È fuor di dubbio che nei periodici scientifici trovano la loro somma collocazione articoli di carattere scientifico, inerenti le materie o discipline sulle quali ciascuno offre il suo contributo in relazione alle proprie competenze e specializzazioni.
Questa volta però vorrei offrire ai lettori di Vox Canonica un percorso articolato che ugualmente porterà ad una categoria giuridica canonica che a volte corre il serio rischio di non ricevere la valorizzazione che invece le è sottesa: mi riferisco alla buona fama, disciplinata nel can. 220 CIC.
Per fare questo, parto un po’ da lontano, presentando una figura eminente di carità, vissuta tra l’otto e il novecento nel meridione d’Italia, cioè l’avvocato Bartolo Longo.
In realtà la spinta che mi muove a trattare dell’Avvocato Longo mi si è imposta quando qualche tempo fa ho assistito ad uno di quei convegni che servono alla nostra professione per far maturare i crediti formativi, così come ci impone la l. 247/2012, legge sull’ordinamento forense e allegato codice deontologico professionale. Il tema del convegno, al quale tra l’altro prese parte Giorgio Lattanzi a quel tempo Presidente della Corte Costituzionale, era la proiezione di un film-documentario che raccontava il viaggio dei giudici della Corte Costituzionale nelle carceri italiane per spiegare ai detenuti il significato ed il valore della nostra Costituzione.
Ho guardato quel film e per tutto il tempo mi sono commosso, ma non perché questi giudici avessero fatto un gesto di tale portata, piuttosto nel vedere in che condizioni versano ancora oggi i detenuti italiani nelle carceri. La risposta che mi è venuta in mente, così nitida, è quella che i giudici della Consulta hanno fatto un gesto morale, sicuramente lodevole ed encomiabile, ma non un gesto giuridico. Un bel gesto di vicinanza, forse magari per augurarsi una visibilità attualmente sfocata o adombrata, ma comunque, ripeto, non giuridico.
Senza grandi sorprese mi è balzato alla mente come tutto questo lo aveva già fatto alla fine del 1800 l’avvocato Bartolo Longo, che non era un alto funzionario del Regno, ma un umile avvocato che capì che per risollevare la società si doveva educare la gente a non commettere crimini, o quelli che li avevano commessi, quantomeno a non delinquere più per l’avvenire e solo così si sarebbe avuta una società diciamo semplicemente più “umana”.
Affermava Bartolo Longo che ai piedi della Madonna si inginocchiano tanto i figli delle vittime quanto i figli dei carnefici e chi siamo noi per giustificare gli uni e miseramente relegare gli altri senza possibilità di riscatto. Anticipava così, il principio della funzione rieducativa della pena che, con l’avvento della Carta costituzionale ha trovato accoglimento nell’art. 27 comma 3 Costituzione italiana.
L’avvocato degli ultimi
Ma andando più in profondità nel pensiero e nell’azione di Bartolo Longo si vede come l’avvocato degli ultimi ha combattuto affinché venisse sempre rispettata la dignità umana attraverso la non lesione della buona fama della gente, anche se si trattava dei cosiddetti delinquenti.
Egli, nativo di Latiano in provincia di Brindisi, seguendo il solco della vita sul quale il Signore ci innesta ed innaffia le nostre esistenze, per farci suoi fiori aulenti e strumenti dei suoi progetti, avendo fatto l’esperienza spirituale dell’Arpaia presso la Valle di Pompei, nella quale sentì una voce: “Se vuoi salvezza propaga il Rosario”; ed era mezzogiorno e suonarono le campane, si dedicò non solo alla costruzione della Basilica di Nostra Signora del Rosario di Pompei, ma spese tutta la sua vita in favore dei carcerati e dei figli dei carcerati.
In queste categorie di reietti della società trovò e realizzo il comando del Vangelo “ogni volta che hai fatto questo ad uno dei miei fratelli più piccoli, l’hai fatto a me”. Ma come difendere queste categorie sociali così abbandonate? Dal momento che sia la società civile sia quella dei filosofi e dei politici alimentavano teorie a discapito di questa gente ritenuta da ghettizzare? Bartolo Longo lo ha fatto da giurista e da avvocato!
Giurista, difensore dei diritti e uomo di carità
Ha “combattuto” su due fronti, il primo era quello che il Regno d’Italia si trascinava da alcuni decenni circa, la figura del “brigante” e della lotta al brigantaggio, che vedeva in queste categorie sociali uomini da combattere a tutti i costi con il carcere e addirittura con stragi di massa; il secondo fronte sul quale si impegnò Bartolo Longo fu la contestazione delle nascenti teorie dell’antropologia criminale come branca collegata alla medicina legale e che ebbe in quel tempo il suo fautore nella figura di Cesare Lombroso. Questi sosteneva che il delinquente era tale anche nei tratti somatici e quindi delinquenti si nasceva con un’indole genetica specifica che il delinquente si portava dietro come DNA per tutta la vita.
Bartolo Longo si impegnò a smontare queste tesi, affrontando il problema in termini di dignità umana nel rispetto della buona fama della persona, in quanto se si fosse continuato ad accettare le teorie lombrosiane si sarebbe finiti per distruggere la buona fama di gente comune che invece se educata cristianamente e civilmente sarebbe potuta diventare dei buoni padri e madri di famiglia.
Attraverso l’esempio dell’avvocato Longo, è ancora una volta possibile capire come il Diritto Canonico abbia messo nel tempo una forte attenzione alla dignità della persona nella tutela della sua buona fama. Non è una proposta nuova, evidentemente, infatti essa affonda le sue radici già nella Summa Theologiae di San Tommaso d’Aquino, nella quale l’angelico Dottore afferma che la lesione della buona fama è un delitto ancor più riprovevole dell’omicidio, proprio perché quando si viola la buona fama di qualcuno, lo si è ucciso già ancor prima dell’azione che si voglia compiere.
Il Codice di Diritto Canonico inserisce la tutela della buona fama nel Titolo I del Libro II, ossia tra gli obblighi e diritti di tutti i fedeli.
Il diritto alla buona fama ed il dovere della sua tutela appartengono in modo strettamente personale all’uomo. In verità essi, pur non scaturendo dal Battesimo, in quanto sono diritti della legge naturale, tuttavia la Chiesa proprio per l’attenzione che ha verso la persona inserita nella comunità, agisce con carità estrema nella tutela della buona fama.
Per un approfondimento bibliografico
- Baima Bollone P., Cesare Lombroso e la scoperta dell’uomo delinquente, Torino 2009.
- Ciconte E., La grande mattanza. Storia della guerra al brigantaggio, Bari-Roma 2018.
- Dolcini E.-Gatta G.L., Codice penale commentato, IV voll., Milano 2020.
- L’Arco A., Il Beato Bartolo Longo mediatore tra il Vangelo e l’uomo moderno, Pompei 1987.
- Sancti Tomae Aquinae, Summa Theologiae, Cinisello Balsamo 1997.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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