Le circostanze del delitto, effetti circa la punibilità e l’imputabilità del reo

Circostanze
Antonio Maria Viani, La Trinità con gli Arcangeli, Pinacoteca Stuard (Parma)

Cosa si intende per circostanze del delitto?

In un precedente contributo si è trattato della nozione di delitto nell’ordinamento penale canonico, della sua struttura e dei relativi elementi costitutivi. Proseguendo con l’approfondimento sul tema, si tratterà in questa occasione del delitto cd. circostanziato. In primo luogo, pare opportuno chiarire cosa si intenda per circostanze del delitto, dandone una definizione.

Sul punto l’ordinamento canonico non si dissocia da quanto delineato dalla dottrina degli ordinamenti secolari – tra cui quello italiano – secondo cui le circostanze sono elementi accessori ed eventuali, che talvolta accompagnano la fattispecie di reato, di per sé già perfezionatasi nella sua forma semplice (in quella, appunto, non circostanziata). Per questa ragione esse sono anche note come accidentalia delicta, accezione che ne mette in luce la natura sostanzialmente contingente e per questo non assimilabile a quella degli elementi essenziali del delitto, dalla portata costitutiva. 

L’accertamento circa la sussistenza di una o più circostanze è centrale in termini di concreta determinazione del maggiore o minore disvalore sociale da attribuirsi alla condotta antigiuridica perpetrata; esse, infatti, sono integrate da peculiari condizioni – specifiche o generiche, soggettive od oggettive – nelle quali l’autore del reato si trova a operare e che, in una prospettiva giuridica, esprimono un diverso grado di intenzionalità criminale.       

Gli effetti delle circostanze sulla punibilità del reo

Sul piano degli effetti sulla punibilità, ciò si traduce in una diversa quantificazione della irroganda pena, che subirà un aumento o una diminuzione a seconda del caso specifico. In questo senso, quindi, una prima fondamentale distinzione è quella intercorrente tra circostanze cd. aggravanti e attenuanti del delitto.  

Le prime, rappresentando fattori che aumentano la riprovevolezza del fatto di reato, determinano, ovviamente, un aggravamento del carico sanzionatorio, che l’Autorità applicherà comunque entro un minimo e un massimo edittale; le seconde, al contrario, possono essere interpretate quali segni di una meno radicata indole criminale del reo, comportando esse una diminuzione della pena rispetto a quella stabilita per il reato base.

In altri termini, l’indagine sulle circostanze attiene alla concreta valutazione del grado di imputabilità dell’atto criminoso al suo autore: sebbene infatti, essa imputabilità grave, in quanto elemento costitutivo del delitto, non debba mai mancare, non si esclude che la stessa possa diversamente graduarsi in relazione alla maggiore o minore riconducibilità del fatto di reato alla intenzione e alla volontà del soggetto di delinquere; conseguentemente si rileverà, in base alla specifica circostanza, un aumento o una diminuzione della imputabilità che, comunque, in tale ultimo caso, continuerà a rientrare nel parametro del “grave”. 

Le circostanze attenuanti

La sistematica individuazione delle circostanze attenuanti è affidata al § 1 del can. 1324, che dispone quanto segue:

 L’autore della violazione non è esentato dalla pena stabilita dalla legge o dal precetto, ma la pena deve essere mitigata o sostituita con una penitenza, se il delitto fu commesso:

1º da una persona che aveva l’uso di ragione soltanto in maniera imperfetta;

2º da una persona che mancava dell’uso di ragione a causa di ubriachezza o di altra simile perturbazione della mente, di cui fosse colpevole, fermo restando il disposto del can. 1326, § 1, n. 4;

3º per grave impeto passionale, che tuttavia non abbia preceduto ed impedito ogni deliberazione della mente e consenso della volontà e purché la passione stessa non sia stata volontariamente eccitata o favorita;

4º da un minore che avesse compiuto i 16 anni di età;

