Le Chiese ortodosse di tradizione costantinopolitana o bizantina non hanno avuto un codice come quello promulgato nella Chiesa cattolica, uno nel 1917 per la Chiesa latina, revisionato e riformulato nel 1983 alla luce dei deliberati e secondo lo spirito del concilio Vaticano II, o come quello per le Chiese orientali cattoliche promulgato nel 1990. Le Chiese ortodosse sono regolate dai Sacri canoni del primo millennio e dai propri Statuti emanati a varie epoche fino ad oggi dai rispettivi sinodi e nell’ordinamento giuridico statale in cui versano nelle rispettive nazioni. Nel breve scritto che segue cerchiamo di comprendere le maggiori questioni discusse.
Il concetto di legge canonica nelle chiese ortodosse
Nella concezione ortodossa, la legge canonica assume un carattere terapeutico-medicinale, senza perdere il suo valore legale e giuridico. Il ruolo ecclesiale dei sacri canoni è caratterizzato dalla loro indole ascetica, penitenziale e terapeutico-medicinale. È significativo al riguardo che le più divulgate collezioni canoniche moderne nell’ortodossia greca e slava abbiano ricevuto un titolo che evoca immediatamente le conoscenze necessarie ad una navigazione: si chiamano infatti «libro del nocchiero» (colui che guida una nave, il marinaio esperto): «Pedalion» in greco, «Kormcaja kniga» in slavo [1]. Le stesse e tante pene previste dai sacri canoni hanno sempre un carattere terapeutico nella prospettiva della «economia salvifica». Perciò, nell’applicazione dei sacri canoni, l’importanza della oikonomia ecclesiastica implica sempre la funzionalità della legge alla salvezza del singolo. La oikonomia ecclesiastica va oltre al procedimento dell’epikeia, della dispensa, della licenza, dell’indulto, e simili, del diritto occidentale.
Nell’accezione canonica o ecclesiastica il termine oikonomia, sebbene mai definito con esattezza, designa in pratica pastorale quel procedimento per cui si concede una deroga, temporanea o permanente, da una prescrizione canonica, a determinate condizioni, quando cioè così facendo si può procurare il maggior bene di un singolo fedele o della Chiesa intera, sempre che risultino salvaguardate la purezza del dogma e la pietà, quale si esprime in particolare nella vita liturgica e sacramentale [2].
Alcuni tentativi di codificazione
Negli ultimi decenni non sono state poche le voci in seno all’ortodossia che hanno auspicato un’iniziativa per un Codice comune nella prospettiva di una revisione o per lo meno di una «sistematicità, scientificità, ufficialità, autorità e dunque utilità». Pertanto, in vista del futuro santo e grande concilio, annunciato nel 1961 nella prima Conferenza panortodossa di Rodi e ancora in fase di preparazione, l’ortodossia ha avuto l’intenzione di intraprendere, per la prima volta un’opera di codificazione, non solo e non tanto perché stimolata dall’esempio della cristianità occidentale, ma soprattutto per rimediare alle apparenti incongruenze all’interno di un materiale così vasto e non ordinato sistematicamente e per casi, anche eclatanti, di canoni caduti in desuetudine [3].
Infatti, la prima Conferenza panortodossa di Rodi tra i temi stabiliti per il futuro santo e grande concilio dell’ortodossia aveva inserito anche «la codificazione dei Sacri Canoni e delle Prescrizioni canoniche, affinché possa in futuro ottenere l’approvazione di un concilio Ecumenico» [4]. La codificazione è intesa come una revisione dei canoni antichi nella prospettiva di un rinnovamento della Chiesa ortodossa: «La codification, exceptée l’ordonnance de nouveaux canons, se réfère à la révision des anciens. Cela indique la grande importance de l’œuvre de la codification pour la vie de l’Église, parce que on ne peut pas parler d’un véritable renouvellement de l’Église Orthodoxe sans la révision et la mise en ordre de la législation ecclésiastique» [5].
Tuttavia il progetto non ha avuto esito e l’opinione contraria è quella finora prevalsa. Le ragioni sono anzitutto ecclesiologiche, quelle già menzionate presso i teologi e canonisti bizantini. Da ricordare pertanto che i grandi canonisti bizantini del XII secolo Teodoro Balsamone, Giovanni Zonaras e Alessio Aristinos, nel loro commento a tutti i sacri canoni antichi, pur nella fedeltà al loro contenuto, non mancarono di evidenziare i necessari aggiornamenti [6].
Una più concreta esigenza di sistematizzazione
Più che una «revisione» dei canoni antichi o una nuova «codificazione», i teologi e canonisti ortodossi avvertono che la normativa canonica ortodossa, tuttora operante in uno stato di totale asistematicità, ha bisogno di sistematizzazione. Ciò è richiesto non solo dalla compresenza di canoni in apparente contraddizione oppure di reduplicazione in altri della medesima prescrizione nonché di persistenza di norme ormai cadute in desuetudine, in quanto oggi riconosciute occasionali al loro tempo o impraticabili, giustificate dalle circostanze storiche della loro promulgazione. Non è un caso che, anche in anni recenti, sia stato approntato nella Chiesa greca, da parte del metropolita di Corinto, Penteleimon Caranicolas, uno strumento intitolato “La Chiave dei sacri canoni”, proprio allo scopo di orientarsi immediatamente per temi ed argomenti in questo complesso di norme accostate tra loro in modo, a prima vista, del tutto eterogeneo [7].
Ma questa sistemazione richiederebbe anche una revisione; ad esempio, tutti quei canoni circa gli eretici condannati dai primi concili, ancora oggi applicati dalle Chiese ortodosse ai cattolici e protestanti, indicano la necessità di revisione. Pertanto si constata che proprio nei momenti di più acuta tensione tra le due Chiese, ortodossa e cattolica, la gerarchia greca si attiene scrupolosamente, nei confronti dei latini, all’osservanza della più rigorosa akribeia canonica degli antichi canoni, mentre nei momenti di rapporti più distesi si fa da parte ortodossa un più comprensivo uso della oikonomia ecclesiastica [8].
Note
[1] cfr. D. Salachas, Diritto canonico ortodosso, in pars-edu.it, 705.
[2] cfr. [Kotsonis 1971, 182; Petra 1991, 106.
[3] cfr. D. Salachas, Diritto canonico ortodosso, 703; Meyendorff 1972, 45; Anastasiou 1973, 41.
[4] Segreteria di preparazione del Santo e Grande sinodo della Chiesa Ortodossa 1971, 67.
[5] Archondonis 1970; 1973, 45.
[6] PG, CXXXVII e CXXXVIII.
[7] cfr. D. Salachas, Diritto canonico ortodosso, 706; Karanicolas 1970.
[8] De Halleux, 418-423.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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