La doppia funzione del Promotore di Giustizia nel processo penale: spezzando una lancia a favore della compatibilità

Promotore
Giorgio Vasari, Ritratto di sei poeti toscani, olio su tavola, Institute of Art Minneapolis (USA)

L’esercizio dell’azione penale nel sistema processuale canonico è riservato al Promotore di Giustizia (can. 1721 CIC), il quale agisce nella fase introduttiva della lite dietro mandato dell’Ordinario (can. 1718 e 1721, § 1 CIC). Al Promotore di Giustizia spetta presentare il libello (can. 1721, § 1 CIC), sostenendo in qualità di attore l’accusa. Non esiste nell’ordinamento canonico un’accusa privata o un’azione popolare, fenomeni presenti invece in altri ordinamenti. Il Promotore di Giustizia non solo sostiene l’accusa, ma agisce dietro l’impulso iniziale dell’Ordinario e, per quanto riguarda la rinuncia dell’istanza, essa avviene solo con mandato o consenso dell’Ordinario (cfr. can. 1724 CIC).

Allo stesso tempo il can. 1430 CIC stabilisce che il Promotore di Giustizia agisce istituzionalmente a tutela del bene pubblico. Pare ovvio che uno degli elementi che configurano il bene pubblico consiste appunto nella giustizia legale ovvero l’impero della legalità, in particolare della legge processuale e della legge penale, per il ruolo che esse rivestono. Al Promotore di Giustizia come tale spetterebbe la tutela della legalità, in un modo non difforme dal ruolo che riveste il Pubblico Ministero in alcuni stati.

Due funzioni che possono convivere insieme?

La questione è se entrambe le funzioni – sostenere come pars accusans l’azione penale, interessata alla condanna, e tutelare la legalità – potrebbero collidere tra di loro all’interno di una causa penale. Ad esempio, se il Promotore di Giustizia apprezza che oggettivamente il Tribunale adito (il proprio Tribunale diocesano per il quale ha dato mandato l’Ordinario) non è relativamente competente (perché a norma del can. 1412 il delitto è stato commesso altrove e il reo ha il suo domicilio fuori dall’ambito di competenza territoriale del Tribunale), dovrebbe sollevare l’eccezione d’incompetenza relativa (cfr. can. 1460 CIC) sapendo che questo può bloccare la prosecuzione dell’istanza? Se consta che il delitto è stato prescritto, potrebbe il Promotore di Giustizia sollevare l’eccezione di prescrizione (cann. 1362, 1462, § 2 e 1492 CIC) essendo com’è un eccezione perentoria?

Se il Promotore di Giustizia ritiene che è stata ammessa ex officio e prodotta una prova utile per la tesi dell’accusa ma illecita (cfr. can. 1527, § 2 CIC) dovrebbe chiederne l’espunzione al Tribunale, pur perdendo una potenziale risultanza utile al proprio scopo? Si tratta di fattispecie che, dalla prospettiva dell’impulso dell’azione penale, rappresentano blocchi o ostacoli di maggiore o minore entità all’impulso di detta azione, per cui sembra contraddittorio che vengano sollevate appunto da chi ha il compito e la funzione istituzionale di sostenere l’accusa penale. Ma d’altro canto, si tratta di fattispecie dov’è in gioco l’impero della legalità procesual-penale e quindi viene chiamato in causa il bene pubblico, la cui tutela spetta anche istituzionalmente al Promotore di Giustizia.

De iure condito

Dal punto di vista concettuale, e lasciando da parte eventuali cambiamenti de iure condendo e approfondimenti che la questione meriterebbe, ci sembra ammissibile de iure condito la convivenza di entrambe le mansioni. Il Promotore di Giustizia dovrebbe sostenere l’accusa ma al contempo tutelare l’impero della legalità come aspetto del bene pubblico.

Di conseguenza non sarebbe contraddittorio che costui sollevi l’eccezione d’incompetenza relativa (e persino quell’assoluta), l’eccezione di prescrizione o chieda l’espunzione di una prova previamente ammessa. E’ vero che istituzionalmente al Promotore viene demandato l’impulso dell’azione penale, ma esso gli viene demandato secundum legem et bonum publicum: il Promotore di Giustizia non è istituzionalmente previsto per arrivare ad una sentenza di condanna a tutti i costi, ma svolge la sua funzione sostenendo l’accusa nel marco della legalità.

Le divergenze che potrebbero insorgere

Occorre però ammettere che questa convivenza di mansioni, pur affermabile teoricamente, può diventare a volte complicata nella prassi. Si pensi al caso in cui il Promotore di Giustizia ritiene che, alla luce dell’istruttoria, i fatti non sussistono o che non sono inquadrabili in alcun capo di accusa. Potrebbe il Promotore di Giustizia evidenziare questo punto? Naturalmente, un conto sarebbe rinunciare all’istanza (se vi è perlomeno consenso dell’Ordinario e accettazione dell’imputato).

Ma se l’imputato non accettasse – o se, a monte, l’Ordinario non acconsente – potrebbe il Promotore di Giustizia, nella fase di discussione, propendere per l’assoluzione? A nostro sommesso avviso potrebbe farlo, poiché l’accusa penale è riservata al monopolio della parte pubblica proprio in ossequio alla sua posizione e al suo ruolo. Il problema si pone però nel rapporto tra l’Ordinario e il Promotore, e la gestione delle divergenze che possano insorgere. Si pensi al caso in cui è l’Ordinario che dà mandato per rinunciare, ma il Promotore di Giustizia è pienamente convinto della fattibilità della tesi di accusa e la necessità di procedere.

Possibili soluzioni

Un’opzione che potrebbe esplorarsi, particolarmente se non convince il pacifico svolgimento di entrambe le funzioni in capo al Promotore, potrebbe essere quella di usufruire di Promotori di Giustizia ad actum deputati, che interverrebbero in aspetti puntuali offrendo un parere unicamente legato alla tutela del bene pubblico e dunque con le “mani meno legate”. Questo potrebbe funzionare nei casi in cui è il giudice o il Tribunale a sollevare ex officio un’eccezione o quando si apre una causa incidentale (magari a richiesta, ad esempio, del reo), chiedendo l’intervento di un Promotore ad actum.

Tuttavia, questo rimedio non offre una soluzione pratica al Promotore di Giustizia che sostiene l’accusa e che si chiede se sollevare o meno una determinata eccezione. Aldilà del fatto che poi, per la sua concreta risoluzione, sia chiamato ad intervenire un Promotore ad actum, il fatto di sollevare la questione (che spetta ex ante e solo al Promotore che sostiene l’accusa) è già prendere una determinata posizione. In questi casi, il Promotore di Giustizia potrebbe limitarsi a rendere noto al Tribunale il punto di conflitto, nella speranza che sia il giudice che colga la palla al volo e sollevi ex officio la questione, dicendo, ma senza dire.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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Marc Teixidor

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