«Dio sceglie in ogni tempo»: La Chiesa e le cause dei Santi, presupposti generali e fase diocesana

La domanda che forse più di frequente può sorgere in merito al bisogno di elevare agli onori degli Altari l’uno piuttosto che l’altro fedele cristiano è quella relativa al ruolo che i (futuri) Santi avranno all’interno della Chiesa, pellegrina sulla terra e militante nel Cielo. A questo interrogativo dà una risposta Giovanni Paolo II nella Costituzione relativa alla promulgazione delle norme circa le Cause di beatificazione dei Servi di Dio e canonizzazione dei Beati, affermando che «Dio sceglie in ogni tempo un gran numero di questi che, seguendo più da vicino l’esempio di Cristo, offrano una gloriosa testimonianza del Regno dei cieli con lo spargimento del sangue o con l’esercizio eroico delle virtù»[1]. Si comprende dunque che anzitutto la scelta trascende dalla volontà della Chiesa pellegrina perché è Dio stesso a scegliere e poi, il fedele scelto ha ruolo di testimone del Regno o con lo spargimento di sangue (Martire) o con l’esercizio eroico delle virtù. Ciò detto, bisogna doverosamente sottolineare che nel corso del tempo molte sono state, a partire da Sisto V, i Pontefici che hanno legiferato sui processi di beatificazione e canonizzazione [2], fino ad arrivare alle attuali disposizioni dettate nel 1983. La necessità di una così pingue legislazione in merito risiede appunto nella complessità della materia, sì giuridica, ma anche liturgica e teologica (più in generale).

A testimonianza di ciò, infatti, è la collocazione del “Tribunale dei Santi” presso la Congregazione dei riti fino al 1969 [3] ad opera di Paolo VI, il quale divise in due tale Congregazione erigendo de facto, la Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti e la Congregazione per le Cause dei Santi così come oggi le conosciamo. Di qui sorge l’interrogativo circa i criteri canonici super sanctitate: sono mutati o no? In buona sostanza la verifica delle virtù evangeliche eroicamente esercitate del fedele e dei segni da lui compiuti (i miracoli: sigillo di Dio sull’esistenza del Santo), nonché nel caso di martirio che egli sia effettivamente morto a motivo della fede. Per fare questo occorre un attento e non brevissimo processo che consta di due fasi.

Fatta tale doverosa premessa, utile alla comprensione della materia che andiamo trattando analizziamo più da vicino le norme che regolano attualmente il processo di beatificazione di un Servo di Dio e canonizzazione di un Beato, utilizzando quali exempla pratici gli Atti (pubblici)[4] del processo di beatificazione del Cardinale Arcivescovo di Milano Beato Alfredo Ildefonso Schuster o.s.b.

Anzitutto è utile individuare le due fasi del processo, ovvero la fase diocesana e la fase romana, quindi la fase di investigazione a livello locale e poi la fase di verifica e ulteriore investigazione a livello universale presso la Congregazione per le Cause dei Santi. Il soggetto cui compete l’indizione della prima fase è il Vescovo diocesano o tutte le Autorità ad esso equiparate a norma del can. 381 §2 C.I.C.; in particolare compete loro ex officio o ad instantiam partis[5] investigare circa la vita, le virtù o il martirio e fama di santità o martirio, i miracoli asseriti, e, se è il caso, l’antico culto del Servo di Dio, del quale viene chiesta la canonizzazione. Nella fattispecie la prima azione (che seguita al decreto di apertura della causa e nomina del Postulatore) del processo ordinario diocesano è la redazione della Informatio, ovvero del fascicolo di informazione circa la vita del Servo di Dio e sui motivi dell’Introduzione della causa medesima; potremmo per intenderci dire che questa prima redazione corrisponde al libellum di cui al can. 1502 C.I.C., nella Informatio sono anche contenuti quelli che potremmo intendere come i presupposti della causa.

A norma dell’art. 2 nn. 1-2-3 della Costituzione Divinus Perfectionis Magister, l’atto introduttivo, l’Informatio, contiene anzitutto le notizie relative alla biografia ed eventuali scritti; questa prima fase è fondamentale ai fini del processo stesso in quanto va ad indagare la vita del Servo di Dio ai fini di una prima verifica delle virtù e dell’esercizio di queste ultime da parte del fedele: risponde al dubium causæ e quindi alla opportunità di proseguire o meno, il nome completo del fascicolo, infatti è “Informatio super dubio: an eius causa introducendo sit”. Si noti una particolarità: anche nella fase diocesana, riconoscibile dall’intestazione di quello che abbiamo detto essere il libellum della causa di beatificazione e canonizzazione: «Mediolanen.» nel fascicolo che abbiamo ad esempio, ad indicare “Archidiocesis mediolanensis”, il destinatario dell’atto è il Romano Pontefice quale giudice ultimo di questo processo. Sarà, infatti l’atto del Pontefice, ovvero la firma del Deretum, il giudizio conclusivo del procedimento. Procediamo ad una breve, ma completa analisi del fascicolo.

