Il processo matrimoniale più breve coram episcopo: i presupposti oggettivi

Elezione di un vescovo, scuola romana, XVIII sec.

Tra le molteplici novità introdotte dalla riforma voluta da papa Francesco circa i processi per la dichiarazione di nullità del matrimonio, oltre all’abolizione della c.d. “doppia conforme”, assume un rilievo centrale la novità del processo più breve dinanzi al Vescovo diocesano [1].

Sotto il profilo strettamente processuale, nel processo matrimoniale più breve dinanzi al vescovo diocesano il libello introduttivo, oltre a riportare quanto indicato nel can. 1504 per tutti i tipi di processi, deve esporre i fatti su cui si fonda la richiesta. Essa deve essere stata presentata congiuntamente o, se presentata solo dalla parte attrice, deve essere completata con il consenso della parte convenuta. L’esposizione dei fatti deve integrare congiuntamente i requisiti della brevità, della integrità e della chiarezza; indicare le prove che possano essere raccolte dal giudice immediatamente; contenere in allegato i documenti su cui si fonda la domanda per la dichiarazione di nullità.

Le Regole procedurali

Le Regole procedurali dispongono che «tra i documenti che sostengono la domanda vi sono tutti i documenti medici che possono rendere inutile acquisire una perizia d’ufficio». In ogni caso, le prove per essere ammissibili, oltre che utili, devono essere lecite, sia in se stesse sia in merito al modo della loro acquisizione, secondo quanto sancito dall’art. 157 dell’istruzione Dignitas connubii, con quale si dà attuazione al disposto del can. 1527 § 1 [2].

Nel m.p. Mitis iudex Dominus Iesus si tiene conto anche della realtà delle cose e cioè che non sempre il libello è preparato ab initio per un processo più breve dinanzi al vescovo. Per questo motivo, nel relativo art. 15 si stabilisce che «se è stato presentato il libello per introdurre un processo ordinario, ma il vicario giudiziale ritiene che la causa possa essere trattata con il processo più breve, egli, nel notificare il libello a norma del can. 1676 § 1, inviti la parte che non lo abbia sottoscritto a comunicare al tribunale se intenda associarsi alla domanda presentata e partecipare al processo. Egli, ogniqualvolta sia necessario, inviti la parte o le parti che hanno sottoscritto il libello ad integrarlo al più presto a norma del can. 1684».

Se non è già stato fatto nella presentazione del libello, il vicario giudiziale, nel decreto di citazione della sessione istruttoria, di cui al can. 1685, deve informare le parti che «possono, almeno tre giorni prima della sessione istruttoria, presentare gli articoli degli argomenti sui quali si chiede l’interrogatorio delle parti o dei testi». È nella natura del processo più breve che l’istruttoria si risolva in una sola sessione; tale statuizione ha sollecitato la dottrina a chiedersi se sessione e udienza siano o meno da intendersi come sinonimi.

Il ruolo del Vescovo

In ossequio ai principi ispiratori della riforma del processo matrimoniale e in risposta all’esigenza di avvicinamento tra la funzione giudiziale e quella pastorale del vescovo, il can. 1683 affida al Vescovo diocesano il giudizio circa la validità del matrimonio, nella forma del processo più breve. Esso si può instaurare nei casi in cui ricorra la duplice e contemporanea condizione che la domanda dei “coniugi” sia promossa congiuntamente dall’inizio o da uno solo ma con il conseguente consenso dell’altro e che ricorrano circostanze particolarmente significative di fatti e di persone che rendano manifesta la nullità, in quanto non richiedono una istruttoria più accurata.

Quando sono presenti le condizioni previste dal can. 1683, la realizzazione della proximitas episcopi con l’utilizzo del processus brevior si rende necessaria, al punto che la dottrina ha osservato che «non è dunque una mera facoltà o una prerogativa ma un obbligo» [3]. In applicazione di questo principio, in questa specifica tipologia di procedura, al sistema di potestà giudiziale mediato, ancorato alla non opportunità che il vescovo non esercitasse personalmente la potestà giudiziale, si è sostituito un sistema di esercizio diretto, nel quale è affidato al vescovo diocesano il compito di giudicare le cause di nullità del matrimonio con il processo più breve.

A tale riguardo, papa Francesco, nell’affermare che «lo stesso vescovo è giudice», auspica «che nelle grandi come nelle piccole diocesi lo stesso vescovo offra un segno della conversione delle strutture ecclesiastiche, e non lasci completamente delegata agli uffici della curia la funzione giudiziaria in materia matrimoniale», sottolineando che «ciò valga specialmente nel processo più breve, che viene stabilito per risolvere i casi di nullità più evidenti» [4].

L’intervento del Dicastero per i Testi Legislativi

Con la nota Prot. N. 15139/2015 il Dicastero per i Testi Legislativi ha chiarito che: a) il processo breve non può essere utilizzato se il convenuto tace, non firma la domanda o non dichiara il suo consenso; b) il nuovo canone 1683 e l’art. 15 delle norme procedurali chiariscono che il consenso del ricorrente e del convenuto (sia esso dato con firma congiunta delle parti o con altri mezzi) è una condizione preliminare per l’avvio del processo breve. Il consenso di entrambe le parti, richiesto per avviare questa procedura, è una condizione sine qua non.

