Consulenza previa all’introduzione del processo di nullità matrimoniale

Consulenza
Andrea Mantegna, La corte dei Gonzaga, 1465-1464, affresco, Camera degli Sposi, Palazzo Ducale, Mantova

Cosa precede l’introduzione di un processo di nullità matrimoniale presso il tribunale competente?

Il parroco

I fedeli che si trovano in difficoltà matrimoniale, in una situazione di dubbio circa la validità del matrimonio da loro celebrato e desiderosi di ottenere un primo orientamento circa l’eventuale invalidità del loro matrimonio devono innanzitutto rivolgersi al loro parroco. Infatti sono proprio i parroci le prime figure che hanno l’obbligo di prestarsi con sollecita disponibilità a garantire questa prima ed iniziale forma di aiuto ai coniugi.

Questo incarico viene affidato loro direttamente dalla Conferenza Episcopale Italiana, la quale con decreto generale, promulgato il 5 novembre 1990 ed entrato in vigore il 17 febbraio 1991, stabilisce che la verifica della possibilità di introdurre una causa canonica abbia nel primo momento di discernimento un carattere marcatamente pastorale e dunque la competenza per garantire questa attenzione pastorale spetterebbe in primis ai parroci.

Altri soggetti competenti

Dunque la consulenza previa riguardo alla proponibilità di cause matrimoniali spetta ai parroci, tuttavia la Conferenza Episcopale Italiana prevede anche, per i casi di maggiore difficoltà, un intervento più tecnico e qualificato da parte di Curie diocesane oppure Tribunali regionali. Presso di essi deve essere costituito “un servizio qualificato di ascolto e di consulenza al quale i fedeli interessati possano rivolgersi, di propria iniziativa o su indicazione del parroco”, come specifica l’articolo 56, comma 3 del Decreto Generale. Le consulenze date dai giudici, in quanto esperti altamente qualificati in materia, seppur possibili, tendono ad essere evitate dato che causerebbero notevoli problemi nella composizione dei collegi giudicanti, tenuto conto del fatto che il giudice che ha fornito la consulenza previa ai coniugi interessati non è vincolato da alcun obbligo giuridico di astenersi dal giudicare la causa per cui ha fornito una consulenza previa. Ciò potrebbe dare origine ad una possibile ricusazione del giudice.

Nella maggior parte dei tribunali ecclesiastici a livello italiano si è provveduto a questo obbligo di fornire un servizio qualificato di consulenza ai coniugi che lo richiedessero, mediante la costituzione di patroni stabili (almeno due), i quali devono fornire una consulenza canonista qualificata ai fedeli che si rivolgono a loro, prospettando le reali possibilità di introdurre una causa canonica di nullità del matrimonio. Un’alternativa per cui si è optato in alcuni tribunali è stata quella della consulenza fornita da determinati avvocati iscritti presso il loro albo. Essi, in virtù degli accordi stipulati, hanno l’obbligo, reso noto pubblicamente ai fedeli, di provvedere con un colloquio gratuito a vagliare la proponibilità dell’introduzione di una causa di nullità.

Detto ciò bisogna sempre tenere presente che l’introduzione dei patroni stabili presso i tribunali ecclesiastici non deve eliminare la previa scrematura e consulenza che deve avvenire a livello pastorale e parrocchiale. L’attenzione pastorale fornita dal parroco è estremamente diversa da quella che può essere prestata se la proposizione di un caso avvenisse direttamente presso un tribunale ecclesiastico. Il parroco deve sempre realizzare la prima opera di valutazione e scrematura, in tal modo da impedire che nei tribunali giungano casi manifestamente infondati.

Indizi non superficiali e ricerca prudente

Dal consulente di primo livello (parroco) devono essere inoltrati quei casi al tribunale competente, che facciano supporre un ulteriore possibilità di sviluppo. Tuttavia il parroco in base a quali criteri giudica questa eventuale e futura possibilità di sviluppo?