5º da una persona costretta da timore grave, anche se soltanto relativamente tale, o che agì per necessità o per grave incomodo, se il delitto commesso sia intrinsecamente cattivo o torni a danno delle anime;

6º da chi agì per legittima difesa contro un ingiusto aggressore suo o di terzi, ma senza la debita moderazione;

7º contro qualcuno che l’abbia gravemente e ingiustamente provocato;

8º da chi per un errore, di cui sia colpevole, credette esservi alcuna delle circostanze di cui al can. 1323, nn. 4 o 5;

9º da chi senza colpa ignorava che alla legge o al precetto fosse annessa una pena;

10º da chi agì senza piena imputabilità, purché questa rimanga ancora grave”.

Il § 2 della norma in commento apre, poi, la via ad ulteriori ipotesi di attenuazione della pena per tutti quei casi che, pur non espressamente codificati, sono sostanzialmente espressione di una inferiore grave imputabilità del fatto. Se tuttavia, il giudice, accertata la sussistenza di una delle circostanze di cui al § 1, è tenuto alla mitigazione della sanzione, nelle ipotesi di cui al successivo secondo paragrafo è solo facoltativamente chiamato a quantificare il carico edittale in misura inferiore.

Da ultimo, alla luce del § 3 della medesima norma, nell’ipotesi di delitto punito con una sanzione latae sententiae, le circostanze attenuanti si tramutano in vere e proprie cause di non punibilità del soggetto, sebbene, chiaramente la responsabilità del fatto permanga. Proprio in ragione di ciò non solo la disapplicazione della sanzione in questo caso è meramente eventuale, ossia rimessa alla discrezionale valutazione dell’Autorità decidente, ma a quest’ultima è altresì assegnata la facoltà di comminare una diversa sanzione o, in alternativa, una penitenza. 

Le circostanze aggravanti

Volgendo ora l’attenzione alle circostanze aggravanti del delitto, esse sono enumerate al can. 1326 § 1 che prescrive che: “Il giudice deve punire più gravemente di quanto la legge o il precetto stabiliscono:

1º chi dopo la condanna o la dichiarazione della pena persiste ancora nel delinquere, a tal punto da lasciar prudentemente presumere dalle circostanze la sua pertinacia nella cattiva volontà;

2º chi è costituito in dignità o chi ha abusato dell’autorità o dell’ufficio per commettere il delitto;

3º chi essendo stabilita una pena per il delitto colposo, previde l’evento e ciononostante omise le precauzioni per evitarlo, come qualsiasi persona diligente avrebbe fatto;

4º chi abbia commesso il delitto in stato di ubriachezza o in altra perturbazione della mente, ricercate ad arte per mettere in atto il delitto o scusarsene, o a causa di passione volontariamente eccitata o favorita”.

Gli ulteriori effetti determinati dalla presenza di una o più circostanze aggravanti sono poi indicati ai successivi §§ 2 e 3. Segnatamente, il Legislatore stabilisce che all’autore del fatto di reato aggravato, per cui l’Ordinamento preveda una pena latae sententiae, possa essere imposta un’ulteriore sanzione o penitenza, da aggiungersi a quella di per sé già prevista per la forma di reato non circostanziata.

Da ultimo, qualora la sanzione originariamente prevista sia di tipo facoltativo, la stessa si tramuterà in obbligatoria a fronte dell’accertamento di una delle aggravanti di cui al § 1. La ratio sottesa a essa disciplina appare chiara, dal momento che la Chiesa intende rispondere alla esigenza di tradurre sul piano della punibilità in concreto la maggiore censurabilità della condotta perpetrata.

Le circostanze esimenti e la esclusione della punibilità

A questo punto, oggetto di una analisi peculiare sono le cd. circostanze esimenti, individuate dal Legislatore al can. 1323.

Occorre immediatamente precisare che le fattispecie ivi enumerate integrano ipotesi differenti tra loro, rannodate tuttavia dal comune denominatore della disapplicazione della sanzione. Dette circostanze, quindi, incidono sulla punibilità in concreto dell’autore materiale del fatto di reato, tuttavia diversamente rapportandosi ciascuna di esse alla sussistenza o meno della antigiuridicità della condotta e della grave imputabilità. 