Questo consenso esplicito è innanzitutto necessario perché il processo breve costituisce un’eccezione alla norma generale; c) sebbene il legislatore abbia formulato una presunzione relativa alla disposizione del convenuto nell’art. 11 § 2 delle norme procedurali, tale presunzione si applica solo al processo ordinario e non al processo breve; d) sebbene il consenso del convenuto possa essere prestato con diversi mezzi, tali mezzi devono tuttavia garantire pubblicamente e inequivocabilmente la sua volontà, anche a tutela del giudice e delle parti. In caso contrario, il processo breve non può essere introdotto.

A norma del vigente can. 1683 del CIC, questa nuova procedura giurisdizionale più breve rispetto al processo matrimoniale ordinario può essere attivata dalla parte ogniqualvolta, oltre alla presenza dei requisiti soggettivi innanzi detti, ricorrano le circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedono una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità [5].

Le circostanze per avviare il processo più breve

Nelle Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, che corredano questo intervento legislativo di papa Francesco, è stato sancito che tra le circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve secondo i cann. 1683-1687 del CIC, si annoverano per esempio:

a) la mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà;

b) la brevità della convivenza coniugale;

c) l’aborto procurato per impedire la procreazione;

d) l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo;

e) l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione;

f) la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna;

g) la violenza fisica inferta per estorcere il consenso;

h) la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici;

i) altre circostanze [6].

Questa elencazione è meramente esemplificativa e, come ha peraltro evidenziato il Tribunale apostolico della Rota Romana, non istituisce nuovi capi di nullità in quanto «si tratta, semplicemente, di situazioni che la giurisprudenza ha da tempo enucleato come elementi sintomatici di invalidità del consenso nuziale, che possono essere facilmente comprovate da testimonianze o documenti di pronta reperibilità», e inoltre «possono presentare, in certi casi, una tale valenza fattuale da suggerire con evidenza la nullità del matrimonio» [7].

L’evidenza della prova di nullità e il ruolo del vicario giudiziale

In questa prospettiva, per una corretta attuazione della riforma, assume un rilievo centrale il prudente esercizio da parte del vicario giudiziale del proprio compito di verificare, una volta ricevuto il libello, la presenza di questo presupposto essenziale per poter trattare la causa nella forma più breve, in assenza del quale deve rinviare la causa al processo ordinario [8].

L’altra condizione, dunque, per ricorrere alla forma più breve dinanzi al vescovo consiste nell’esistenza di fatti e circostanze che possono condurre facilmente alla prova della nullità, in quanto fondati su mezzi di prova evidenti e di immediata fruibilità, quali prove documentali, certificati medici, testimonianza di alta credibilità. L’evidenza della nullità e l’immediata fruibilità delle prove può essere desunta non solo dal libello e da eventuali documenti ad esso allegati, ma anche da quanto la parte convenuta, nella domanda congiunta o nel consenso prestato alla petitio della parte attrice, ha avuto modo di indicare nella petitio congiunta oppure nelle proprie osservazioni formulate dopo aver ricevuto il libello introduttorio di causa.

L’inizio del processo più breve dinanzi al Vescovo diocesano comporta che le circostanze di cui al can. 1683, 2° devono essere suffragate da testimonianze e documenti [9] da cui emerga con immediatezza la prova della eventuale nullità, senza che ciò richieda una valutazione o una verifica più accurata.

Note

[1] O. De Bertolis, Papa Francesco riforma il processo canonico matrimoniale, in La Civiltà Cattolica, 3967, 2015, consultabile sul sito www.lacivilitacattolica.it.

[2] Cf. Ingoglia A., «Inammissibilità di prove illecite quoad substantiam e quoad modum adcquisitionis nel processo canonico di nullità del matrimonio (Prime considerazioni sull’art. 157 della recente istruzione “Dignitas connubii”)», in Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose (www.olir.it), febbraio 2006, 1-11.

[3] M. Del Pozzo, L’organizzazione giudiziaria ecclesiastica alla luce del m.p. “Mitis iudex”, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), 36, 2015, p. 1 ss.

[4] Francesco, Lettera apostolica in forma di m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus, 15 agosto 2015, n. 3, il cui testo integrale è consultabile sul sito www.vatican.va.

[5] Cfr. P. Palumbo, Diritto processuale canonico. Il processo di nullità del matrimonio, in M- d’Arienzo, Manuale di diritto canonico, Torino, 2024, p. 191 ss.

[6] Francesco, Lettera apostolica data Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, 15 agosto 2015, il cui testo integrale è consultabile sul sito www.vatican.va.

[7] Tribunale apostolico della rota romana, Sussidio applicativo del Motu pr. Mitis Iudex Dominus Iesus, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2016, 32.

[8] Cfr. L. Sabbarese, Manuale di diritto canonico, Molfetta, 2022, p. 575 ss.; L. Sabbarese, R. Santoro, Il processo matrimoniale più breve. Disciplina canonica e riflessi concordatari, Bologna 2016, p. 65 ss.

[9] Cfr. A. Giraudo, La riforma dei processi matrimoniali di Papa Francesco. Una guida per tutti, Milano, 2016.

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Loading

Picture of Gianluca Cestaro

Gianluca Cestaro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti alla Newsletter