Salvador Dalì, Ritratto della famiglia Briggs, 1964, olio su tela, Collezione privata
Cosa si intende per matrimonio canonico
Tra i diritti fondamentali e inalienabili dell’uomo che scaturiscono immediatamente dalla natura e dalla dignità del suo essere persona, si annovera quello dello ius connubii, inteso come diritto di ogni individuo di scegliere liberamente il proprio stato di vita. Si tratta di un diritto personalissimo che indica, in ambito giuridico, la naturale inclinazione dell’uomo al matrimonio e che nessuna legge umana può togliere o coartare senza violare la stessa dignità umana.
Il matrimonio canonico rappresenta una realtà abbastanza complessa, essendo un istituto di carattere pubblico, sacro, sociale e giuridico che coinvolge aspetti di speciale rilevanza. Esso è disciplinato dal diritto divino, che rinviene la sua principale fonte nella Bibbia e dal diritto positivo della Chiesa, la cui fonte primaria è rappresentata dal vigente Codice di Diritto Canonico e da altre norme da essa emanate.
Il matrimonio può essere celebrato da soggetti capaci, innanzi da un ministro del culto cattolico e in presenza di due testimoni, nel rispetto della forma prescritta cui sono tenuti tutti i battezzati cattolici. Inoltre, si perfeziona mediante una espressa e scambievole manifestazione di volontà (c.d. consenso matrimoniale), tramite la quale un uomo e una donna costituiscono tra loro uno stabile consorzio di vita, improntato a mutua assistenza e solidarietà nell’intima unione delle loro persone ed ordinato alla generazione ed educazione della prole. Tra i battezzati è elevato a dignità di sacramento.
Aspetti giuridici del matrimonio canonico
Le disposizioni sul matrimonio canonico sono contenute nel titolo VII, parte I del Libro IV del Codice di Diritto Canonico del 1983. Il legislatore ecclesiastico considera primariamente e sostanzialmente il matrimonio nella sua qualità di sacramento. Pertanto, nel suo aspetto giuridico non si può prescindere dalla dignità sacramentale del matrimonio. Una prima definizione di matrimonio si trova nel can. 1055 § 1: ” Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento”. Nel n. 48 della Costituzione Conciliare Gaudium et Spes [1], il Concilio Vaticano II definisce il matrimonio come una “comunità di vita e di amore coniugale” che nasce dal “patto coniugale”, vale a dire dall’irrevocabile “consenso personale”.
Ciò che fa sorgere il matrimonio canonico è il consenso. Ciò viene espressamente chiarito nel can. 1057 §1 del Codice di Diritto Canonico del 1983 che stabilisce “L’atto che costituisce il matrimonio è il consenso delle parti manifestato legittimamente tra persone giuridicamente abili; esso non può essere supplito da nessuna potestà umana”. La disciplina del consenso matrimoniale canonico ha il proprio cardine fondamentale nel “principio di insostituibilità”. Il consenso è un atto umano e personalissimo che i due coniugi, liberi da impedimenti, devono manifestare legittimamente per dare vita al patto matrimoniale e deve essere manifestato legittimamente tra persone iure habiles, nel senso che possono contrarre matrimonio coloro che hanno capacità naturale e giuridica.
Il canone dice espressamente che il consenso deve essere manifestato legitime. Con questo termine il canone si riferisce alla forma canonica della celebrazione del matrimonio. Infatti, il consenso si manifesta legitime quando viene prestato secondo legge. La forma canonica è costituita dalle solennità giuridiche che regolano la manifestazione del consenso delle parti (cioè dei nubendi). Il can. 1057 §2, CIC 1983 definisce il consenso matrimoniale come “l’atto di volontà con cui l’uomo e la donna si danno e si accettano reciprocamente con patto irrevocabile, per costituire il matrimonio” [2].
Il consenso matrimoniale
Dunque, il matrimonio può prendere avvio solo dal mutuo e reciproco consenso tra i due nubendi; tale consenso è “irrevocabile” e pone in essere il matrimonio, ovvero “l’alleanza dei coniugi”, il consortium totius vitae, la condivisione di tutta la vita, per tutta la vita. Quindi l’oggetto del consenso è costituito dalla persona stessa dei contraenti, i quali si accettano e si donano in tutto il loro essere. Il consenso è ciò in cui risiede sostanzialmente il matrimonio. E’ attraverso la concorde volontà dei coniugi di mettere in comune la propria esistenza, anche in ciò che ciascuno ha di più intimo e personale, che nasce il matrimonio. Tale concetto viene espresso anche nell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI in cui il matrimonio è definito “una reciproca donazione personale” [3].