Il parroco può ritenere che la validità del vincolo matrimoniale a lui presentato possa essere impugnata solo “quando appaiono indizi non superficiali”, decreta la Conferenza Episcopale Italiana. Tali indizi sono in concreto elementi di fatto che non costituiscono sin da subito prova piena di nullità, tuttavia la loro presenza rende ragionevole un approfondimento della questione. Gli indizi in questione non sempre sono lampanti ed evidenti, anzi, molto spesso può accadere che tali indizi emergano in modo informale durante i colloqui pastorali tenuti dal parroco con i suoi fedeli. Spetterà successivamente al parroco estrapolare questi elementi, valutarli e ponderare se siano sufficienti o meno per procedere con l’introduzione di una causa. Nel caso in cui il parroco dovesse trovarsi di fronte ad una difficoltà matrimoniale la cui instabilità appare evidente, ovvero quando sussistono situazioni di fatto in netto contrasto con il vincolo la cui validità si sta mettendo in dubbio, essa costituirà un indizio apparente e non superficiale.

La Conferenza Episcopale Italiana inoltre specifica anche come debba essere svolta la ricerca e la verifica di eventuali motivi di nullità matrimoniale. Essa deve essere effettuata con competenza e prudenza, oltre il fatto che devono essere evitate conclusioni affrettate, precipitose e sbrigative che possano indurre in errore o generare vane illusioni.

Procedimento del lavoro di verifica del parroco

Fermo restando il principio che il primo aiuto che i fedeli possono ricevere proviene sempre dal parroco, bisogna ora entrare più specificamente nel dettaglio riguardo al lavoro di verifica che il parroco deve compiere. Innanzitutto si deve comprendere che la verifica dell’eventuale sussistenza di motivi che vadano ad attestare la nullità del vincolo coniugale viene effettuata unicamente per i matrimoni che sono entrati in una crisi grave ed insanabile. Il parroco dunque nel valutare le dichiarazioni fatte dalle parti che a lui si rivolgono deve partire dal presupposto imprescindibile della massima onestà e sincerità manifestata da coloro che hanno interesse alla consulenza. La consulenza iniziale inoltre non richiede di esibire delle prove, come avviene durante il processo, bensì, trattandosi di un mero parere, l’operatore ecclesiastico si baserà su elementi concludenti estrapolati dalle dichiarazioni delle parti o della parte interessata.

Il parroco dunque deve verificare in una sequenza ben precisa se il caso che gli è stato prospettato rientri o meno in uno dei casi di nullità matrimoniale previsti dal diritto canonico, e se sì, dovrà verificare se sia possibile provarlo in sede giudiziale. Egli dovrà dunque seguire uno schema logico che segua queste tre principali linee guida, in sede di colloquio con i coniugi:

  1. Vizi della libertà del consenso: errore sulla persona o una qualità della persona, costrizione fisica o morale, condizione apposta al consenso.
  2. Incapacità della persona: impotenza, incapacità di porre un valido consenso a causa di insufficiente uso di ragione o di discrezione di giudizio (maturità) insufficiente, incapacità ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio per cause di natura psichica (es. parafilie).
  3. Difetti del consenso posti in modo volontario: simulazione del matrimonio, esclusione di una proprietà o elemento essenziale del matrimonio.

Infine, dopo aver concluso il colloquio e preso una decisione, il parroco dovrà rendere noto ai coniugi, terminato il lavoro di consulenza, il frutto del proprio lavoro, corredandolo anche di una motivazione soddisfacente che illustri la presenza o la mancanza di indizi a favore della nullità del vincolo matrimoniale.

Note

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Decreto Generale, promulgato il 5 novembre 1990, consultabile alla URL:https://www.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/31/2017/02/Decreto_generale_matrimonio_canonico.pdf

P. BIANCHI, Quando il matrimonio è nullo?, Guida ai motivi di nullità matrimoniale per pastori, consulenti e fedeli, ANCORA, Quaderni di diritto ecclesiale, 2007, pp. 11-22.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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Chiara Gaspari

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