Perdita e rinuncia dell’ufficio ecclesiastico: un’analisi giuridica

perdita

La perdita dell’ufficio

Nel quadro normativo del diritto canonico, la perdita dell’ufficio ecclesiastico si configura come un atto giuridico fondamentale che comporta la conclusione del possesso titolare dell’incarico, con conseguente dissolvimento degli oneri e dei diritti ad esso correlati. Tale perdita si accompagna all’inefficacia della potestà associata all’ufficio, fatta eccezione per situazioni di errore comune.

L’estinzione del diritto da parte dell’autorità competente per la provvisione canonica non determina di per sé la perdita dell’ufficio, mantenendo così il titolare la facoltà di esercitarlo, poiché agisce in forza del diritto stesso che legittimamente detiene. È da notare, tuttavia, l’eccezione a questa regola generale, come nel caso dell’ufficio del Vicario Generale/Protosincello ed Episcopale/Sincello, il quale cessa con la vacanza della sede episcopale.

La configurazione della perdita dell’ufficio, con l’effetto giuridico correlato di una vacanza de iure, comporta l’obbligo per l’autorità competente o il soggetto designato di notificare tempestivamente tale circostanza a coloro che hanno il diritto di procedere alla provvisione canonica dell’ufficio stesso, come ad esempio la presentazione e l’elezione (can. 184).

Il riconoscimento del titolo di “emerito” è consentito solo in specifici casi, ossia per il raggiungimento dei limiti di età o per rinuncia accettata (can. 185). Questo titolo, pur essendo eminentemente onorifico, può comportare prerogative speciali per l’emerito, quali ad esempio la facoltà per il Vescovo religioso emerito di scegliere la propria residenza al di fuori delle strutture dell’istituto di appartenenza (cf. can. 707 § 1).

In caso di perdita dell’ufficio a causa del decorso del tempo o del raggiungimento dei limiti di età, è necessaria l’intimazione (can. 186). L’effetto della cessazione dell’ufficio è la vacanza de iure dello stesso, consentendo la sua successiva attribuzione a un nuovo titolare.

Tuttavia, affinché si produca tale effetto, è indispensabile che l’autorità competente intimi la perdita dell’ufficio al titolare attuale mediante un atto formale, quale ad esempio il decreto singolare; tale atto amministrativo, essendo rivolto al foro esterno, deve essere redatto per iscritto, come specificato nel canone in oggetto.

Nel caso in cui l’autorità competente non proceda con l’intimazione, il titolare continua a detenere l’ufficio pieno iure, con tutti i diritti e gli obblighi connessi, poiché si presume il prolungamento del termine o dei limiti d’età previsti.

La rinuncia

Riguardo alla rinuncia, la stessa costituisce un atto mediante il quale il titolare rinuncia volontariamente all’ufficio che legittimamente detiene. Tale atto deve rispettare le condizioni stabilite nei canoni pertinenti, quali l’uso di ragione e la presenza di giusta causa (can. 187). La forma e i requisiti per la validità della rinuncia sono ulteriormente delineati nei canoni 124-126.

Tuttavia, vi sono eccezioni a questa regola generale, come nel caso di rinuncia effettuata per timore grave, ingiustizia o dolo, in cui l’atto può conservare la sua validità a meno che il diritto non preveda diversamente (can. 188). La rinuncia per errore sostanziale è invalidata ai sensi del can. 126, mentre la pratica della simonia rende nulla la rinuncia per  diritto secondo la disposizione del can. 149 § 3.

Per quanto concerne la validità stessa dell’atto di rinuncia (can. 189), è richiesta una forma esplicita che attesti:

– la rinuncia è indirizzata all’autorità competente per la provvisione dell’ufficio;

– la rinuncia è documentata per iscritto o verbalmente davanti a due testimoni, mediante un verbale redatto da un notaio o da un attuario.

Gli uffici che non richiedono l’accettazione della rinuncia da parte dell’autorità competente sono quelli ottenuti mediante elezione non confermata. Inoltre, l’autorità competente è tenuta a valutare la giustizia e la proporzionalità della causa posta alla base della rinuncia (can. 187).

Infine, una volta che la rinuncia è stata accettata e ufficialmente notificata, il rinunciante non può più revocare il suo atto, in quanto l’accettazione produce l’effetto giuridico della perdita dell’ufficio, che diventa vacante de iure. Tuttavia, al rinunciante non viene precluso il diritto di essere nuovamente nominato titolare dello stesso ufficio, seppur con un diverso titolo di possesso.

 

Bibliografia

L. Sabbarese, Manuale di Diritto Canonico. Analisi di Principi generali, Istituti e Problematiche dottrinali e giurisprudenziali, Neldiritto editore, Galatina 2021, pp. 125-127.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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Maria Cives

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