Processo di nullità matrimoniale e servizio giuridico-pastorale previo

nullità
Rufino Tamayo, ritratto matrimoniale

Il Motu Proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus”

Con la lettera Apostolica in forma di Motu Proprio, Mitis Iudex Dominus Iesus, il Sommo Pontefice Francesco, ha modificato il processo canonico per le cause di nullità del matrimonio nel codice di diritto canonico. Il M.I.D.I, promulgato l’8 settembre 2015, reca la data del 15 agosto 2015 e ha previsto un termine di vacatio legis fino all’8 dicembre 2015. Anche per i processi in corso a tale data, è stata applicata la disposizione che abroga il sistema della “doppia conforme”, per cui, la dichiarazione di nullità pronunciata in un unico grado e non impugnata nei termini è esecutiva.

Il documento si può dividere in tre parti: il proemio, il corpo dispositivo e le Regole Procedurali. All’interno del proemio, di certa rilevanza, quantomeno per l’interpretazione delle norme che seguono, è l’elenco degli otto criteri fondamentali che hanno guidato l’opera della riforma. Al termine del proemio si enuncia con chiarezza la portata innovativa del M.I.D.I : «[…] decreto e statuisco che il Libro VII del Codice di Diritto Canonico, Parte III, Titolo I, Capitolo I sulle cause per la dichiarazione di nullità del matrimonio (cann. 1671-1691), dal giorno 8 dicembre 2015 sia integralmente sostituito come segue». La legislazione, dunque, si pone in termini di integrale sostituzione della precedente normativa.

I canoni interessati alla riforma vengono raggruppati per materia in sette articoli:

  • art. 1: Il foro competente e i tribunali (cann. 1671 – 1673);
  • art. 2: Il diritto di impugnare il matrimonio (can. 1674);
  • art. 3: L’introduzione e l’istruzione della causa (cann. 1675 – 1678);
  • art. 4: La sentenza, le sue impugnazioni e la sua esecuzione (cann. 1679 – 1682);
  • art. 5: Il processo matrimoniale più breve davanti al Vescovo (cann. 1683 – 1687);
  • art. 6: Il processo documentale (cann. 1688 – 1689);
  • art. 7: Norme generali (can. 1691).

Le regole procedurali

Si mantiene, dunque, invariato il precedente numero dei canoni, ma vi si aggiungono le R.P. che si pongono quale parte integrante il dispositivo di nuovi canoni. Al termine della novella (dopo l’art. 7, dunque) seguono quattro disposizioni che precedono la firma di Papa Francesco. La seconda di queste riguarda proprio le R.P.: «Al presente documento vengono unite delle regole procedurali, che ho ritenuto necessarie per la corretta e accurata applicazione della legge rinnovata, da osservarsi diligentemente a tutela del bene dei fedeli». L’art. 6 delle R.P. chiarisce ulteriormente sul punto «[…] dal momento che il Codice di diritto canonico deve essere applicato sotto tutti gli aspetti, salve le norme speciali, anche ai processi matrimoniali, a mente del can. 1691 § 3, le presenti regole non intendono esporre minutamente l’insieme di tutto il processo, ma soprattutto chiarire le principali innovazioni legislative e, ove occorra, integrarle». Se, dunque, le R.P. hanno facoltà integrativa, non si può non ammettere che abbiano rango pari ai canoni che le precedono.

Le R.P. si aprono con un breve proemio proprio che, da una parte ricollega il M.I.D.I. ai lavori sinodali, dall’altra indica il dovere del Vescovo di rendersi prossimo ai fedeli che richiedono l’accertamento della verità del vincolo del loro matrimonio fallito. Seguono ventuno articoli divisi per materia in sei titoli che riprendono la ripartizione in articoli della novella; i primi sei articoli, invece, non sono raggruppati in alcun titolo. La struttura è quindi:

  • artt. 1-6;
  • Titolo I: Il foro competente e i tribunali (artt. 7-8);
  • Titolo II: Il diritto di impugnare il matrimonio (art. 9);
  • Titolo III: L’introduzione e l’istruzione della causa (artt. 10-11);
  • Titolo IV: La sentenza, le sue impugnazioni e la sua esecuzione (artt. 12-13);
  • Titolo V: Il processo matrimoniale più breve davanti al Vescovo (artt. 14-20);
  • Titolo VI: Il processo documentale (art. 21).

