Sacrosanctum Concilium, tra norme e liturgia nel I documento del Concilio Vaticano II / II parte

Liturgia

Continuiamo il nostro cammino, iniziato con lo scorso articolo della rubrica Ius et Oratio, volto ad aiutarci a mettere maggiormente in luce il primo documento del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Il Mistero Eucaristico

Il secondo capitolo si concentra sul Mistero Eucaristico. Tutto l’anno liturgico è scandito dal susseguirsi delle domeniche in cui la Chiesa, fin dagli inizi, si raduna in assemblea liturgica per celebrare il Mistero Pasquale di Cristo.

La Domenica è il “giorno del Signore”, Kyriaké heméra [1], in latino dies Dominicus in cui facciamo memoria di ciò che fece il Signore nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito quando «istituì il Sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua Morte e della sua Risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convitto pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura» [2].

La celebrazione del Mistero Eucaristico rappresenta la pietra angolare su cui si posa tutta la vita della Chiesa [3] perché in essa si attua la santificazione del popolo di Dio, fino alla domenica senza tramonto, alla Pasqua eterna e definitiva di Dio con le sue creature [4].

Il rinnovamento liturgico è il frutto più visibile di tutta l’opera conciliare. Le fonti da cui le radici della Sacrosanctum Concilium traggono origine sono la Scrittura e la Tradizione dei Padri. Questo aspetto è abbondantemente messo in luce nella Costituzione stessa:

«Affinché la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura»[5].

Da questo articolo della Costituzione comprendiamo la profonda unione che viene ad esistere tra la conoscenza della Scrittura ed una reale possibilità di operare l’auspicata riforma liturgica. Infatti, è proprio grazie alla Scrittura che si raccoglie la nostra vera e autentica volontà di conversione perché sarà lei colei che “ri-forma”, così come in principio ha dato la “forma” all’uomo e al mondo: «Dio disse: “sia la luce!”. E la luce fu» (Gen 1,3). La liturgia, quindi, celebra lo stesso Mistero che la Scrittura contiene:

«Nella celebrazione liturgica la sacra Scrittura ha una importanza estrema. Da essa infatti si attingono le letture che vengono poi spiegate nell’omelia e i salmi che si cantano; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preghiere, le orazioni e i carmi liturgici; da essa infine prendono significato le azioni e i simboli liturgici. Perciò, per promuovere la riforma, il progresso e l’adattamento della sacra liturgia, è necessario che venga favorito quel gusto saporoso e vivo della sacra Scrittura, che è attestato dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali» [6].

La stessa riflessione vale anche per la tradizione patristica dalla quale la Sacrosanctum Concilium recupera la semplicità e la brevità, caratteristiche che ben si amalgamano con la profondità e la qualità delle celebrazioni:

«I riti splendano per nobile semplicità; siano trasparenti per il fatto della loro brevità e senza inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli né abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni» [7].

Ancora:

«I riti, conservata fedelmente la loro sostanza, siano semplificati; si sopprimano quegli elementi che, col passare dei secoli, furono duplicati o aggiunti senza grande utilità; alcuni elementi invece, che col tempo andarono perduti, siano ristabiliti, secondo la tradizione dei Padri, nella misura che sembrerà opportuna o necessaria» [8].

Inizia quindi con il Documento conciliare della Sacrosanctum Concilium la riscoperta della Scrittura e dei Padri della Chiesa, dando vita ad un “ritorno alle fonti”. La vita della Chiesa ai suoi albori aveva questa profonda unità fra Sacra Scrittura, Padri della chiesa e liturgia. 

In questo modo è chiaro perché l’educazione alla vita liturgica rappresenta il punto nevralgico  della vita della Chiesa stessa perché «essa infatti è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano» [9].

Il rinnovamento della liturgia volto a risaltare la realtà dell’intera comunità ecclesiale

La conoscenza del rapporto tra liturgia e Chiesa può percorrere numerosi sentieri; ne è testimonianza la voluminosa bibliografia che ha visto la luce soprattutto nell’intreccio del lavoro portato avanti da biblisti, liturgisti ed ecumenisti nel contesto soprattutto ecclesiologico, a partire dal sec. XIX, poi nel sec. XX arrivando al suo apice nei documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Da questo evento, soprattutto, è nata una riforma e un rinnovamento liturgico in cui il dato cultuale ha contribuito a risaltare la realtà dell’intera comunità ecclesiale come struttura che si esprime particolarmente nella celebrazione, tanto che nella liturgia si ha la massima espressione della comunità orante.

