Primo anno Vox Canonica: Intervista al Cardinale Péter Erdő

Erdő

Celebriamo oggi il primo anniversario della fondazione del nostro Giornale!

Vogliamo ringraziare tutti i nostri lettori e le nostre lettrici per la vicinanza e l’affetto che ci hanno dimostrato seguendoci costantemente.

Per questo traguardo, Vox Canonica ha l’onore e il piacere di intervistare una colonna del diritto canonico, un infaticabile studioso che ha svolto una poderosa attività scientifica, avendo all’attivo 250 saggi e venticinque volumi nell’ambito del diritto canonico e della storia del diritto canonico, il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo metropolita di Esztergom-Budapest e primate d’Ungheria.

1) Eminenza, negli anni della Sua formazione, lo studio del diritto canonico fu una Sua libera scelta o furono i Suoi formatori ad invogliarLa? Ci racconti com’è nato l’amore per il diritto canonico.

Il diritto canonico è stato una mia libera scelta.

Già alla facoltà teologica di Budapest, ho scritto la mia tesi di dottorato sulle basi filosofiche e teologiche del diritto canonico negli scritti di Niccolò Cusano.

Mio padre, alla fine degli anni ’40, era tra gli ultimi che alla facoltà di giurisprudenza civile hanno studiato anche il diritto canonico.

Come seminarista nella prima metà degli anni ’70 ho visto da vicino, da una parte, le discussioni sulla legittimità del diritto canonico nella Chiesa e, dall’altra, il bisogno di considerare con chiarezza la normativa vigente dopo le riforme conciliari, ma prima del nuovo Codice.

Ho visto, quindi, la grande necessità di questa disciplina per la vita della Chiesa.

2) Spesso si tende a considerare con sfavore il diritto canonico nel complesso dell’azione della Chiesa nel mondo. Come, secondo Lei, il diritto canonico e, più in generale, l’esercizio della giustizia contribuiscono alla vita del popolo di Dio e alla missione salvifica della Chiesa?

La stessa esistenza della Chiesa ha un aspetto istituzionale, cioè giuridico.

Per questo scrive San Giovanni Paolo II che il diritto canonico è connaturale con la Chiesa.

Nell’ebraismo dell’epoca di Cristo, non esistevano gruppi e movimenti religiosi senza un aspetto istituzionale.

I discepoli di Gesù si consideravano membri del popolo messianico, del popolo di Dio rinnovato nella sua vocazione. 

3) Il diritto canonico si muove tra continuità e innovazione, per adempiere il fine ultimo della salus animarum; quali sono, secondo Lei, gli interventi più urgenti per adattare la normativa della Chiesa ai tempi attuali?

La normativa universale della Chiesa esprime bene la visione e il programma del Concilio Vaticano II.

Certo che nella regolamentazione dei dettagli possono avvenire dei cambiamenti utili.

Forse, riguardo alla realtà dei movimenti spirituali nella Chiesa e al mondo degli istituti di vita consacrata con la loro larghissima esenzione dalla competenza dei vescovi sembra esserci una certa tensione con il grande accento che il Concilio ha messo sulle Chiese particolari e sul ministero dei vescovi.

In generale, assistiamo ad un certo cambiamento tecnico.

Vengono introdotte molte modifiche nel testo dei codici e, a differenza della legislazione degli stati contemporanei, non esiste ancora un sito internet ufficiale dove tutte le norme giuridiche universali possano trovarsi in forma aggiornata. Inoltre, pure nei Paesi non troppo grandi e non troppo ricchi, esiste un bollettino ufficiale che viene pubblicato in forma cartacea e digitale.

Riguardo alle norme giuridiche universali della Santa Sede, i testi si trovano in tempo reale sulla homepage del Vaticano, ma la promulgazione ufficiale avviene o sull’Osservatore Romano, che non è un organo specializzato per i testi giuridici, o sugli Acta Apostolicae Sedis, che pubblica i testi con notevole ritardo.

4) Papa Francesco ha improntato il proprio pontificato sul principio della sinodalità. La Chiesa, nel suo itinerario storico, ha plasmato in diversi modi l’esercizio del munus regendi: quali sono le sfide attuali del governo ecclesiastico?