L’indagine pregiudiziale o pastorale

Per esaminare le disposizioni comuni ai due tipi di processo presenti nel M.I.D.I., occorre analizzare la descrizione del servizio giuridico-pastorale previo all’eventuale introduzione della causa. Tale servizio è espressione della sollecitudine pastorale della Chiesa verso i «fedeli separati o divorziati che dubitano della validità del proprio matrimonio o sono convinti della nullità del medesimo», rappresenta un aspetto della “conversione delle strutture” voluta da Papa Francesco ed è «orientato a conoscere la loro condizione e a raccogliere elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo giudiziale, ordinario o più breve» (art. 2 R.P.).

In primo luogo, si può segnalare che l’indagine di cui si tratta viene definita dall’art. 3 R.P. una “consulenza”. Ciò implica che se, da una parte, si configura il dovere dell’Ordinario di provvedere ad un servizio idoneo, dall’altra vi è il diritto del fedele a fruirne, ma non il dovere. In altri termini, l’indagine previa sembra potersi configurare come una possibilità offerta al fedele in favore della verità del vincolo e della celerità dell’eventuale processo [1] e quindi non come un passaggio dovuto per la rituale introduzione della causa di nullità matrimoniale.

La strutturazione del servizio in parola, alla luce delle R.P., è abbastanza flessibile: potrà essere svolto a livello parrocchiale o diocesano (art. 2 R.P.) e gli operatori saranno scelti dall’Ordinario del luogo. In realtà, l’art. 3 R.P. parla non di scelta, né di nomina, ma di idoneità e di approvazione: sembrerebbe che il Legislatore abbia voluto propendere per un ampio bacino di scelta degli operatori che venga integrato non mediante il sistema di nomina, ma attraverso una idoneità, che consenta di formare un elenco di operatori cui si possa attingere di volta in volta, in relazione alle concrete necessità dei coniugi in difficoltà. Peraltro, l’art. 3 R.P. specifica che l’idoneità non suppone necessariamente il possesso di un titolo di studio in materie giuridico-canoniche [2].

Dal punto di vista strutturale, l’unico punto fermo del servizio, è che esso si svolga «nell’ambito della pastorale matrimoniale diocesana unitaria» (art. 2 R.P.). Ciò risponde alle sollecitazioni del Sinodo Straordinario nel cui Instrumentum Laboris si sottolineava che lo snellimento del processo canonico sarebbe stato utile «solo se si affronta in modo integrale la pastorale familiare» (102). Altro punto di riferimento consiste nel fatto che il Legislatore, richiamando quanto espresso nell’art. 1 R.P. riguardo alla sollecitudine pastorale, indica che all’indagine previa hanno titolo prioritario di partecipazione «il parroco proprio o quello che ha preparato i coniugi alla celebrazione delle nozze» (art. 3 R.P.) [3].

A parte tali principi, il Legislatore, ha voluto lasciare ampia discrezionalità ai Vescovi Diocesani per la composizione del servizio. Dispone, infatti, l’art. 3 R.P. che «tale compito di consulenza può essere affidato anche ad altri chierici, consacrati o laici approvati dall’Ordinario del luogo» e che «la diocesi, o più diocesi insieme, secondo gli attuali raggruppamenti, possono costituire una struttura stabile attraverso cui fornire questo servizio».

