L’età e il suo rilievo nell’ordinamento canonico

Tiziano, Allegoria della prudenza (Le tre età dell’uomo), 1565 circa, olio su tela, National Gallery, Londra

La maggiore età nel CIC

Nel libro primo, titolo sesto, capitolo primo, del Codice di diritto canonico, rubricato La condizione canonica delle persone fisiche si definisce il tema dell’età e dei limiti imposti da essa alla persona.

Il canone 97 §1 CIC ci informa che “la persona che ha compiuto diciotto anni, è maggiorenne; sotto tale età è minorenne”.

Con maggiore età si intende l’età nella quale il soggetto ottiene la capacità d’agire, ovvero quando può effettivamente mettere in atto comportamenti con validi effetti giuridici per l’ordinamento.

Pertanto, si distingue dalla capacità giuridica, che implica l’idoneità della persona di essere titolare di situazioni giuridiche soggettive, quali diritti e obblighi.

Il canone 96 spiega, dunque, come l’uomo ottenga la capacità giuridica nel diritto canonico, agganciandola al dato sacramentale: “Mediante il battesimo l’uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta”.

Il soggetto, dunque, ottiene diritti e doveri al momento della ricezione del sacramento del battesimo, l’effettività e la validità delle azioni poste in essere dal soggetto, però, vengono raggiunte solo al momento del compimento della maggiore età.

I minorenni e le norme canoniche

Mentre la distinzione tra maggiore e minore età è univoca, lo stesso però non si può dire dei minorenni, che sono presi in considerazione secondo tre stadi: il bambino o infans, al di sotto dei sette anni, il minore di 14 anni e il minore di 16 anni.

Con il progredire dell’età, il minore vede via via riconosciuti sempre più diritti e capacità. Punto di svolta cruciale all’interno dell’ordinamento canonico sono i sette anni.

Infatti, il canone 97 §2 descrive il momento così: “Il minorenne, prima dei sette anni compiuti, viene detto bambino e lo si considera non responsabile dei suoi atti, compiuti però i sette anni, si presume che abbia l’uso di ragione”.

A norma del canone 11, i bambini al di sotto dei 7 anni non sono tenuti alle leggi puramente ecclesiastiche a causa del mancante uso di ragione.

Un altro passo in avanti lo troviamo al raggiungimento dei 14 anni. A tale età l’ordinamento si riferisce in vari canoni.

Il canone 111 §3 evidenzia il fatto che qualsiasi battezzando, una volta compiuti i 14 anni di età, può scegliere liberamente di essere battezzato nella Chiesa latina o in un altra Chiesa sui iuris. In tal caso apparterrà alla chiesa che avrà scelto.

Il canone 1083 stabilisce, inoltre, l’età minima per contrarre validamente matrimonio per la donna a 14 anni.

Ancora, il canone 1252 decreta che alla legge dell’astinenza sono tenuti coloro che hanno compiuto 14 anni.

Nel libro VII, che riguarda i processi, troviamo il canone 1550, §1, che non ammette a fare da teste i minori al di sotto dei 14 anni e i deboli di mente.

Per il minore di 16 anni troviamo nell’ordinamento i canoni 1083, 1323 e 1324, che si occupano dell’ambito matrimoniale e penale.

Il canone 1083 stabilisce, come già fatto precedentemente per la donna, l’età minima per contrarre validamente matrimonio per l’uomo a 16 anni.

Il canone 1323 ci informa che non è passibile di alcuna pena chi, quando violò la legge o il precetto, non aveva ancora compiuto i 16 anni di età.

Nel canone 1324 viene decretato invece che: “L’autore della violazione non è esentato dalla pena stabilita dalla legge o dal precetto, ma la pena deve essere mitigata o sostituita con una penitenza, se il delitto fu commesso da un minore che avesse compiuto i 16 anni di età”.

Conclusa l’infanzia, si passa dunque alla maggiore età, stabilita nel codice del 1983 a 18 anni. Qui il legislatore ha voluto conformarsi con gli altri ordinamenti statuali, al contrario del Codice del 1917, che aveva fissato il raggiungimento dei 21 anni come criterio per al maggiore età.

Il canone 98 §2 rende presente che, quando non si ha ancora raggiunto la maggiore età, si è soggetti nell’esercizio dei propri diritti alla potestà dei genitori o dei tutori.

Per quanto riguarda la nomina di questi ultimi si applica il canone 22 del Codice, che opera un rinvio alle leggi civili.

Dunque, si osservano le disposizioni del diritto civile, a meno che non sia stabilito altrimenti dal diritto canonico o dal Vescovo diocesano, che in caso di giusta causa può designare un tutore nel foro ecclesiastico, se il tutore scelto dalle leggi civili non è ritenuto idoneo.

Altre previsioni in tema di età

Da tutto ciò si può evincere che a 18 anni si ottiene il pieno esercizio dei propri diritti. Quello che però è necessario tenere presente è che vi sono alcuni limiti imposti dall’età, vigenti anche per i maggiorenni.

Ad esempio, per la validità della professione perpetua si richiedono almeno 21 anni compiuti, per accedere al diaconato si richiedono 23 anni compiuti, per il presbiterato 25 anni, 30 anni per il vicario generale e 35 anni per il vescovo.

Dunque, non tutti i maggiorenni possono fare tutto, ma ciò non riguarda soltanto i limiti di età minimi come sopra indicati, ma anche i limiti di età massimi stabiliti dal diritto canonico.

Ricordiamo: a 75 anni di età i cardinali e i capi di dicastero sono pregati di rassegnare le loro dimissioni. Per coloro che non sono cardinali si ha una decadenza immediata, compiuta l’età stabilita.

A 75 anni di età si richiedono anche le dimissioni dei vescovi diocesani. Inoltre, ad 80 anni i cardinali perdono il diritto di essere elettori nel Conclave.

Tale limitazione avrebbe avuto la sua origine da una storia, la cui veridicità però non è stata mai attestata. Si narra che durante il Conclave che elesse Paolo VI, il futuro papa parlò con uno dei cardinali più anziani, che gli confidò di stare per votare un candidato al pontificato appartenente al conclave precedente e all’epoca già deceduto. Così apparentemente sarebbe nato il limite di 80 anni per essere elettori nel Conclave.

 

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

 

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Chiara Gaspari

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