L’alchimia della costituzione familiare: tra progresso e tradizione

famiglia

Oggigiorno è oggetto di grandi evoluzioni e cambiamenti la nozione di famiglia e specialmente si discute su come quest’ultima possa essere concepita. Il concetto tradizionale appare infatti ormai obsoleto e antiquato rispetto ad una società che è in continua trasformazione, soprattutto non sembra più soddisfare i bisogni e tutelare i nuovi diritti umani; tuttavia il problema è molto più complesso, pertanto ora lo si vuole esaminare sotto due profili giuridici che s’intrecciano a vicenda: quello canonico e quello costituzionale-civile, che trovano un loro comune minimo denominatore nel rispetto del diritto naturale.

Profili canonistici della famiglia: can. 1055 §1

Sotto il primo profilo, il canone in questione è il 1055 §1: «Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento». Il canone stabilisce che il patto coniugale è ordinato alla procreazione e all’educazione dei figli, ed è elevato alla dignità di sacramento; si descrive la società coniugale che nasce dal patto come consortium totius vitae; dunque si può dire che c’è matrimonio solo se questo è ordinato alla famiglia.

Si evince pertanto un richiamo alla Costituzione Gaudium et Spes, n. 48: «L’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dall’alleanza dei coniugi, vale a dire dall’irrevocabile consenso personale. E così, è dall’atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l’istituzione del matrimonio, che ha stabilità per ordinamento divino. In vista del bene dei coniugi, della prole e anche della società, questo legame sacro non dipende dall’arbitrio dell’uomo. Perché è Dio stesso l’autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini: tutto ciò è di somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e la sorte eterna di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana»[1].

Giovanni Paolo II

Questo concetto viene ribadito anche da Giovanni Paolo II nella lettera alle famiglie n.7 : «La famiglia è stata sempre considerata come la prima e fondamentale espressione della natura sociale dell’uomo. Nel suo nucleo essenziale questa visione non è mutata neppure oggi. Ai nostri giorni, però, si preferisce mettere in rilievo quanto nella famiglia, che costituisce la più piccola e primordiale comunità umana, viene dall’apporto personale dell’uomo e della donna. La famiglia è infatti una comunità di persone, per le quali il modo proprio di esistere e di vivere insieme è la comunione: communio personarum. Anche qui, fatta salva l’assoluta trascendenza del Creatore rispetto alla creatura, emerge il riferimento esemplare al «Noi» divino. Solo le persone sono capaci di esistere «in comunione». La famiglia prende inizio dalla comunione coniugale, che il Concilio Vaticano II qualifica come «alleanza» nella quale l’uomo e la donna «mutuamente si danno e si ricevono»[2].

Profili costituzionali della famiglia: l’art. 29 Cost

Sotto il secondo profilo, dal dibattito dei costituenti, emerge anche il ruolo fondamentale di sostegno e di aiuto dello Stato alla famiglia: secondo il dettato costituzionale non può esistere famiglia, se questa non è fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. L’art. 29 a tal proposito recita: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»[3]. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare. Nella misura in cui questa formazione sociale è produttiva di trame di relazioni interpersonali, da cui derivano diritti e doveri, per il divenire della persona e per il bene della società, si richiede un atto formale e solenne per la sua costituzione con il quale coloro che intendono realizzare una famiglia si assumono coram omnibus i diritti e i doveri che conseguono alla scelta assunta.

A fondare questa concezione ha contribuito l’antropologia cristiana, ma sono la Corte Costituzionale italiana e la Corte di Giustizia europea a sostenerla attraverso sentenze recenti. Negli ultimi tempi, si sta mettendo in discussione l’origine naturale asserendo a nuovi generi di famiglie, pur riconoscendo infatti i diritti di taluni soggetti quali primari ed essenziali tuttavia, non è possibile, per la medesima ragione, tutelarli in una unione al pari di quella naturale, e questo non per alcuna discriminazione, ma per l’integrità e salvaguardia dell’istituto famiglia. Esso è nato come comunione di rapporti naturali, come artigiano di vita, il cui amore è procreatore di altro amore; un legame diverso da questo non porta a siffatto risultato e come tale non può definirsi. Ciononostante, è un dovere riconoscere la dignità di ogni persona umana, pertanto bisogna garantire i diritti del singolo in tutto il suo essere, senza alcun pregiudizio in merito alla propria identità, ma non l’unione di queste al pari della medesima costituzione familiare della quale risulta esserci incompatibilità proprio per natura.

La vera natura del matrimonio-famiglia: donare e tutelare la vita

L’errore, infatti, sta proprio nel fatto che oggi l’attenzione del diritto è rivolta alla realizzazione dei desideri umani, al compiacimento del cittadino, dimenticandosi però di tutelare la parte più debole che in questo caso è rappresentata dalla prole. Il matrimonio è sorto proprio per custodire quel processo di creazione-generazione che porta a vita il quale non è il risultato, né di una relazione poligamica, né omosessuale o di altro genere, ma solo di un incontro di amore tra un uomo e una donna, dal quale partorisce la persona.

Note

[1] Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et Spes, disponibile online in: https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html;

[2] https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/1994/documents/hf_jp-ii_let_02021994_families.html;

[3] Costituzione della Repubblica italiana, art. 29, disponibile in: https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione/parte-i/titolo-ii/articolo-29.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Francesco Siciliano

Francesco Siciliano

Sono nato a Cetraro il 24/01/90. Dopo la maturità scientifica, ho conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso l'Università della Calabria nel 2015 con una tesi in biogiuridica dal titolo "Il diritto al dolore: sacrificio da sopportare o condanna da non tollerare?", oggetto di prima pubblicazione nel testo "la bioetica come ponte tra società e innovazione", P. B. Helzel - A. Sergio, Aracne editrice 2016. Pochi anni dopo l'ingresso in seminario ho acquisito il titolo per l'esercizio alla professione forense presso il Tribunale della Corte di Appello di Catanzaro. Durante gli anni di studi di filosofia a Cosenza nel 2016 ho scritto sulla rivista Fides Quaerens. Ho in seguito conseguito il Baccalaureato in Teologia presso la Pontificia Università dell'Italia Meridionale, sez. San Tommaso in Napoli con una tesi in teologia del diritto dal titolo "Dal dolore alla guarigione con il sacramento della misericordia". Recentemente sono stato ordinato presbitero il 30 Aprile 2022 e sono studente a Roma in Diritto Canonico presso la Pontificia Facoltà della Santa Croce.

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