L’approfondimento, del rapporto tra liturgia ed ecclesiologia aiuta a cogliere più in profondità il senso del culto cristiano non come un insieme di riti ma come linguaggio simbolico di una realtà di popolo in cammino, che si manifesta nei sacramenti, secondo i paradigmi della storia dell’antico popolo di Israele, e secondo le vie tracciate dallo stesso Maestro e Signore nell’inviare i suoi ad annunciare il Vangelo e a fare discepoli tutte le genti [10].

A tal proposito dice la Sacrosanctum Concilium che «i Sacramenti sono ordinati alla santificazione degli uomini, alla edificazione del Corpo di Cristo e, infine, a rendere culto a Dio; in quanto segni, hanno poi la funzione di istruire. Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono» [11]. Ci soccorre anche il Catechismo della Chiesa cattolica che aggiunge a riguardo dei Sacramenti «sono segni sensibili ed efficaci della grazia, istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina»[12].

È facile comprendere, da queste prime battute, il ruolo importante che i sacramenti rivestono all’interno della chiesa. Per questa ragione occupano grande spazio anche all’interno del Codice di Diritto Canonico (Libro IV, La funzione di santificare della Chiesa) il quale, nella prima parte scrive «I sacramenti del Nuovo Testamento, istituiti da Cristo Signore e affidati alla Chiesa, in quanto azioni di Cristo e della Chiesa, sono segni e mezzi mediante i quali la fede viene espressa e rafforzata, si rende culto a Dio e si compie la santificazione degli uomini, e pertanto concorrono sommamente a iniziare, confermare e manifestare la comunione ecclesiastica; perciò nella loro celebrazione sia i sacri ministri sia gli altri fedeli debbono avere una profonda venerazione e la dovuta diligenza»[13].

L’importanza dei Sacramenti è data anche dall’attenzione con la quale la Chiesa, nella sua maternità, si affanna per offrire ad ogni battezzato l’occasione della preparazione dei sacramenti che nella quasi totalità delle parrocchie viene svolta. Questa riflessione porta con sé anche l’attenzione verso un nuovo modo di annunciare e far conoscere il Vangelo.

Ci si rende conto ormai, che la catechesi nel modo classico in cui viene portata avanti, non porta i frutti desiderati. Probabilmente è necessaria, all’interno della Chiesa, una riflessione seria e reale su un possibile nuovo modo di riformare la catechesi. La Fede, i Sacramenti, la Carità vanno praticate, non apprese in un aula di catechismo; i Sacramenti sono validi e vivi in noi solo se ne facciamo un programma di vita e non un traguardo da raggiungere nelle nostre fasi di crescita.

I giovani hanno bisogno di essere testimoni attivi dei Sacramenti che ricevono e non solo dei passivi ascoltatori di belle idee e alti concetti. La riflessione sulla catechesi e sui sacramenti è orientata al futuro, al futuro della Chiesa, così com’è non serve più a granché. La gente ha bisogno di esempi credibili e di essere essa stessa un esempio credibile, d’altronde la prima e più importante catechesi l’ha fatta Gesù, con la sua stessa vita.

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Fonti

[1] Cfr. Didachè, 14,1.

[2] Concilio Ecumenico Vaticano II, N. 47.

[3] Cfr. CCC, 2177.

[4] Ufficio delle celebrazione liturgiche del Sommo Pontefice, Quando celebrare?/2: Il giorno del Signore (CCC 1166-1167).

[5] Concilio Ecumenico Vaticano II, n. 51.

[6] Concilio Ecumenico Vaticano II, n. 24.

[7] Concilio Ecumenico Vaticano II, n. 34.

[8] Concilio Ecumenico Vaticano II, n. 50.

[9] Concilio Ecumenico Vaticano II, n. 14.

[10] Cfr. Manlio Sodi, Il Concilio Vaticano II tra liturgia ed ecclesiologia, 2011, pp. 5-6.

[11] Concilio Ecumenico Vaticano II, n. 59.

[12] CCC, N. 224.

[13] CJC Can. 840.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

 

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Gianluca Pitzolu

Gianluca Pitzolu

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