Il canone 635 e la disciplina dei beni degli Istituti di Vita Consacrata

Beni degli Istituti di Vita Consacrata
Sassetta, Sposalizio mistico di San Francesco, 1450 ca., tempera su tavola, Museo Condé, Chantilly

Il canone 635 assolve a due funzioni nell’architettura normativa: la prima è quella di caratterizzare i beni degli istituti di vita consacrata come ecclesiastici, attraverso il riferimento generale al libro V; la seconda è la definizione dei limiti tra diritto universale e diritto proprio.

La connotazione del carattere ecclesiastico dei beni conferma la natura pubblica delle persone giuridiche che li possiedono, e rafforza l’idea della strumentalità del patrimonio rispetto ai carismi. Secondo la sua formulazione letterale, la norma non si applicherà ai beni personali dei religiosi, né ai beni che sono provvisoriamente a disposizione dell’istituto, ma che appartengono ad altri enti.

Tra diritto universale e diritto proprio

Le fonti che regolano la materia devono essere individuate, in primo luogo, nel diritto canonico patrimoniale universale, sia generale che speciale, cioè quello stabilito nei cann. 634-640 e nelle altre prescrizioni extra-codiciali relative alla vita consacrata, e nel diritto proprio. Per quanto riguarda il contenuto di quest’ultimo, il § 2 stabilisce con una formula generica e onnicomprensiva che il diritto proprio deve stabilire le regole sull’uso e l’amministrazione dei beni, comprendendo per endiadi tutta la gestione economica, dall’assegnazione delle responsabilità alla contabilità; dagli obblighi di inventario alla preparazione dei bilanci; dalla disciplina dei dipendenti dell’istituto ai limiti nello svolgimento di determinate operazioni; dalle procedure decisionali alla trasparenza, e così via.

I beni al servizio del carisma

Il § 2, tuttavia, non si ferma alla divisione delle competenze, ma indica un orientamento teleologico, cioè la promozione, la salvaguardia e la testimonianza della povertà, che è proprio dell’istituto. In altre parole, il legislatore ha voluto, da una parte, assicurare una giusta autonomia agli istituti di vita consacrata, che incarneranno il consiglio evangelico della povertà secondo l’ispirazione carismatica fondatrice, e, dall’altra, offrire un parametro fondamentale per valutare la congruenza delle norme dettagliate con l’essenza dello stato di perfezione.

Nella tecnica redazionale si nota l’adesione ai principi di sussidiarietà e peculiarità che il Coetus studiorum “De Institutis perfectionis” suggeriva per la riforma del Codice. Il diritto universale, anche a livello patrimoniale, non appiattisce la poliedrica varietà delle esperienze, ma stabilisce un limite minimo di riconoscimento della vita religiosa, oltre il quale ogni istituto, conservando e approfondendo lo spirito del fondatore, svolgerà la propria missione.

Riferimenti bibliografici

  • Congregazione IVC, Circolare  Linee orientative per la gestione dei beni negli Istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica, Città del Vaticano, 2014.
  • Congregazione IVC, Economia al servizio del carisma e della missione. Boni dispensatores multiformis gratiae Dei. Orientamenti, Città del Vaticano, 2018.
  • V. De Paolis, La vita consacrata nella Chiesa, edizione ampliata a cura di V. Mosca, Venezia, 2010.
  • F. Iannone, «Recenti documenti della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica: conferme e novità giuridiche», Ius Ecclesiae, 21, 2, 2019, 661-680.
  • S. Paolini, «Il consiglio evangelico della povertà e la gestione dei beni temporali», in A. Aste (a cura di), Povertà evangelica, missione e vita consacrata. I beni temporali negli Istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica, Venezia, 2016, 41-64.
  • T. Rincón Pérez, La vida consagrada en la Iglesia latina. Estatuto teológico-canónico, Pamplona, 2011.

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

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Immagine di Andrea Miccichè

Andrea Miccichè

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