Alla luce di ciò, la dottrina canonistica distingue tra circostanze esimenti in senso proprio e in senso improprio.

Le prime non incidono sulla antigiuridicità del fatto, che permane, diminuendo (ma non elidendo) la grave imputabilità del fatto al suo autore. Alla base, quindi, vi è una valutazione aprioristica effettuata dall’Ordinamento giuridico che, traendo origine dalla attenuazione dell’elemento soggettivo, considera opportuno esimere dalla sanzione; in caso contrario, si rischierebbe di incappare in uno sterile automatismo sanzionatorio, inidoneo a perseguire sul piano antropologico, ancor prima che giuridico, le note finalità della pena canonica: l’emendamento del reo, la riparazione dello scandalo e il ristabilimento della comunione ecclesiastica.  

Per altro verso, le circostanze esimenti cd. in senso improprio sono integrate da particolari condizioni nelle quali il soggetto si trova a operare e che, per loro natura, fanno venire meno l’elemento costitutivo soggettivo del delitto della grave imputabilità. Conseguenza evidente di tale assunto è che l’esenzione dalla pena è una conseguenza inevitabile data la assenza tout court del delitto e non già, come nel precedente caso, il frutto di una valutazione politico-criminale circa la concreta opportunità della sanzione. 

In particolare, sono esimenti in senso improprio quelle indicate ai nn. 2, 3, 5, 6, 7 del can. 1323. Segnatamente, non è passibile di alcuna pena chi, quando violò la legge o il precetto:

  • senza sua colpa ignorava di violare una legge o un precetto; all’ignoranza sono equiparati l’inavvertenza e l’errore;
  • agì per violenza fisica o per un caso fortuito che non potè prevedere o previstolo non vi potè rimediare;
  • agì per legittima difesa contro un ingiusto aggressore suo o di terzi, con la debita moderazione;
  • era privo dell’uso di ragione, ferme restando le disposizioni dei cann. 1324, § 1, n. 2 e 1326, § 1 n. 4;
  • senza sua colpa credette esserci alcuna delle circostanze di cui ai numeri quattro o cinque.

Ai restanti numeri 1 e 4 sono indicate le cd. esimenti in senso proprio, rientrandovi i casi di chi, al momento del fatto:

  • non aveva ancora compiuto i 16 anni di età;
  • agì costretto da timore grave, anche se solo relativamente tale, o per necessità o per grave incomodo, a meno che tuttavia l’atto non fosse intrinsecamente cattivo o tornasse a danno delle anime.

Conclusioni

L’indagine sulle circostanze del delitto assume un ruolo centrale nel sistema penale della Chiesa; essa, infatti, si pone in relazione specifica con l’esigenza del Diritto Canonico di perseguire una finalità di giustizia effettiva e sostanziale. Da ciò discende il dovere dell’Autorità di vagliare con attenzione le peculiarità del singolo caso, le condizioni specifiche in cui il soggetto si è trovato ad agire; ciò primariamente perché l’uomo, al centro del processo, sperimenti un concreto adeguamento del pur necessario rigore della norma alla propria esperienza di vita. Soltanto in questo modo, anche l’inflizione di una sanzione potrà essere percepita come giusta sia dal reo che dalla comunità dei fedeli, perseguendo in pieno le finalità che le sono proprie.

Bibliografia

Fiandaca G. –  Musco E., Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2019.

Pighin B. F., Il nuovo sistema penale della Chiesa, Venezia, 2021.

Suchecki Z., Le sanzioni penali nella Chiesa, Città del Vaticano, 2018.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Carlotta Marciano di Scala

Avvocato in Foro civile, dottoranda in Diritto Canonico.

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Vox Canonica nasce nell’anno 2020 dal genio di un gruppo di appassionati giovani studenti di diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense.

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