Il matrimonio per procura nel CCEO

procura

Le differenze tra la normativa latina ed orientale sul matrimonio per procura

Come spiegato in un precedente articolo, nella Chiesa Latina è ammesso il matrimonio per procura ad alcune condizioni. Nello specifico, è necessario che il procuratore sia munito di un mandato speciale a contrarre matrimonio con una persona determinata, in nome e per conto del nubendo mandante, adempiendo personalmente tale incarico (cfr. can. 1105 § 1 CIC-83). Tale mandato deve essere sottoscritto dal mandante, oltre che dal parroco o dall’Ordinario del luogo del rilascio del mandato, da un sacerdote da uno di loro delegato oppure da almeno due testimoni (cfr. can. 1105 § 2 CIC-83); altrimenti, è possibile conferire mandato tramite un documento autentico a norma del diritto civile (cfr. ibidem).

Viceversa, ai sensi del can. 837 § 2 CCEO, il matrimonio per procura non è consentito, a meno che non sia previsto dal diritto particolare di una Chiesa sui iuris, nel qual caso debbono essere indicate le condizioni per la celebrazione del matrimonio con questa modalità [1].

Il motivo di tale disposizione più restrittiva consiste nella scarsa conciliabilità del matrimonio per procura col rito sacro della benedizione degli sposi (cfr. can. 828 § 1 CCEO), la presenza dei quali risulta necessaria per la normale celebrazione di tale rito [2].

Vero è che, come noto, il Patriarca o la Sede Apostolica possa dispensare dall’osservanza della forma canonica orientale per una gravissima causa a norma del can. 835 CCEO [3], ma in tali casi viene consigliata «la massima cautela nella concessione dell’autorizzazione (e questa dovrà essere negata nei luoghi ove per legge civile non può il matrimonio essere contratto o riconosciuto), valutandone le situazioni (per esempio nel caso di quelle comunità cattoliche orientali disperse in regioni a predominanza di cattolici di rito latino)» [4]. Inoltre, a differenza di quanto disposto dal can. 1127 CIC-83, «la possibilità di tale dispensa sembra non essere limitata ai soli matrimoni misti» [5].

Differenze con la previgente disciplina in materia di matrimonio per procura

È bene notare che questa disciplina rappresenta un’evoluzione rispetto al can. 80 del M.P. Crebrae Allatae, secondo cui il matrimonio per procuratorem poteva celebrarsi con autorizzazione scritta del Gerarca del luogo per un caso particolare, la quale poteva concedersi soltanto in caso di necessità, ossia quando, per una grave causa, i nubendi non riuscissero ad essere compresenti dinanzi ad un sacerdote.

Si è così voluto limitare l’utilizzo del matrimonio per procura nelle Chiese Cattoliche Orientali, trattandosi di un «istituto di sapore piuttosto contrattualista» [6] e meno congruente con le tradizioni orientali.

Tuttavia, trattandosi di disposizioni di mero diritto ecclesiastico, la disciplina del M.P. Crebrae Allatae continuerà ad applicarsi ai matrimoni celebrati anteriormente al 1° ottobre 1991, data di entrata in vigore del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali [7], atteso che le leggi non sono retroattive in assenza di espressa indicazione contraria (cfr. can. 1494 CCEO).

Le conseguenze della violazione del can. 837 CCEO sul matrimonio per procura

In caso di violazione del can. 837 CCEO, si verifica un chiaro difetto di forma idoneo ad invalidare il matrimonio. La stessa conclusione vale allorquando, per dispensa o specifica previsione del diritto particolare, sia stata autorizzata la celebrazione del matrimonio per procura ma risulti invalido od inesistente il mandato del procuratore.

Ebbene, qualora tali mancanze constino con certezza da un documento che non sia soggetto a contraddizione od eccezione alcuna, è possibile trattare la causa di nullità matrimoniale col processo documentale di cui al can. 1688 CIC-83 ed al can. 1374 CCEO [8]. Al contrario, se difettasse tale evidenza documentale, si dovrebbe procedere nelle forme del processo ordinario [9].

In entrambe le ipotesi, si dovrà accertare se sia stata concessa o meno una valida dispensa dalla forma canonica oppure se non sia intervenuta ex post la convalidazione del matrimonio ovvero la sanazione in radice [10].

Note bibliografiche

[1] Cfr. P. GEFAELL, Diritto canonico orientale e statuto personale libanese, (L. CAPRARA, P. LOBIATI, A: SAMMASSIMO, curr.) Milano, 2020, p. 135.

[2] Cfr. N. LODA, Lezioni di Ius Commune Ecclesiarum Orientalium. Appunti dalle Lezioni del Prof. Natale LODA ad uso esclusivo degli studenti, Città del Vaticano, 2021-2022, pp. 397-398.

[3] Cfr. P. GEFAELL, Diritto, p. 142.

[4] Cfr. N. LODA, Lezioni, p. 398.

[5] Cfr. P. GEFAELL, Diritto, p. 142.

[6] Ivi, p. 135.

[7] Cfr. IOANNIS PAULUS PP. II, Constitutio apostolica: Sacri Canones, in AAS LXXXII (1990), n. 11, p. 1043.

[8] Cfr. M.J. ARROBA CONDE – C. IZZI, Pastorale giudiziaria e prassi processuale nelle cause di nullità del matrimonio, Cinisello Balsamo (MI), 2017, pp. 175-177.

[9] Cfr. ivi, p. 177.

[10] Cfr. ivi, p. 176.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Loading

Picture of Marco Visalli

Marco Visalli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti alla Newsletter