Gli impedimenti al matrimonio canonico

impedimenti
Domenico Ghirlandaio, affreschi della Cappella Tornabuoni “Sposalizio della Vergine” (1485-1490), Basilica Santa Maria Novella Firenze

Il can. 1058 CIC e la tutela dello ius connubii

Il can. 1058 CIC prevede che “omnes possunt matrimonium contrahere, qui iure non prohibentur”. La disposizione disciplina quanto già previsto dal can. 1035 CIC 1917 [1], configurando la titolarità del cd. ius connubii in capo a ciascun fedele: ogni uomo e donna può contrarre matrimonio, scegliendo liberamente il proprio coniuge, in quanto esso è un diritto fondamentale della persona e, come tale, irrinunciabile, inalienabile e perpetuo [2].

Sulla scia del disposto normativo, il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha affermato che “Ogni uomo e ogni donna, che ha raggiunto l’età del matrimonio e ne ha la necessaria capacità, ha il diritto di sposarsi e di formare una famiglia senza alcuna discriminazione; restrizioni legali all’esercizio di questo diritto, sia di carattere permanente che temporaneo, possono essere introdotte solamente quando sono richieste da gravi ed oggettive esigenze dello stesso istituto matrimoniale e della sua rilevanza sociale e pubblica; e devono, in ogni caso, rispettare la dignità e i diritti fondamentali della persona” (Carta dei Diritti della Famiglia, 22 ottobre 1983, art. 1, lett. a).

L’atteggiamento di particolare favore verso la libertà matrimoniale è retto da due ragioni: la prima è legata ai principi morali fermamente professati dalla dottrina cattolica in tema di rapporti tra uomo e donna, secondo i quali va condannato come illecito qualunque rapporto sessuale al di fuori del matrimonio; la seconda attiene al significato più strettamente spirituale del matrimonio: trattandosi della grazia, esso deve restare il più possibile aperto a tutti gli uomini, in modo che ciascuno possa godere di quell’aiuto e di quell’arricchimento spirituale che esso comporta.

Il diritto alla libera scelta dello stato di vita

In tal senso il diritto al matrimonio è declinato come diritto ad instaurare il consortium totius vitae, ossia a realizzare un’unione coniugale idonea a porsi come momento di crescita e di realizzazione personale per ambedue i coniugi, non come soffocamento o mortificazione dei valori e delle aspirazioni di cui ciascuno di essi è portatore. Tale diritto costituisce pertanto espressione del più ampio e generale diritto alla libera scelta dello stato di vita, ex can. 219 CIC, e nessuna legge umana può vietarlo o coartarlo in modo arbitrario senza intaccare la stessa dignità umana [3]. Tuttavia, non si configura un diritto assoluto e illimitato, in quanto non è un semplice diritto intimo e privato ma sociale, il cui esercizio deve essere opportunamente disciplinato dalla pubblica autorità in ragione del bene comune e nello stesso interesse delle persone [4].

L’abilità giuridica al matrimonio

Una prima limitazione è posta dallo stesso legislatore canonico, allorquando stabilisce che possono contrarre matrimonio soltanto le persone giuridicamente abili (can. 1057 CIC). L’abilità giuridica delle parti costituisce, pertanto, uno dei requisiti per la valida costituzione del matrimonio [5]. Le proibizioni al matrimonio possono derivare sia dal diritto naturale che dal diritto positivo umano: nel primo caso, l’incapacità alle nozze è un limite che deriva dalla stessa natura del matrimonio, quindi esclude lo stesso diritto; nel secondo caso, la proibizione non può mai negare il diritto oggettivo ma potrà regolarne l’esercizio, sempre in armonia con la legge divina [6].

Un’ipotesi di inabilità giuridica: gli impedimenti matrimoniali

Una limitazione all’abilità giuridica delle parti al matrimonio è costituita dagli impedimenti [7]. Per impedimento si intende una circostanza esterna o un rapporto personale che, per diritto divino o umano, rendono inabile la persona a contrarre matrimonio, sì che l’eventuale celebrazione non sarebbe soltanto illecita ma anche invalida radicalmente ipso iure. Gli impedimenti al matrimonio si collocano all’interno del contesto delle leggi inabilitanti che, ex can. 10 CIC, sono quelle leggi che statuiscono che la persona colpita dalla previsione normativa è inabile a porre in essere un determinato atto [8]. In prospettiva matrimoniale, pertanto, gli impedimenti al matrimonio sono considerati come leggi divino-positive, naturali o ecclesiastiche, che dichiarano o rendono inabile una persona a contrarre validamente matrimonio [9].

Ambito di applicazione soggettiva

Proprio perché giuridicamente sono leggi inabilitanti, gli impedimenti sono soggetti alla relativa normativa prevista nel Codex. Essi possono vincolare solo i battezzati nella Chiesa cattolica o coloro che, battezzati in una comunità separata, sono accolti nella piena comunione della Chiesa mediante la professione di fede, e che godono di sufficiente uso di ragione (can. 11 CIC).

Autorità competente

Inoltre, possono essere costituiti, sia a livello universale che particolare, soltanto dal Romano Pontefice, personalmente o collegialmente insieme ai Vescovi: sul punto è stato evidenziato che l’Ordinario del luogo non può mai legiferare circa gli impedimenti matrimoniali, né dare proibizioni generali, ma può soltanto, in casi particolari, definiti e conosciuti nella fattispecie concreta, porre un veto, cioè adoperarsi, con mezzi idonei, a che il matrimonio non venga celebrato nell’attuale situazione. Il veto, da porsi per iscritto, concerne sempre e solo la liceità delle nozze.

