La Prelatura territoriale e l’Abbazia territoriale: approfondimento del can. 368

prelatura pompei

Can. 368 – Le Chiese particolari, nelle quali e dalle quali sussiste la sola e unica Chiesa cattolica, sono innanzitutto le diocesi, alle quali, se non consta altro, vengono assimilate la prelatura territoriale e l’abbazia territoriale, il vicariato apostolico e la prefettura apostolica e altresì l’amministrazione apostolica eretta stabilmente.

Dopo aver fatto emergere le radici teologiche delle Chiese particolari e aver scoperto gli elementi caratteristici e qualificativi delle diocesi (qui), possiamo analizzare le varie strutture ecclesiastiche che il can. 368 assimila alle diocesi, che rimane l’ immagine d’eccellenza della Chiesa particolare.
Innanzitutto, il verbo “assimilare” da “assimilo”- “ad+simulo” [1], indica il paragonare, una somiglianza tra queste figure e la diocesi. Somiglianza che non è uguaglianza. Tra realtà assimilate non si può parlare di identità. Il canone 370 ci viene incontro indicandoci i tratti giuridici caratteristici di una prelatura territoriale e dell’abbazia territoriale:

Can. 370. La prelatura territoriale, o l’abbazia territoriale, è una determinata porzione del popolo di Dio, circoscritta territorialmente, la cura della quale viene affidata, per circostanze speciali, ad un Prelato o ad un Abate che la governa a modo di Vescovo diocesano, come suo pastore proprio.

Dunque, tali figure giuridiche non sono diocesi, ma per una economia normativa si applica anche a loro la disciplina stabilita per le Chiese particolari[2].

La Prelatura territoriale e l’Abbazia territoriale erano dette, in passato, nullius dioecesis.

L’origine delle prime risale ad alcuni capitoli secolari che esercitavano la cura pastorale sul popolo che gli era vicino, fino a sottrarlo dalla giurisdizione del vescovo, e per questo divenute nullius dioecesis, invece le Abbazie Territoriali hanno avuto invece origine da monasteri, che anche esercitavano cura pastorale sul popolo vicino, divenendo anch’essi indipendenti dai vescovi[3].

Per tale motivo anche il Codice del 1917 le definiva entrambe nullius dioecesis, che sottolineava il loro essere esenti dalla giurisdizione diocesana.

Per poterle comparare con le diocesi, analizziamo gli elementi giuridici essenziali della Prelatura territoriale, che sono:
– una determinata porzione del popolo di Dio;
– territorialmente circoscritta;
– sotto la cura di un Prelato che le governa “come” un Vescovo diocesano.

Appaiono chiari gli elementi che la Prelatura ha in comune con la Diocesi, che riguardano: la presenza di parte del popolo di Dio: christifidelis laici, chierici e membri di vita consacrata, una porzione di territorio circoscritto nei confini e l’essere posta sotto la cura di un’autorità.

Fondamentale è nella Prelatura “territoriale” l’elemento costitutivo, appunto, del territorio, poiché è l’appartenenza a questo che circoscrive la potestà.

A capo vi è un Prelato, che governa come un vescovo diocesano, pur non essendo necessariamente investito di consacrazione episcopale.
Questo elemento di differenza è da tenere in considerazione per la nostra analisi comparativa. È infatti molto importante sottolineare che il Prelato che governa su una prelatura, pur non essendo necessariamente dotato di consacrazione episcopale, nella sua prelatura si comporta proprio come un Vescovo. La sua potestà è infatti ordinaria e propria e il diritto lo inserisce nella tipologia degli Ordinari, al can 134, 1.
Il Prelato potrebbe quindi essere un Vescovo, un presbitero o anche semplicemente membro di un istituto religioso, ma agirebbe sempre come Ordinario. Come regola generale è nominato dal Romano Pontefice.
Esempi di prelatura territoriale sono la prelatura di Pompei, eretta il 20 marzo del 1926[4].

È bene sottolineare che totalmente diversa è la Prelatura personale, che il codice non assimila affatto alla diocesi.

Et Abbatia Territorialis:

Come abbiamo visto, le Abbazie sono disciplinate nello stesso canone 370. Esse hanno avuto origine da monasteri che si sono, successivamente, staccati dalla cura dei Vescovi diocesani facendo ottenere agli Abati la giurisdizione quasi-episcopale sia sui monaci, sia su tutte le chiese dipendenti dal monastero. Essi ottennero anche la concessione sull’uso dei pontificali[5]. Anche queste sono delle strutture ecclesiastiche che il codice assimila alle diocesi: qui la cura pastorale dei fedeli è affidata all’Abate il quale, generalmente, non è ordinato Vescovo.
Un esempio di Abbazia è quella di Montecassino, eretta nel VI sec.[6]

Circa le Abbazie territoriali, la Congregazione per i Vescovi ha emanato delle norme che hanno vietato l’erezione futura di simili circoscrizioni, inoltre Paolo VI ha vietato di ordinare Vescovi gli Abati[7].

In conclusione, per quello che riguarda le Prelature territoriali e le Abbazie territoriali sono molte le somiglianze con la diocesi: è presente, infatti, l’elemento del popolo di Dio, del Ministro di governo e del territorio.
Le differenze ci interrogano su alcune problematiche giuridiche, esse sono riscontrabili nella non obbligatorietà della consacrazione episcopale per coloro che sono al governo. Sia il Prelato che l’Abate hanno una potestà ordinaria, non vicaria, governano non godendo della trasmissione apostolica che è riservata al Vescovo. La particolarità è che in questi casi l’apostolicità è concessa loro proprio in funzione dell’ufficio che occupano, e non necessariamente per trasmissione ricevuta da consacrazione episcopale.

Note bibliografiche

[1] Castiglione Mariotti, «Adsimulo (assimulo)», Vocabolario della Lingua latina, Loescher Editore, Milano 1995.

[2] Cfr Codice di Diritto Canonico,. Commento al Can 368,  Pontificia Università della Santa Croce, Colletti a San Pietro, Roma 2004, 304.

[3] Cfr F.J. Ramos, Le Diocesi nel Codice di Diritto Canonico, studio giuridico-pastorale sulla organizzazione ed i raggruppamenti delle Chiese particolari, Millennium, Roma 1997 , 65.

[4] Ibidem, 1022                                                                                                     

[5] Cfr Ibidem, 1081- 1082.

[6] Cfr Ibidem,  1026.

[7] Paolo VI, Lettera apostolica Motu Proprio Catholica Ecclesia, 23 ottobre 1976, in AAS 68 (1976), 694-696.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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