Il consenso matrimoniale genera le nozze e dà avvio alla vita coniugale, producendo immediatamente il suo effetto giuridico, ovvero l’instaurarsi di diritti e doveri per entrambe le parti, in sé è un unico atto, pur esprimendo simultaneamente un duplice impegno: la reciproca donazione e accettazione di se stessi all’altro coniuge e l’instaurarsi del coniugio, ovvero della vita matrimoniale. Col consenso nasce il matrimonio, quale viene delineato dal Codice: “la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole” (can. 1055).
Le finalità del matrimonio
Si intendono i fini basilari che l’ordinamento canonico prevede per il negozio; l’esclusione di essi provoca invalidità per difetto o vizio del consenso. Nel codice del 1917 i fini considerati erano tre, uno primario, il bonum prolis (la procreazione ed educazione dei figli), e due secondari, mutuum adiuutorium (sostegno morale) e remedium concupiscentiae (rimedio alla concupiscenza). Nel codice del 1983 tale gerarchia dei fini è stata abolita; esso riporta come fini del matrimonio il bonum prolis e il bonum coniugum (rispetto e sostegno del coniuge nei confronti dell’altro).
Il Concilio Vaticano II definisce il matrimonio come patto d’amore, promuovendo la dimensione dell’amore fecondo degli sposi come motore del matrimonio. L’insegnamento conciliare ispira il testo del can. 1055 §1 del Codice di Diritto Canonico che definisce l’unione coniugale: “la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole”.
Nel testo della Costituzione Gaudium et Spes si afferma, pure, che tanto il matrimonio come l’amore coniugale trovano il loro coronamento nella procreazione ed educazione della prole. I figli, infatti, sono un preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono pure al bene dei genitori. La nascita dei figli attribuisce al matrimonio un significato più pieno ed una ricchezza più profonda e rafforza l’amore coniugale costituendone il coronamento. Il “bonum coniugum” ed il “bonum prolis” sono strettamente collegati. [4]
Proprietà essenziali del matrimonio
Le proprietà inderogabili del matrimonio sono, secondo il canone 1056, l’unità e l’indissolubilità. Unità ed indissolubilità derivano dalla natura specifica del matrimonio che sono le proprietà essenziali del vincolo coniugale. Ai sensi del can. 1056 “Le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità, che nel matrimonio cristiano conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento”. Unità vuol dire che per ciascuna persona umana può esistere un solo marito (per la donna) e una sola moglie (per l’uomo). L’unione coniugale deve essere esclusiva. Dall’unità deriva l’obbligo di fedeltà. Indissolubilità vuol dire: per tutta la vita. L’unione coniugale è costituita dalla perpetuità, fino alla morte di uno degli sposi.
Tali qualità o proprietà sono considerate così fondamentali, che qualora fossero escluse da uno o da entrambi i coniugi, porterebbero alla invalidità del consenso e quindi del vincolo matrimoniale stesso. J. Hervada afferma: “l’essenza del matrimonio è l’unione di entrambi i coniugi che formano una sola carne” [5]. Il nucleo del matrimonio è il desiderio di un uomo e una donna di condividere l’intera vita, di porre in essere un’unione indissolubile ed unica che arrivi a formare una sola carne, un solo corpo. L’uomo e la donna, nel matrimonio, offrono in dono se stessi, totalmente, per sempre, con qualità, caratteristiche, pregi e difetti, nelle gioie e nei momenti di prova.
Al matrimonio canonico sono riconosciuti effetti civili
Il matrimonio canonico può acquistare piena efficacia giuridica anche di fronte allo Stato, tramite la sua trascrizione nei registri dello stato civile, ai sensi delle speciali disposizioni contenute nell’Accordo tra lo Stato Italiano e la Chiesa cattolica, stipulato in Roma il 18 febbraio 1984 (ratificato dal Parlamento italiano con la Legge n. 121 del 25 marzo 1985), a modifica delle loro precedenti intese in materia matrimoniale di cui al Concordato Lateranense, stipulato sempre in Roma nel 1929: di qui la denominazione di matrimonio concordatario.
Per tali motivi il ministro di culto cattolico deve dare lettura ai nubendi degli articoli del codice civile relativi ai diritti ed obblighi dei coniugi (artt. 143, 144 e 147), inoltre, devono essere redatti due originali dell’atto di matrimonio e l’atto di matrimonio deve essere trascritto nei registri dello stato civile.
Note
[1] Gaudium et Spes, n.48.
[2] CIC 1983, can. 1057 § 2. Consensus matrimonialis est actus voluntatis, quo vir et mulier foedere irrevocabili sese mutuo tradunt et accipiunt ad constituendum matrimonium.
[3] Humanae vitae, n.8.
[4] Gaudium et Spes, n. 48.
[5] J. Hervada, Studi sull’essenza del matrimonio, Milano, 2000, p. 262.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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