Le decretali “Quanto te magis” e “Gaudemus” in Domino di Innocenzo III

Innocenzo III

Continuiamo l’analisi del privilegio paolino nella sua evoluzione storica. Dopo aver analizzato qui il fondamento scritturistico e patristico di questo istituto, bisogna tenere in conto la sua disciplina nel Medioevo.

In particolare, due decretali di Innocenzo III (1161-1216), Quanto te magis e Gaudemus in Domino, segnano un ideale spartiacque nella disciplina del privilegio paolino, dalle quali la dottrina e la legislazione non potranno più prescindere.

Punto di partenza è la conferma della validità del matrimonio tra non battezzati: infatti, il Pontefice dichiara, in Quanto te magis, che tra non battezzati esiste un vero contratto matrimoniale, mentre, in Gaudemus in Domino, che anche il matrimonio tra non battezzati è indissolubile.

Però, si tratta, comunque, di un matrimonium non ratum, privo del carattere della sacramentalità, che necessariamente presuppone il battesimo:

Un dettaglio non secondario permette di apprezzare l’attenzione della Chiesa per tali unioni: con riferimento alla seconda decretale, si riconosce la validità del vincolo anche nel caso in cui non siano rispettati impedimenti di diritto ecclesiastico (nella specie, si trattava di gradi di consanguineità).

Essendo il matrimonio istituito primariamente nell’ordine naturale, gode di una propria regolamentazione autonoma, che non è sostituita da quella ecclesiastica, bensì è perfezionata.

Proprio poiché la ricezione del battesimo da parte di entrambi i coniugi ha effetti di perfezionamento e stabilizzazione del vincolo – che diverrà pienamente indissolubile –, nell’eventualità di una successiva caduta nell’eresia o nell’apostasia non si potrà applicare più il privilegio paolino, ma sarà concesso il solo rimedio della separazione con permanenza del vincolo.

In primo luogo, la decretale Gaudemus in Domino precisa i presupposti di applicazione del privilegio paolino, ossia quando il coniuge pagano non intende in alcun modo coabitare con il battezzato; oppure, quando il coniuge pagano intende coabitare, ma con offesa al Creatore; oppure ancora, quando il coniuge pagano induce il battezzato al peccato mortale.

In secondo luogo, esplicita il momento in cui si realizza lo scioglimento: Innocenzo III stabilisce che è solo con la celebrazione delle nuove nozze del battezzato – e non con il mero abbandono – che si compie il privilegio paolino e, se entro questo termine, l’altra parte si converte, dovrà essere ricostituita la coabitazione.

Le soluzioni adottate dalla Sede Apostolica sono motivate dall’esigenza di contemperare due situazioni confliggenti: da un lato, vi è il favor Christianae religionis et fidei, dall’altro l’indissolubilità del matrimonio, anche non sacramentale.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Andrea Micciché

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