La Chiesa cattolica nella comunità internazionale

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Papa Francesco riceve il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, durante la sua visita del 20 dicembre 2019 (Fonte Vatican Media)

La Santa Sede nell’ordinamento internazionale

La Chiesa cattolica, nell’esercizio della sua missione nel mondo, ha sempre mantenuto una posizione di risoluta autorevolezza non solo nei rapporti coi singoli, ma anche in quelli con le comunità politiche.

Basti ricordare come Dante Alighieri, testimone lucido del suo tempo, proponesse l’immagine dei due “soli” per spiegare le relazioni che dovevano intercorrere tra i poteri universali, appunto, la Chiesa e l’Impero.

Se questo discorso era calzante in epoca medievale, quanto più la nascita degli Stati, legata alla frammentazione della Respublica Christianorum nell’età moderna, dovette manifestare l’esigenza di individuare un piano di dialogo per la tutela della posizione della Chiesa e dei suoi fedeli.

Questo piano è la comunità internazionale, nella quale gli Stati, le organizzazioni internazionali e, individuata come ente autonomo e indipendente, la Santa Sede, intessono i propri rapporti giuridici e politici.

Allo stesso modo con cui interagiscono gli Stati tra di loro, la Chiesa cattolica opera nella sfera internazionale.

Ad esempio, come gli Stati e le organizzazioni internazionali, così la Chiesa cattolica nei diversi Paesi istituisce rappresentanze, definite nunziature, che godono delle medesime garanzie e immunità delle ambasciate.

Non solo, il Romano Pontefice gode dello stesso status dei Capi di Stato e, cosa ancor più rilevante, ciò è sempre stato riconosciuto, anche quando, durante la Questione Romana (1870-1929), il Papa non aveva più un territorio su cui esercitare la propria sovranità temporale.

Ciò dimostra come la Santa Sede, intesa come organo di governo della Chiesa universale, goda di una personalità giuridica internazionale che prescinde dalla sussistenza dello Stato della Città del Vaticano, il quale, piuttosto, è un’ulteriore garanzia, perché sia resa visibile la potestà del Pontefice.

I concordati come accordi internazionali

Come si sviluppa la personalità internazionale della Sede Apostolica?

In questo primo approfondimento, ci soffermiamo sui concordati, cioè sugli accordi con cui la Santa Sede pattuisce con gli Stati una disciplina delle res mixtae, cioè delle materie che possono avere un rilievo comune sia per la normativa statale che per quella ecclesiastica.

Gli esempi di queste res mixtae sono vari e mutano con il tempo: se, originariamente, erano previste forme di immunità dalla giurisdizione statale per i chierici o il diritto d’asilo negli edifici di culto o, ancora, raccordi per la nomina congiunta dei funzionari ecclesiastici, oggi, il contenuto dei concordati è rivolto alla protezione dell’esercizio pieno della libertà religiosa dei fedeli.

Ricordiamo il riconoscimento degli effetti civili al matrimonio canonico e ai correlativi provvedimenti di nullità, la contribuzione statale alle attività caritative, il supporto all’istruzione religiosa, il riconoscimento della personalità degli enti ecclesiastici…

La base giuridica dei concordati è la stessa dei trattati, cioè la consuetudine internazionale per cui pacta sunt servanda; i patti, una volta conclusi e ratificati, devono essere rispettati.

Secondo la dottrina, ai concordati si applicherebbe la Convenzione di Vienna del 1969.

In questo atto sono indicate le modalità e i requisiti di stipula, i possibili vizi, i rimedi di soluzione delle controversie, i metodi di interpretazione dei trattati internazionali. Ne sarebbe una prova indiretta il fatto che la Santa Sede abbia aderito a questo accordo.

A dimostrazione della volontà della Sede Apostolica di adempiere i propri obblighi internazionali, il Codice di diritto canonico del 1983, al can. 3 dispone:

I canoni del Codice non abrogano le convenzioni stipulate dalla Sede Apostolica con le nazioni o con le altre società politiche né ad esse derogano; le medesime perciò continuano ad essere in vigore come al presente, non opponendosi in alcun modo le disposizioni contrarie di questo Codice.

Formulazione quasi identica si trova nel can. 4 del CCEO.

Certamente, la forza della Santa Sede non risiede nella potenza militare o economica, bensì nell’alto profilo e nella rilevante considerazione morale di cui gode nel panorama dei rapporti tra Stati.

Anzi, la sua posizione di apparente debolezza costituisce il punto di forza, come dimostrato testualmente dal Trattato del Laterano, nel quale la Santa Sede, pur dichiarandosi neutrale, mette a disposizione degli Stati la propria autorità morale e spirituale in vista della pace.

Bibliografia

 

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

 

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Andrea Micciché

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