaticano 2014, 116.

[2] Ibidem, 114.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Sr. Maria Romano

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