Impedimento dubbio

Gli impedimenti non possono essere oggetto di presunzione, trattandosi di leggi inabilitanti per cui il can. 10 CIC rimette solo al Legislatore universale la potestà di disciplina a riguardo. Di conseguenza, gli impedimenti matrimoniali sono soltanto quelli elencati nei cann. 1083-1094 ed entro i limiti definiti dal Legislatore. In caso, poi, di impedimento dubbio, si applica il can. 14 CIC, per il quale “le leggi, anche irritanti o inabilitanti, in caso di dubbio non urgono …”. In tale ipotesi il matrimonio eventualmente contratto resterebbe valido. Tuttavia, in caso di ignoranza e di errore circa un impedimento, questo produce comunque i suoi effetti, a meno che non sia stato stabilito espressamente altro (can. 15 CIC). Inoltre, in quanto coartano il libero esercizio di un diritto, nella specie lo ius connubii, sono soggetti ad interpretazione in senso stretto (can. 18 CIC).

Impedimenti impedienti e dirimenti

Quanto alla schematizzazione offerta dal Codice vigente, occorre preliminarmente evidenziare che il CIC 17 distingueva tra impedimenti impedienti e impedimenti dirimenti. I primi comportavano solo una proibizione grave a costituire il matrimonio e l’eventuale trasgressione rendeva la celebrazione solo illecita, ferma restando la sua validità (can. 1036 § 1 CIC 17): gli unici impedimenti rientranti in questo gruppo erano il voto semplice e la mista religione. I secondi, invece, erano quelli che, se trasgrediti, rendevano invalida la celebrazione, anche in presenza di buona fede (can. 1036 § 2 CIC 17). Il CIC 83 elimina la suddetta distinzione, in quanto i Consultori ritennero che gli impedimenti impedienti avevano effetto soltanto da un punto di vista morale [10]. Fu così sancito che sono impedimenti matrimoniali solo quelli che rendono inabile la persona a contrarre validamente il matrimonio (can. 1073 CIC 83).

Classificazione degli impedimenti

Stando all’impianto codicistico, la più importante distinzione in materia di impedimenti è data dal can. 1074 CIC che, sulla base del criterio della pubblicità, li classifica in pubblici e occulti, a seconda che se ne possa provare l’esistenza in foro esterno o meno [11]. Ulteriori distinzioni attengono all’origine, per cui distinguiamo tra impedimenti di diritto divino oppure ecclesiastico (can. 1075 § 2). Rispetto alla gravità, gli impedimenti possono essere dispensabili, non dispensabili o riservati alla Sede Apostolica nel caso di impedimento proveniente dai sacri ordini o dal voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso di diritto pontificio o impedimento di crimine (can. 1078). Secondo il criterio temporale, la distinzione è tra impedimenti temporanei, se possono cessare (can. 1084 § 1), o perpetui se, invece, non possono cessare (can. 1165 § 2).

Il legislatore, altresì, ha stabilito che è esclusiva competenza della Suprema autorità della Chiesa, ossia il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi in comunione con il Papa ex cann. 331 e 336, istituire un impedimento di diritto ecclesiastico o dichiarare che un impedimento è di diritto divino (cann. 1075-1077) [12]. L’attuale CIC disciplina i seguenti impedimenti: età (can. 1083), impotenza (can. 1084), precedente vincolo (can. 1085), disparità di culto (can. 1086), ordine sacro (can. 1087), voto pubblico (can. 1088), rapimento (can. 1089), crimine (can. 1090), consanguineità (can. 1091), affinità (can. 1092), pubblica onestà (can. 1093), parentela legale (can. 1094).

Note

[1] P.A. D’Avack, «Impedimenti al matrimonio», in Enciclopedia del Diritto, vol. XX, Milano 1970, p. 251.

[2] P. Moneta, «Diritto al matrimonio e impedimenti matrimoniali», in Gli impedimenti al matrimonio canonico. Scritti in memoria di Ermanno Graziani, LEV, Città del Vaticano 1989, p. 16

[3] Paolo VI, Lettera enciclica Populorum progressio (26 marzo 1967), in A.A.S., 59 (1967), p. 276.

[4] L. Chiappetta, Il Codice di diritto canonico. Commento giuridico-pastorale, a cura di F. Catozzella, A. Catta, C. Izzi, L. Sabbarese, EDB, Bologna, 2011, p. 269.

[5] L. Sabbarese, Il matrimonio canonico nell’ordine della natura e della grazia. Commento al Codice di Diritto Canonico, Libro IV, Parte I, Titolo VII, Pontificia Università Urbaniana, Città del Vaticano, 2019, p. 187.

[6] A.M. Abate, Gli impedimenti matrimoniali nel nuovo codice di diritto canonico, in Apollinaris, 3-4, 1987, p. 452.

[7] R. Botta, «Impedimenti (Dir. Can.)», in Enciclopedia Giuridica, vol. XV, Roma 1989, pp. 2-3.

[8] V. De Paolis, A. D’Auria, Le norme generali. Commento al codice di diritto canonico. Libro primo, UUP, Città del Vaticano 2014, p. 115.

[9] G. Montini, «Gli impedimenti dirimenti in genere (cann. 1073-1076)», in P.A. Bonnet, C. Gullo (a cura di), Diritto matrimoniale canonico, vol. 1, LEV, Città del Vaticano 2002, p. 353.

[10] F.R. Aznar Gil, El nuevo derecho matrimonial canonico, Universidad Pontificia de Salamanca, Salamanca 1985, p. 197.

[11] M. Petroncelli, Diritto canonico, Jovene, Napoli 1989, p. 295.

[12] G. Caberletti, «Gli impedimenti matrimoniali», in M.J. Arroba Conde (a cura di), Manuale di diritto canonico, Lateran University Press, Città del Vaticano 2014, p. 192.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)

 

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