L’impedimento di ratto nel can. 806 CCEO: uno sguardo comparativo tra la disciplina orientale e latina

Ratto
Gustave Caillebotte, Parigi in un giorno di pioggia, 1877, olio su tela, Art Institute of Chicago

Differenze di disciplina dell’impedimento di ratto tra la Chiesa Latina e le Chiese Orientali

Come spiegato in un precedente articolo, nella Chiesa Latina l’impedimento di ratto è regolato dal can. 1089 CIC-83, secondo cui «non è possibile costituire un valido matrimonio tra l’uomo e la donna rapita o almeno trattenuta allo scopo di contrarre matrimonio con essa, se non dopo che la donna, separata dal rapitore e posta in un luogo sicuro e libero, scelga spontaneamente il matrimonio».

In un’ottica comparativa, il presente contributo mira ad analizzare la disciplina del medesimo impedimento nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, il quale presenta alcune peculiarità e differenze rispetto a quello latino. Infatti, il can. 806 CCEO dispone: «Non può essere celebrato validamente il matrimonio con una persona rapita o almeno trattenuta in vista di celebrare con lei il matrimonio, a meno che in seguito non sia stata separata da chi l’ha rapita o trattenuta e, costituita in un luogo sicuro e libero, essa scelga spontaneamente il matrimonio».

Come si può osservare, mentre il Codice latino dirime il matrimonio soltanto qualora la parte rapita o trattenuta sia la donna [1], l’impedimento orientale si applica ad entrambi i sessi, con la conseguenza che, se fosse l’uomo ad essere rapito o trattenuto, il matrimonio sarebbe parimenti invalido [2].

Beninteso, la ratio della disposizione è quella di tutelare la libertà della persona e del suo consenso nuziale [3] e, dai lavori preparatori del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, si evince che l’introduzione di siffatto impedimento trae origine dalla frequenza dei rapimenti attestata nella giurisprudenza dei tribunali ecclesiastici orientali [4]. Non a caso, fin da «prima del m.p. Crebrae allatae, il Sinodo di Gerusalemme dei Melkiti, celebrato nel 1849, aveva esteso l’impedimento di rapimento anche all’uomo come soggetto passivo di esso» [5].

Inestensibilità dell’impedimento orientale ai fedeli latini

Parte della dottrina aveva cercato di sostenere l’applicabilità della disciplina orientale anche ai fedeli latini [6]. Tuttavia, tale tesi appare palesemente infondata, in quanto l’impedimento de quo non è di diritto naturale, potendo la libertà persino esistere nella persona rapita [7]. Invero, l’impedimento di ratto non si riferisce «tanto al momento della emissione del consenso, quanto piuttosto al processo di formazione della volontà matrimoniale, che deve essere scevro da ogni possibile condizionamento» [8].

Inoltre, tutti gli impedimenti, quali leggi inabilitanti, sono soggetti ad interpretazione stretta (cfr. can. 18 CIC-83 e can. 1500 CCEO), sicché, per quanto concerne i fedeli latini, non sarebbe lecito introdurre un’ulteriore limitazione del loro ius connubii, soprattutto perché essi sono soggetti solo alla legislazione della propria Chiesa sui iuris (cfr. can. 1 CIC-83 e can. 1 CCEO).

L’unica eccezione potrebbe essere il caso dei matrimoni misti tra una parte orientale e l’altra latina, poiché, ai sensi del can. 790 § 2 CCEO, l’impedimento rende invalido il matrimonio anche se sussiste per una sola delle parti. Nondimeno, nelle restanti ipotesi, il previo rapimento dello sposo latino potrà valorizzarsi soltanto come causa di un metus irritante a norma del can. 1103 CIC-83 [9] oppure come causa di simulazione ex can. 1101 § 2 CIC-83 [10].

Cessazione e dispensa dell’impedimento

Non vi sono differenze tra i Codici latino ed orientale circa la cessazione dell’impedimento di ratto: come anticipato, l’impedimento viene meno quando la persona, separata dal rapitore e condotta in un luogo sicuro e libero, scelga il matrimonio. In aggiunta, trattandosi di un impedimento di diritto ecclesiastico, esso è dispensabile da parte dell’Ordinario del luogo ex can. 1078 CIC-83 ovvero, nelle Chiese Orientali, da parte del Gerarca del luogo ex can. 795 § 1 CCEO.

Bibliografia

[1] Cfr. A. D’AURIA, Gli impedimenti matrimoniali, Città del Vaticano, 2007, p. 156.

[2] Cfr. Z. MAJ, Marital impediments in the light of Code of Canon Law and The Family and Guardianship Code, in “Ius Matrimoniale”, XXVIII (2017), n. 3, p. 14.

[3] G. BZDYRAK, Annulment of Marriage in Polish Law and Declaration of Nullity of Marriage in Canon Law – A Comparative Study, in “Review of Comparative Law”, XXVI-XXVII (2016), p. 80.

[4] Cfr. A. D’AURIA, Gli impedimenti, p. 154.

[5] L. SABBARESE, Il matrimonio canonico nell’ordine della natura e della grazia. Commento al Codice di Diritto Canonico Libro IV, Parte I, Titolo VII, 5° ed., Città del Vaticano, 2019, p. 223.

[6] Cfr. Z. MAJ, Marital impediments, p. 14.

[7] Cfr. P. GEFAELL, Diritto canonico orientale e statuto personale libanese, (L. CAPRARA, P. LOBIATI, A: SAMMASSIMO, curr.) Milano, 2020, p. 133.

[8] A. D’AURIA, Gli impedimenti, p. 154.

[9] Cfr. P. GEFAELL, Diritto, p. 133.

[10] Cfr. A. D’AURIA, Gli impedimenti, p. 159.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Picture of Marco Visalli

Marco Visalli

Lascia un commento

Iscriviti alla Newsletter