La Chiesa compie la sua missione in Paesi diversi fra circostanze giuridiche, sociali, politiche radicalmente diverse.

Ci sono molti meccanismi previsti dal diritto universale che, nel contesto di una Chiesa oppressa o perseguitata, semplicemente non funzionano.

Prima del 1990, in certi Paesi non potevano esistere delle Conferenze Episcopali. Negli anni 1950-1960 anche in Europa c’erano Paesi dove i vescovi regolarmente nominati non potevano compiere per niente la loro missione o dove le diverse elezioni non potevano essere libere.

Tuttora, sembra che siano presupposte da parte dell’autorità ecclesiastica tante funzioni per le quali in certe Chiese particolari o mancano le forze necessarie, o manca la libertà necessaria.

Per dare un esempio, è presupposto che le diocesi devano assicurare il congruo sostentamento dei loro sacerdoti. E se strutturalmente non sono in grado di assicurarlo? Devo pensare spesso a certe situazioni in Africa e altrove.

Un’altra simile situazione può verificarsi nel diritto penale. Ci sono dei reati ecclesiastici per l’accertamento dei quali l’autorità ecclesiastica semplicemente non ha i mezzi giuridici per indagare il sospetto di reato secondo la legislazione del rispettivo Stato.

Riguardo a certi Paesi il diritto canonico presuppone una posizione più forte per la Chiesa e per le sue autorità di quanto esse godono realmente. Manca pure la regolamentazione giuridica dello stato di emergenza (per es.: persecuzione, ecc…).

5) In questo momento storico, in Europa la fede è sempre più vista con sospetto e le comunità sociali e politiche si allontanano sempre di più dai valori cristiani. Secondo Lei, il messaggio evangelico e la riflessione cattolica, che si è dispiegata lungo la storia, hanno ancora qualcosa da dire al giurista di oggi?

Il giurista di oggi soffre sotto la crisi generale del diritto come tale.

Ci sono delle correnti abbastanza diffuse, secondo le quali la vita della società, ossia il comportamento dei singoli e dei gruppi, può essere regolato o influenzato senza morale e senza diritto, attraverso manipolazioni mediatiche, economiche e biologiche, ecc.

Sembra, quindi, che i responsabili per il funzionamento di un sistema normativo (civilisti, giuristi, canonisti, moralisti) remino nella stessa barca. L’esistenza di Dio e del messaggio salvifico di Gesù è attuale per le nuove generazioni, perché sono dei fatti elementari della nostra esistenza.

6) Potrebbe indicarci un testo che Le è stato d’aiuto nei Suoi anni di formazione o che semplicemente possa aiutare chi si approccia alla materia?

Se volete sapere quali erano i professori che hanno avuto un corso splendido ed hanno raccomandato un testo chiarissimo qui al Laterano alla fine degli anni ’70, potrei menzionarne molti, ma vorrei ricordare specialmente due corsi, uno di Pio Ciprotti sul diritto civile, con il manuale classico – che ci ha raccomandato – di Santoro Passarrelli, e Javier Ochoa, il quale, per il suo corso di diritto processuale, ha raccomandato il manuale del suo confratello Goyenche.

7) Potrebbe lasciare un messaggio ai nuovi canonisti che si approcciano al diritto della Chiesa?

Vorrei ripetere quell’incoraggiamento che ho ricevuto da Papa San Paolo VI nel 1977, quando il mio vescovo in un’udienza privata ci ha presentato come nuovi sacerdoti borsisti della sua diocesi.

Quando il Santo Padre ha sentito che avrei incominciato a studiare diritto canonico al Laterano, mi ha detto: “Ah… diritto canonico. Lo faccia con grande entusiasmo, perché questo è molto importante per la vita della Chiesa”.

Ringraziando ancora Sua Eminenza per le bellissime parole che ci ha regalato, desideriamo segnalare ai lettori un evento che vedrà il Cardinale presentare il suo nuovo libro dal titolo Il Diritto Canonico tra salvezza e realtà sociale. Daremo notizia di questo evento più avanti. 

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)

 

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Rosario Vitale

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