Istituzione e Promulgazione delle leggi ecclesiastiche, i canoni 7 e 8 del Codex Iuris Canonici, tra storia e prassi canonica

«Animato dalla carità e ordinato alla giustizia, il diritto vive!»[1]

Queste le stupende parole che San Giovanni Paolo II rivolse il 3 febbraio 1983 nell’aula delle Benedizioni a numerosi Cardinali, Vescovi, membri del corpo diplomatico, studenti di diritto canonico nel contesto della presentazione pubblica che seguì la promulgazione del nuovo codice di diritto canonico, che vide la luce dopo ventiquattro anni da quell’indimenticabile annuncio del santo papa Giovanni XXIII. 

Cari amici, ci troviamo oggi al primo appuntamento di questa rubrica da me guidata, “Explicatio canonum”, rubrica che vuole facilitare l’approccio al diritto canonico, aiutando chi legge, ad entrare in maniera facile ed ordinata allo studio dei sacri canoni. Non sarà certo impresa facile, seguiremo la stessa linea direttrice, andare oltre il canone in sé, cercando di scorgere il perché, il quid che ha mosso il Legislatore alla redazione dello stesso. Non ci fermeremo allora alla sola explicatio, ma andremo oltre, ricercando la ratio della norma.

In questo nostro primo appuntamento, parleremo delle leggi ecclesiastiche, che fanno capo al primo titolo del primo libro del codice, che si intitola: “le leggi ecclesiastiche”, nello specifico parleremo della istituzione e promulgazione di una legge ecclesiastica.

Il canone 7 dell’attuale codice così recita: “La legge è istituita quando è promulgata”, “Leges instituuntur, cum promulgantur” (can. 8 § 1 Codex Iuris Canonici 1917).  Il Codice non ci presenta una nozione di legge, bensì, rifacendosi al celeberrimo Decretum Gratiani ci dice che la legge è istituita quando è promulgata. Così il canone 8: “Le leggi ecclesiastiche universali sono promulgate con l’edizione della gazzetta ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis a meno che in casi particolari non sia stato stabilito un modo diverso di promulgare; […]” tralasciando i casi particolari, la forma ordinaria per promulgare una legge universale è la sua pubblicazione negli Acta, imponendo allo stesso tempo, alle autorità ecclesiastiche titolari della potestà legislativa, l’obbligo di disciplinare le procedure di promulgazione.

Gli Acta non sono altro che un Commentarium Officiale (bollettino ufficiale) della Santa Sede, tramite il quale vengono rese note e ufficializzate, tutte quelle norme, che avranno funzione di legge per la Chiesa universale.

Prima del 1909, quando con la Costituzione Apostolica Promulgandi (1908) di Pio X si stabilì che la promulgazione delle leggi avvenisse esclusivamente con la pubblicazione negli Acta, le leggi venivano affisse ad valvas, soprattutto nelle basiliche Lateranense e Vaticana e nelle Segreterie dei Dicasteri «Verum, quum promulgandae legis ratio et modus a legislatoris voluntate pendeat, cui integrum est constitutas innovare ac moderari formas, aliasque pro temporum ac locorum opportunitate sufficere; idcirco factum est, ut, vel anteactis temporibus, non omnes Apostolicae Sedis leges ac Constitutiones, memorata forma, hoc est consuetis Urbis affixae locis promulgarentur»[2]. Questa modalità si rivelò inadatta, poiché ci si rese conto come fosse complicato far giungere in altre parti del mondo le disposizioni della Sede Apostolica.

Il Codice indica anche il periodo della vacatio delle leggi ecclesiastiche, ovvero il tempo entro il quale la legge entra in vigore a tutti gli effetti, tre mesi per quelle universali ed un mese per quelle particolari (chiesa locale), ciò avviene proprio per facilitare la corretta ricezione della legge in sé da parte dei destinatari (persone fisiche o giuridiche).

Promulgare una legge e divulgarla non sono sinonimi, la sua divulgazione attende esclusivamente l’aspetto pastorale della norma, (catechesi, predicazione, mezzi sociali di informazione), non interessa, dunque, il suo aspetto strettamente giuridico.

Atteso ciò, è bene capire perché è necessario che le leggi siano promulgate; il fine della promulgazione è: sancire in modo inequivoco l’esistenza della legge, ciò comporta che nessuno ha l’onere di provare in giudizio l’esistenza della legge stessa, né tanto meno il suo contenuto, giacché  il tenore del disposto normativo è già sancito con la promulgazione stessa, di fatti il giudice ha l’obbligo di applicarla d’ufficio anche quando non invocata dalle parti in causa.

Aspetto non meno importante, e che sovente torna ad interessarci, è l’orientamento della legge al bene comune, non potrebbe essere diversamente quando parliamo di leggi ecclesiastiche. Una legge irrazionale infatti non potrà mai favorire il bene comune, dunque la razionalità è sempre requisito essenziale di una norma.

 

FONTI

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[1] Giovanni Paolo II, discorso per la presentazione ufficiale del nuovo Codice di Diritto Canonico, Città del Vaticano aula delle Benedizioni 3 febbraio 1983.

[2] Pio X, Costituzione Apostolica Promulgandi, 29 Settembre 1908.

 

 

“Cum charitate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Rosario Vitale

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Vox Canonica nasce nell’anno 2020 dal genio di un gruppo di appassionati giovani studenti di diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense.

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