Favor veritatis e Salus animarum: la Chiesa e il can. 1752

salus animarum
Ambrogio LorenzettiAllegoria del Buon Governo, 1338-1339, affresco. Siena, Palazzo Pubblico, Sala della Pace (particolare

Due principi costitutivi

Nell’epoca dei profeti del falso e di chi mette in dubbio ormai tutto di quanto accade nella Chiesa e di quanto viene detto, giova ricordare due dei principi fondamentali sui quali la Chiesa stessa si appoggia e che nel tempo hanno significato il suo radicamento nell’insegnamento del Fondatore: il favore per la Verità e la Salvezza delle anime.

Questi due concetti sono stati posti a compimento e sintesi di tutto il sistema legislativo canonico, significando quei valori imprescindibili dai quali nessuna norma potrà mai derogare.

Non possiamo prescindere dal comparare il principio del favor veritatis con il fondamento del Diritto canonico, la salus animarum, contenuta nel can. 1752 C.I.C., l’ultimo del Codex del 1983, che chiosa tutti i canoni prima enunciati, offrendo una chiave di lettura che svolta, in un certo senso, l’interpretazione di tutte le norme, nell’ottica di una antropologia teologica rinnovata e riletta dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

Iniziamo enunciando quanto il canone chiaramente afferma:

«In causis translationis applicentur præscripta canonis 1747, servata æquitate canonica et præ oculis habita salute animarum, quæ in Ecclesia suprema semper lex esse debet»[1].

Due appaiono i punti focali sui quali riflettere: “servata æquitate canonica” e “salute animarum, quae in Ecclesia suprema semper lex esse debet”.

Il concetto di Aequitas medievale

Per inquadrare il concetto di Æquitas, dalle sue origini bisogna risalire, senza dubbio, all’ordine giuridico medievale. In quest’epoca storica, il potere politico si risolveva nello ius dicere, nel dire il diritto, pur nella consapevolezza dell’essere realtà preesistente del diritto stesso, increata rispetto al potere, per ciò stesso da quest’ultimo solo dicibile [2].

Questa importante nozione, che altro non è che la nozione di iurisdictio, segnala nitidamente una ulteriore realtà che riconduce al concetto di Lex.

Quest’ultimo è un termine ovviamente più scarno rispetto alla moderna Legge, impregnata di concezioni e anche soluzioni (moderne), che effettivamente erano avulse dalla medievale Lex; d’altro canto non è sconosciuta certamente l’antiteticità, quasi, dei termini Lex, iurisdictio, interpretatio, relativamente al moderno termine “Legge”.

La Lex medievale, più che forma era sostanza, la Legge, invece, è tipicizzata come atto di imperio, ossia manifestazione della volontà dell’autorità, ovvero l’aspetto che caratterizza una qualsiasi regola come legge [3].

Chiarito questo divario, dunque, facilmente arriviamo a dire che, l’idea di una Lex che non sia mera volontà di una auctoritas, o atto d’imperio di quest’ultima, bensì possa identificarsi come lettura delle regole ragionevoli — intrise quindi di rationabilitas — della natura, pervaderà così visceralmente il pensiero del medioevo che si giungerà a definire questa tipologia di Leges, così interpretate, come æquitatis interpres [4].

Questa è indubbiamente una variazione di gradissimo rilievo [5]. Pacificamente, allora si asserisce che æquitas è il complesso ordinato e armonico, di regole, di istituti, che — prescindendo dalle forme giuridiche — si può riscontrare con sguardo umile e attento nella realtà delle cose.

L’aequitas nella riflessione canonistica

Da questo concetto nasce il più monumentale e granitico concetto di Æquitas Canonica, che impregna il Diritto canonico giungendo fino ai giorni nostri.

Centriamo lo sguardo sullo Ius ecclesiæ, costituito, da un lato, da una sorta di “diritto costituzionale” — il Diritto divino — immobile ed imperituro, dall’altro, il mobilismo ed elasticissimo del Diritto umano — meramente ecclesiastico — pronto in qualche modo ad adeguarsi, per motivi pastorali ai luoghi, ai tempi, motivazioni e circostanze che eventualmente lo richiedessero [6].

Tale peculiarità è una costante del Diritto canonico, di ieri e di oggi, che denota il suo essere strumentale rispetto a finalità più alte della missione della Chiesa.

Con tale particolarità i richiami alla temperanza e all’affievolimento della norma, abbandonano il vago delle nozioni appena abbozzate e diventano un qualcosa di maggiormente preciso, anzi, di più tecnicamente preciso, divengono æquitas, æquitas canonica [7].