Scopo e finalità del servizio previo

Quanto alla finalità del servizio, si rinviene negli artt. 2,4 e 5 R.P. una certa progressione in relazione allo stato di crisi dei coniugi che vi si rivolgono. È indispensabile conoscere la condizione dei richiedenti e raccogliere elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo giudiziale, ordinario o più breve (art. 2 R.P.), l’art. 4 R.P. ribadisce ciò ed aggiunge che la raccolta di detti elementi è finalizzata alla «introduzione della causa da parte dei coniugi o del loro patrono davanti al tribunale competente». La menzione del patrono potrebbe profilare due diverse conclusioni dell’indagine. L’art. 5 R.P. dispone, infatti, che «raccolti tutti gli elementi, l’indagine si chiude con il libello, da presentare, se del caso, al competente tribunale».

È lecito ipotizzare che, in presenza di patrono, sia questi a guidare la parte nella redazione del libello [4]. Contrariamente, in assenza di difesa tecnica, pare che l’art. 5 R.P. voglia che gli operatori del servizio assistano le parti nella redazione del libello; in tal senso, sembra opportuno che almeno qualcuno di questi sia dotato di specifica competenza giuridico-canonica, perché la causa sia prospettata al tribunale nei modi opportuni. La nuova formulazione del can. 1675 C.I.C. è a supporto di tale interpretazione, infatti, il giudice, prima di accettare la causa, deve avere la certezza che il matrimonio sia irreparabilmente fallito, in modo che sia impossibili ristabilire la convivenza coniugale [5].

La corrispondente disposizione ante riforma (can. 1676 C.I.C.) si esprimeva, invece, in tali termini: «il giudice prima di accettare la causa ed ogni qualvolta intraveda una speranza di buon esito, faccia ricorso a mezzi pastorali, per indurre i coniugi, se è possibile, a convalidare eventualmente il matrimonio e a ristabilire la convivenza coniugale». Il Sussidio della Rota indica il motivo per cui si è giunti a tale modifica: «l’esperienza dice che, quando si arriva alla causa di nullità, è già del tutto impossibile ricomporre la convivenza». È stato dunque eliminato il tentativo previo di conciliazione [6].

È necessario rilevare come l’art. 4 R.P. vuole che «si indaghi se le parti sono d’accordo nel chiedere la nullità». Ciò è indubbiamente efficiente per capire se sussistano i presupposti per il processus brevior, ma s’inserisce nella più ampia visione del processo riformato come un processo non strettamente contenzioso (sebbene giudiziale e non amministrativo), ma, piuttosto, dai toni più spiccatamente pastorali [7]. Un atteggiamento collaborativo delle parti in sede giurisdizionale è da favorire nella misura in cui consente un notevole risparmio nei tempi, a prescindere dal ricorso alla forma più breve.

La rinnovata considerazione che si ha per il libello congiunto non comporta che «la nullità del matrimonio sia affare privato, disponibile delle parti», perché per la pronuncia della sentenza, il giudice è comunque obbligato a raggiungere la certezza morale. E di tale certezza morale tratta esplicitamente l’art. 12 R.P.: «per conseguire la certezza morale necessaria per legge, non è sufficiente una prevalente importanza delle prove e degli indizi, ma occorre che resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore, in diritto e in fatto, ancorché non sia esclusa la mera possibilità del contrario».

 La Dignitas Connubii e verifica della possibilità di introdurre una causa di nullità matrimoniale

L’Istutuzione Dignitas Connubii conosceva un servizio molto simile a quello del M.I.D.I., infatti, l’art. 113 D.C. disponeva, che «in ogni tribunale ci sia un ufficio o una persona, dalla quale chiunque possa ottenere liberamente e sollecitamente un consiglio sulla possibilità di introdurre la causa di nullità del matrimonio e, se ciò risulta possibile, sul modo con cui si deve procedere». È chiaro che la conoscenza di cui trattava la D.C. fosse di natura strettamente giuridica, tanto è vero che deputava a tale funzione gli addetti del tribunale e i patroni stabili. Inoltre, se in D.C. l’ufficio è collegato col tribunale, in M.I.D.I. la dimensione preferita è quella diocesana, in omaggio al principio di prossimità e alla strutturazione nell’ambito della pastorale matrimoniale diocesana unitaria.