Num. I[6]: i dati cronologici, la biografia del Servo di Dio, composta da un primo breve summarium, che evidenzia le tappe fondamentali e poi la completezza della biografia nella sua totalità, on precisione e dettaglio. In questa prima parte ritroviamo (in un parallelismo con il De processibus) il can. 1504 n.1 C.I.C., ovvero l’indicazione del tribunale presso cui si introduce la causa e l’indicazione di quale giudice sia individuato come competente: il tribunale è certamente quello diocesano (per la prima fase), ma il giudice è il Romano Pontefice, in forza del suo primato su ogni Chiesa particolare ex can. 333 §1 C.I.C.

Num. II[7]: viene scorporata dalla vita l’ultima parte, quella che congiunge la Chiesa pellegrina sulla terra a quella militante in Cielo, ovvero la morte del Servo di Dio, quell’evento della vita che apre alla Vita in Cristo.

Numm. III-VI[8]: una parte molto corposa, rispondente all’art. 2 nn. 4-5 della Divinus Magister e corrispondente ai nn. 2-3 del già citato can. 1504 C.I.C. è dedicata alle prove, ma ancor prima al diritto su cui si fonda la pretesa attorea, ovvero riconoscere (vedere riconosciuto) l’esercizio eroico delle virtù evangeliche e la peculiare testimonianza del Cristo da parte del Servo di Dio vissuto in quella Chiesa particolare, a beneficio della Chiesa universale. Gli argomenti fondanti delle prove sono: le prove in generale, ovvero le testimonianze di chi ha conosciuto il Servo di Dio; le prove circa la fama di santità ante et post mortem; i fondamenti della fama di santità e i doni soprannaturali. Un fascicolo a parte sarà riservato all’esercizio delle virtù.

Si allega in appendice al fascicolo dell’Informatio super dubio un Tabellarium, ossia una tabella dettagliatissima con i nomi dei testi intervenuti nel processo (fase diocesana), l’argomento della deposizione, la corrispondenza delle pagine all’interno del fascicolo.

Quest’ultimo, completo in ogni suo elemento è firmato dall’attore o suo procuratore[9], è poi trasmesso in duplice copia alla Congregazione per le cause dei Santi insieme a un esemplare dei libri del Servo di Dio esaminati dai censori teologici con il relativo giudizio. Il Vescovo inoltre deve aggiungere una dichiarazione sull’osservanza dei decreti di Urbano VIII sul non culto.

 

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Note

[1] cfr. Joannes Paulus PP. II, Constitutio Apostolica: Divinus Perfectionis Magister, 25 ianuarii 1983, in AAS, LXXV (1983), pagg. 349-35.

[2] cfr. Ivi, art. 1.

[3] cfr. Paulus PP. VI, Constitutio Apostolica: Sacra Rituum Congregatio, 8 maii 1969, in AAS, LXI (1969), pagg. 297-305.

[4] cfr. Copia Publica Transumpti Processus Ordinaria Auctoritate constructi in Curia Ecclesiastica Mediolanensi super fama sanctitatis vitæ, virtutum et miraculorum Servi Dei Alfredi Hildephonsi Schuster S.R.E. Cardinalis Archiepiscopi Mediolanensis (MCMLVII-MCMLXIII), 1964, vol. I.

[5] Fedeli o legittime aggregazioni con loro procuratori.

[6] cfr. Copia Publica Transumpti Processus, pagg. 2-26.

[7] crf. Ivi, pagg. 27-30.

[8] crf. Ivi, pagg. 30-77

[9] cfr. Joannes Paulus PP. II,  Divinus Perfectionis Magister, art. 2 n.6; da confrontare con il can. 1504 n.3 C.I.C.

 

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

 

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Cristian Lanni

Oblato Benedettino del Monastero di San Benedetto in Milano, è nato nel 1994 a Cassino, consegue, nel 2013 la maturità classica. Iscrittosi nello stesso anno alla Pontificia Università Lateranense consegue la Licenza in Utroque Iure nel 2018 sostenendo gli esami De Universo Iure Romano e De Universo Iure Canonico. Nel 2020 presso la medesima università pontificia consegue il Dottorato in Utroque Iure (Summa cum laude) con tesi dal titolo "Procedimenti amministrativi disciplinari e ius defensionis”. Nel maggio 2021 ha conseguito il Diploma sui "Delicta reservata" presso la Pontificia Università urbaniana, con il Patrocinio della Congregazione per la Dottrina della Fede e nel novembre 2022 il Baccellierato in Scienze Religiose presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, presso cui nel dicembre 2024 ha conseguito la Licenza con tesi in mariologia dal Titolo "Θεοτόκος. Factum ex muliere". Dal luglio 2019 è iscritto con nomina arcivescovile all'Albo dei Difensori del Vincolo presso la Regione Ecclesiastica Abruzzese e Molisana, operante nel Tribunale dell'Arcidiocesi di Chieti-Vasto, dal settembre dello stesso anno è docente presso l'Arcidiocesi di Milano. Nello stesso anno diviene Consulente giuridico presso Religiosi dell'Arcidiocesi di Milano. Dal giugno 2020 è iscritto con nomina arcivescovile all'Albo degli Avvocati canonisti della Regione Ecclesiastica Lombarda. Dal 2021 collabora con il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Sardo e come Consulente presso vari Monasteri dell'Ordine Benedettino e Congregazioni. Autore di vari articoli a carattere teologico per Le Grain de Blè e giuridici per Vox Canonica, è Docente e Coordinatore Scientifico per l’area canonistica in Forma Ecclesia e membro dell'Arcisodalizio della Curia Romana.

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