Dunque, il Diritto divino naturale, instillato da Dio stesso fin dal principio dei secoli nel profondo della coscienza umana ed identificantesi in una scelta squisitamente razionale, per ciò stesso perpetuo, immutabile, intaccabile rispetto alle forze storiche e il Diritto umano, che la Chiesa non irrigidisce in regole di assolutismo generale, ma cariante a seconda di una razionale æquitas [8].

A questo punto, allora, l’æquitas da vago ideale di giustizia effettiva addiviene a principio generale e istituto cardine di un ordinamento giuridico, anzi, diviene addirittura fonte di Diritto. Questo elemento non poteva che essere tale se non per il peculiarissimo Diritto della Chiesa, in quanto richiamato dalla ratio peccati vitandi e dal periculum animæ, elementi che la esigono.

L’aequitas canonica e la salus animarum

L’æquitas canonica, dunque, è quella elasticità che il Diritto canonico prevede, onde evitare che, in taluni casi, l’applicazione della Legge possa essere maggiormente dannosa rispetto all’applicazione della legge stessa.

Questo è possibile solo in un ordinamento che non guarda al mero formalismo legale, ma alla persona, centro dell’ordinamento stesso.

Ultima considerazione è indubbiamente quella relativa alla suprema lex ecclesiæ, la salus animarum.

Abbiamo volutamente lasciato come ultima riflessione la seguente, perché in qualche modo, quello della salus animarum è il principio che in sé tutto racchiude.

Nell’ultimo canone del Codice di Diritto Canonico si dichiara che la salvezza delle anime deve essere sempre nella Chiesa la Legge suprema.

Questa affermazione trova la sua fonte nella Prima Lettera di San Pietro laddove si legge: «Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la meta della vostra fede: la salvezza delle anime» [10].

Possiamo dunque leggere con le parole dell’Apostolo Pietro, che essendo la salus animarum meta della fede, può identificarsi con Dio stesso, in qualche maniera, anzi bene identificabile con Dio stesso.

Già Paolo VI, sosteneva che la salvezza delle anime doveva costituire il centro, anche interpretativo, di tutta la legislazione ecclesiastica [11].

Si nota, dalle parole di Papa Montini che la Chiesa riconosce alle sue Leggi la natura e la funzione strumentale e pastorale per perseguire il suo fine proprio che è il raggiungimento della salvezza delle anime.

Il Magistero ecclesiastico costantemente, nella storia fa riferimenti a questo tema radicandolo su un classico e basilare principio della tradizione canonica: «omnis institutio ecclesiasticarum legum ad salutem referenda est animarum» [12].

Questa Legge suprema della Chiesa — a cui è riferita qualsiasi formazione legislativa — rende l’Ordinamento canonico realmente sui generis rispetto agli ordinamenti civili, perché non è chiuso nei confini dell’esistenza umana e di una giustizia legale, bensì li trascende e li sovrasta indicando l’orizzonte della vita eterna. In effetti nel Diritto canonico sono presenti degli istituti che non esistono nei diritti degli Stati, quali la dispensa, il privilegio, la sospensione dall’irrogazione delle pene, perfino la tolleranza dissimulante che crea la consuetudine contra ius.

Si tratta di istituti comprensibili e attuabili soltanto alla luce della salus animarum, la quale deve pure illuminare l’applicazione e l’interpretazione dei canoni con l’æquitas, di cui prima.

Dunque, è pacificamente dedotto che anche l’æquitas è compresa, è inglobata nell’unico grande principio fondante del Diritto canonico. Alla luce dell’ultimo canone rileggiamo e comprendiamo l’Ordinamento della Chiesa, ma soprattutto ne comprendiamo la peculiarità. Alla fine il favor veritatis è anch’esso inglobato null’unica finalità che ricomprende e da cui tutto promana: la salus animarum.

In sintesi

A volte, abbiamo la sensazione che il positivismo giuridico e il mito della certezza del Diritto positivo, che negli ordinamenti statali hanno già soverchiato ogni altro principio, intacchino anche l’Ordinamento canonico.

Questo potrebbe sembrare, essendo il discernimento secondo la salus animarum talora faticoso, perché non rispondente a stereotipi fissi, ma mutevole, come mutevole è la persona, fulcro del nostro ordinamento e perno attorno al quale tutto ruota.

Vi è una formula, che si attribuisce a Papa Innocenzo III, divenuta costantemente presente all’inizio delle sentenze dei giudici ecclesiastici, che a nostro parere può sintetizzare quanto detto: «Solum Deum pro oculis habentes» [13].

Questa può riassumere il criterio con il quale ogni formulazione legislativa ecclesiastica, dipendendo da un qualcosa di più alto, si “adegua” al soggetto cui è applicata.