La Conferenza Episcopale Italiana, già in epoca precedente alla D.C., nel Decreto Generale sul Matrimonio Canonico, aveva assunto misure comparabili a quelle che Papa Francesco ha adottato per tutta la Chiesa con il M.I.D.I. In tal senso, nel Decreto generale sul matrimonio canonico del 1990, all’art. 56 si legge:

«L’impegno di assistenza ai fedeli che vivono nello stato matrimoniale e si trovano in condizioni di grave difficoltà deve esprimersi anche nell’aiuto a verificare, quando appaiono indizi non superficiali, l’eventuale esistenza di motivi che la Chiesa considera rilevanti in ordine alla dichiarazione di nullità del matrimonio celebrato».

Un primo aiuto per tale verifica deve essere assicurato con discreta e sollecita disponibilità pastorale specialmente da parte dei parroci, avvalendosi, se del caso, anche della collaborazione di un consultorio di ispirazione cristiana. È bene in ogni modo che nelle curie diocesane e presso i tribunali regionali per le cause di nullità matrimoniale, venga predisposto un servizio qualificato di ascolto e di consulenza, al quale i fedeli interessati possano rivolgersi, soprattutto quando si tratta di situazioni o vicende complesse, di propria iniziativa o su indicazione del loro parroco.

La ricerca volta a verificare eventuali motivi di nullità matrimoniale sia condotta sempre con competenza e con prudenza, e con la cura di evitare sbrigative conclusioni, che possono generare dannose illusioni o impedire una chiarificazione preziosa per l’accertamento della libertà di stato e per la pace della coscienza». La sussistenza di tali precedenti disposizioni indica che l’atteggiamento pastorale richiesto da Papa Francesco è caratterizzato dall’accoglienza, dall’ascolto e dall’accompagnamento spirituale nell’amore e nella verità delle “famiglie ferite”. Tutto ciò risponde ad una sensibilità della Chiesa maturata nell’arco degli ultimi decenni e che ora trova un suo riscontro normativo nella riforma dei processi matrimoniali, nonché nell’Esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia.

Papa Francesco, infatti, ha avvalorato la richiesta di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità, visto che la lentezza dei processi, crea disagio e stanca le persone [8]. Questo intervento legislativo ha avuto lo scopo di favorire “non la nullità del matrimonio, ma la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità, affinché, a motivo della ritardata definizione del giudizio, il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato, non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio. La volontà di rendere più breve la durata dei processi di nullità matrimoniale risponde anche all’esigenza di consentire ai fedeli di “sanare la situazione personale irregolare in cui si trovano a vivere”, nel rispetto del principio della indissolubilità del vincolo matrimoniale.

Note

[1] Arroba Conde M. J., Diritto processuale, Roma 2016, 169-175.

[2] Arroba Conde M. J, La pastoral prejudicial y la preparación de la causa en el Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, in M.E. Olmos Ortega (a cura di), Procesos de nulidad matrimonial tras la reforma del Papa Francisco, Madrid, 2016, pp. 71-73.

[3] Bianchi P., Lo svolgimento del processo breve,in Redazione di Quaderni di diritto ecclesiale (a cura di), La riforma dei processi matrimoniali di Papa Francesco. Una guida per tutti, Milano 2015.

[4] De Bertolis O., Papa Francesco riforma il processo canonico matrimoniale, Roma 2016.

[5] Mingiardi M., Il ruolo del Vescovo diocesano, in La riforma dei processi matrimoniali di Papa Francesco. Una guida per tutti, Milano 2016.

[6] Santoro R., Il tentativo di conciliazione nel diritto processuale canonico, in Diritto e religioni, 1 , 2012, p. 52-55.

[7] Sabbarese L., R Santoro R., Il processo matrimoniale più breve, Bologna, 2018.

[8] Tupputi E., L’indagine pregiudiziale o pastorale alla luce del m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus. Applicazioni nelle diocesi della Puglia, UUPress, Città del Vaticano, 2021.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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