La convalidazione semplice del matrimonio (cann. 1156-1160)

convalidazione
Marc Chagall, Saint Jean Cap Ferrat, 1949, collezione privata

Non sono infrequenti i casi di matrimoni apparentemente validi che, in realtà, sono giuridicamente nulli. In tali casi, la Chiesa suggerisce – nel superiore interesse della famiglia – la convalidazione del matrimonio invalido. Solo nell’ipotesi in cui le circostanze particolari del caso la sconsigliano o le difficoltà dei coniugi la rendono non percorribile, ammette l’introduzione del giudizio per la dichiarazione di nullità del matrimonio [1].

Il Legislatore ha previsto due diverse fattispecie di convalidazione del matrimonio: la convalidazione semplice, disciplinata dai cann. 1156 – 1160, e la sanazione in radice, regolata dai cann. 1161 – 1165. La prima richiede il rinnovo del consenso nuziale di uno o di entrambi i coniugi; la seconda invece è concessa dalla competente autorità ecclesiastica e non esige la rinnovazione del consenso.

In entrambe le ipotesi, il matrimonio diventa valido ex nunc, vale a dire dal momento in cui si rinnova il consenso oppure si concede la grazia della sanazione in radice. Per quanto attiene gli effetti canonici, nella convalidazione semplice il matrimonio opera ex nunc; mentre nella sanazione in radice, per retroattività giuridica, opera ex tunc, ovvero dal momento in cui fu contratto il matrimonio apparentemente valido, salvo che sia disposto diversamente.

La convalidazione di un matrimonio nullo a causa di un impedimento

Il can. 1156 CIC prevede due condizioni per la convalidazione di un matrimonio invalido celebrato in presenza di un impedimento. La prima condizione richiede il venir meno dell’impedimento che ha dato origine alla nullità del matrimonio. Tale estinzione può avvenire in diversi modi. L’impedimento può infatti cessare da sé, è il caso dell’impedimento di età minima che viene meno con il compimento dell’età richiesta per contrarre matrimonio [2], o anche dell’impedimento di precedente vincolo coniugale che cessa ipso facto con la morte del coniuge del primo matrimonio. Inoltre, l’impedimento può altresì estinguersi per volontà di una o di entrambe le parti, ad esempio nell’ipotesi di disparità di culto quando la parte non battezzata riceve il battesimo valido nella Chiesa Cattolica. Infine, l’impedimento può venir meno per intervento dell’autorità ecclesiastica competente che dichiara nullo il precedente matrimonio o la precedente ordinazione.

La seconda condizione richiede il formale rinnovo del consenso nuziale, contraddistinto ovviamente da tutti gli elementi e le qualità richieste per la validità del matrimonio. Si tratta infatti di un nuovo atto formale, distinto dal primo, posto da uno o da entrambi i coniugi, e comunque da colui che sappia o supponga che il matrimonio contratto sia stato nullo dall’inizio a causa dell’impedimento. È evidente che qualora sia una sola parte a rinnovare il consenso, è necessario che perduri il consenso prestato dall’altro coniuge che, a norma del can. 1107, si presume perduri finché non consti positivamente della sua revoca. La rinnovazione del consenso è prescritta dalla normativa canonica ad validitatem per motivi di carattere prudenziale.

Per quanto attiene le modalità di convalidazione semplice, il can. 1158 CIC distingue in base al tipo di impedimento che ha provocato la nullità. Se l’impedimento è pubblico – nel senso che può essere provato in foro esterno (can. 1074) o divulgato – il consenso deve essere rinnovato da entrambe le parti nella forma canonica, salvo il disposto del can. 1127 § 2 (dispensa dalla forma nei matrimoni misti).

Se invece l’impedimento è occulto – nel senso che non può essere dimostrato in foro esterno o divulgato – è sufficiente che il consenso sia rinnovato in privato, ossia senza la forma prescritta (can. 1108), e in segreto [3], dalla parte consapevole dell’impedimento purché l’altra ovviamente perseveri nel consenso già prestato, o da entrambe le parti se l’impedimento è noto all’uno e all’altro coniuge.

La convalidazione di un matrimonio nullo per difetto di consenso

Il consenso è l’elemento costitutivo essenziale del matrimonio (can. 1057, § 1). La sua mancanza (consenso simulato) o un suo vizio sostanziale (cann. 1096-1099) rendono nullo il contratto matrimoniale. In tali casi, il can. 1159 § 1 CIC stabilisce che per convalidare il matrimonio è necessario che il consenso sia debitamente rinnovato, eliminando la causa che ne ha determinato la mancanza o il vizio. Dovrà rinnovare il consenso la parte che ha mancato di darlo o lo ha dato sostanzialmente viziato, purché la comparte perseveri nel consenso già prestato.

È bene precisare che se il difetto o il vizio del consenso possono essere dimostrati nel foro esterno o divulgati, è necessario che il consenso sia prestato nella forma canonica da entrambe le parti. Se invece il difetto o il vizio non possono essere provati né divulgati, è sufficiente che la parte che ha mancato di darlo, lo presti privatamente (ossia non nella forma canonica) e in segreto.

La convalidazione di un matrimonio nullo per difetto di forma

Infine, il Legislatore ha altresì previsto la possibilità di convalidare un matrimonio nullo per difetto di forma canonica. Sussiste un difetto di forma quando il matrimonio è celebrato in assenza del ministro competente per facoltà ordinaria o delegata, salvo che la Chiesa supplisca la mancanza della necessaria facoltà a norma del can. 144 CIC, oppure in assenza dei testimoni comuni o anche uno solo di essi. Lo stesso matrimonio contratto da due battezzati con il rito civile può essere considerato un matrimonio nullo per difetto di forma canonica [4].

In tutte queste ipotesi, il difetto di forma è essenzialmente pubblico, in quanto può essere dimostrato in foro esterno, ed è per questo motivo che il can. 1160 CIC prescrive la rinnovazione del consenso matrimoniale nella forma canonica a norma del can. 1108, salvo sempre il disposto del can. 1127 § 2 (dispensa dalla forma nei matrimoni misti).

Note

[1] L. Sabbarese, Il matrimonio canonico nell’ordine della natura e della grazia – Commento al Codice di Diritto Canonico – Libro IV, Parte I, Titolo VII, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2019, p. 395.

[2] L. Chiappetta, Il Codice di diritto canonico: commento giuridico-pastorale, Vol. 2, EDB, Bologna 2011, p. 316.

[3] F.M. Cappello, Tractatus canonico-moralis de sacramentis, Vol. 5, De matrimonio, Editio sexta accurate emendata et aucta, Marietti, Taurini-Romae 1950, p. 850.

[4] Cfr. G. Montini, La convalidazione del matrimonio: semplice; sanazione in radice, in Aa. Vv., Matrimonio e disciplina ecclesiastica, Glossa, Milano 1996, pp. 191-194.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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