Inoltre, sulla base di tutto quanto detto, possiamo rileggere la formula asserendo di avere dinanzi agli occhi soltanto la Verità — essendo Dio prima veritas — e quindi ritornare a quanto in partenza dicevamo.

Soltanto avendo costantemente dinanzi agli occhi la Verità, l’Ordinamento canonico riuscirà ad incarnare la missione a cui è chiamato: la salvezza delle anime; tenendo conto del fatto che: «La Legge divina […] non è suscettibile di invecchiamento alcuno ed è sempre comprensiva di una norma per il caso concreto, cosicché ogni pericolo per la certezza del diritto resta fugato in radice» [14].

Note bibliografiche

[1] Can. 1752, C.I.C. 1983.

[2] Cfr. P. Grossi, L’ordine giuridico medievale, Laterza, Bari (2011), pag.135.

[3] Cfr. Ibidem, pagg. 136-137.

[4] Questo termine era riferito ai prelati delle corti inglesi, spesso cancellieri del re, i quali applicavano il diritto con “equità”, dunque secondo una concezione anche personalistica, derivante dalla religione cattolica. Per questo motivo erano chiamati appunto “interpreti dell’equità”.

[5] Cfr. C. Peterson, Das schwedische Gesetzbuch von 1734: Ein Gesetzbuch mittelarcheriter Tradition oder reformerischer Aufklarungskodifikation?, in H Mohnhaupt (cur.), Revolution, Reform, Restauration, Klostermann, Frankfurt am MAin (1988), pagg. 98-99.

[6] Cfr. P. Grossi, L’ordine giuridico medievale, pag.210.

[7] Cfr. E. Wohlhaupter, Aequitas canonica. Eine Studie aus dem kanonischen Recht, Shoningh, Paderborn (1931), pag. 406.

[8] Cfr. P. Grossi, L’ordine giuridico medievale, pag. 211.

[9] Ibidem, pag. 213.

[10] 1Pt 1,3.

[11] Paolo pp. VI, Discorso ai partecipanti al II Congresso Internazionale di Diritto Canonico, 17.09.1973, in URL: www.vatican.va (consultato il 9 agosto 2021).

[12] I. Carnutensis, Epistola LX, in J.P. Migne (cur.), Patrologiae cursus completus, apud J.P. Migne editorem, Parisiis, tomus CLXII, pag. 64.

[13] J. Jullien, Sur la “regula prima” de la proceduire judiciaire canonique au seculière, in Reveu de droit canonique, XIII (1963), 97.

[14] P.A. Bonnet, Giudizio ecclesiale e pluralismo dell’uomo Studi sul processo canonico, Torino (1998), 463.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

 

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Cristian Lanni

Nato nel 1994 a Cassino, Terra S. Benedicti, consegue, nel 2013 la maturità classica. Iscrittosi nello stesso anno alla Pontificia Università Lateranense consegue la Licenza in Utroque Iure nel 2018 sostenendo gli esami De Universo Iure Romano e De Universo Iure Canonico. Nel 2020 presso la medesima università pontificia consegue il Dottorato in Utroque Iure (summa cum laude) con tesi dal titolo "Procedimenti amministrativi disciplinari e ius defensionis", con diritto di pubblicazione. Nel maggio 2021 ha conseguito il Diploma sui "Delicta reservata" presso la Pontificia Università urbaniana, con il Patrocinio della Congregazione per la Dottrina della Fede e nel novembre 2022 il Baccellierato in Scienze Religiose presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, presso cui è iscritto ai corsi per la Licenza. Dal luglio 2019 è iscritto con nomina arcivescovile all'Albo dei Difensori del Vincolo presso la Regione Ecclesiastica Abruzzese e Molisana, operante nel Tribunale dell'Arcidiocesi di Chieti, dal settembre dello stesso anno è docente presso l'Arcidiocesi di Milano. Nello stesso anno diviene Consulente giuridico presso Religiosi dell'Arcidiocesi di Milano. Dal giugno 2020 è iscritto con nomina arcivescovile all'Albo degli Avvocati canonisti della Regione Ecclesiastica Lombarda. Dal 2021 collabora con il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Sardo e come Consulente presso vari Monasteri dell'Ordine Benedettino. Dal 13 novembre 2022 è Oblato Benedettino Secolare del Monastero di San Benedetto in Milano. Dal 4 luglio 2024 è membro dell'Arcisodalizio della Curia Romana.

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Vox Canonica nasce nell’anno 2020 dal genio di un gruppo di appassionati giovani studenti di diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense.

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