I provvedimenti cautelari e urgenti: un’analisi del canone 1722 CIC

Provvedimenti cautelari
Giotto, allegoria della Giustizia, cappella Scrovegni, Padova, XIV sec. 

I provvedimenti disciplinati dal canone 1722 CIC sono definiti “provvedimenti cautelari e urgenti”[1] e sono temporanei, di natura amministrativa e non penale[2].

Consentono all’Ordinario[3] di intervenire immediatamente in qualunque stadio del processo penale, incidendo in maniera efficace nella condizione giuridica e di fatto del chierico accusato di gravi crimini[4].

Si differenziano dalle pene in senso stretto, anche in relazione agli scopi per i quali vengono disposti, poiché si applicano per la soddisfazione di esigenze sostanzialmente differenti rispetto a quelle tutelate con l’applicazione delle sanzioni canoniche, che coincidono con la riparazione dello scandalo, con il ristabilimento della giustizia, e con l’emendamento del reo[5].

Fatta questa dovuta premessa, andiamo ora ad analizzare il canone 1722 CIC:

Can. 1722 – L’Ordinario per prevenire gli scandali, tutelare la libertà dei testimoni e garantire il corso della giustizia, può in qualunque stadio del processo, udito il promotore di giustizia e citato l’accusato stesso, allontanare l’imputato dal ministero sacro o da un ufficio o compito ecclesiastico, imporgli o proibirgli la dimora in qualche luogo o territorio, o anche vietargli di partecipare pubblicamente alla santissima Eucaristia; tutti questi provvedimenti, venendo meno la causa, devono essere revocati, e cessano per il diritto stesso con il venir meno del processo penale.

I provvedimenti di cui al can. 1772 CIC limitano la libertà del soggetto e, proprio per tale loro invasività, richiedono la massima cautela nella loro adozione[6]. Non a caso, il can. 1722 CIC prevede che essi siano disposti dall’Ordinario solo dopo aver ascoltato il promotore di giustizia e aver citato l’imputato[7].

Queste misure cautelari per loro stessa natura non possono essere applicate a qualunque fedele, poiché riguardano solo i chierici. Possono concernere l’attività propria del chierico, oppure la sua persona fisica o la sua attività di fedele.

Per quanto concerne la sua attività di chierico si prevede:

a) l’esclusione da un ministero sacro;

b) l’esclusione da un ufficio;

c) l’esclusione da un compito.

In questi casi non si è di fronte a una sospensione (in quanto pena), come spesso erroneamente riporta la stampa nei casi di cronaca, e neppure al ritiro di una facoltà concessa (cfr. cann. 764 e 974 §1), bensì a un provvedimento cautelare che sottrae al chierico l’esercizio di una sua attività. Nel caso dell’esclusione da un ufficio il superiore provvederà al medesimo ufficio tramite un amministratore.

Per quanto attiene alla sua persona fisica si prevede:

a) l’imposizione di un luogo o territorio entro cui dimorare;

b) la proibizione di dimorare in un luogo o territorio.

Per quanto concerne la sua attività di fedele, si prevede la proibizione di partecipare pubblicamente all’Eucarestia.

I provvedimenti devono essere scritti, motivati e notificati a norma del diritto[8].

La revoca dei provvedimenti cautelari

Tutti questi provvedimenti devono essere revocati non appena venga meno il motivo, ovvero cessi la ragione per cui sono stati adottati.

Se c’è la necessità di garantire la libertà del testimone, si disporrà, ad esempio, l’allontanamento dell’imputato da un determinato luogo o territorio.

Una volta che il teste avrà reso la propria testimonianza, non ci sarà più ragione di mantenere in vigore la disposizione restrittiva adottata.

Potrebbe però esserci il rischio che questi provvedimenti restino efficaci fino alla fine della causa, che di per sé può durare anni ed anni e che, una volta posti in essere, possano indurre l’Autorità a non avere neppure più interesse a portare a conclusione il giudizio, in quanto con la loro comminazione il risultato sarà  stato già raggiunto[9].

L’impugnazione dei provvedimenti cautelari

Per questo motivo si è discusso della possibilità di impugnazione dei provvedimenti cautelari.

Parte della dottrina, nel silenzio del Legislatore canonico del codice del 1983, ritiene che le misure ex can. 1722 CIC non siano impugnabili, sia rifacendosi alla tradizione canonica del Codice del 1917, nella quale espressamente se ne statuiva la non impugnabilità[10], sia in considerazione della loro natura di provvedimenti provvisori urgenti, contro i quali, così come è stabilito nel can. 1629 n.4 CIC, non è ammissibile ricorrere in appello.

L’orientamento che ne ritiene possibile l’impugnazione, sottintendendone la natura amministrativa, sostiene che le misure cautelari di cui al canone 1722 CIC possano seguire la via di impugnazione prevista per gli atti amministrativi singolari, ossia il c.d. ricorso gerarchico (cfr. cann. 1732ss. CIC) e, all’esito, l’eventuale impugnazione presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica[11].

Processo giudiziale o amministrativo?

Il ricorso alle misure previste dal canone 1722 CIC presuppone che il processo penale sia già stato instaurato.

Verrebbe dunque da chiedersi di quale tipo di processo si stia parlando, ovvero se ci si riferisca al solo giudiziale oppure anche a quello amministrativo.

Se guardiamo il codice, vediamo come il processo amministrativo venga regolato solo nel canone 1720 CIC.

Di conseguenza tutti i canoni seguenti riguarderebbero il solo processo giudiziale, compreso il can 1722.

Tuttavia la maggior parte della dottrina ritiene che il canone possa essere applicato anche a quello amministrativo, basandosi sul fatto che in esso si parla indistintamente di processo, e che quindi si riferisca ad entrambi i tipi di processo penale.

L’applicazione del canone 1722 CIC nell’indagine previa

Fonte di un vivace dibattito dottrinale in merito ai provvedimenti di cui si discute è stata la questione dell’individuazione del tempo esatto della loro applicazione.

Ci si chiede, in pratica, se l’Ordinario possa adottare queste misure esclusivamente nel corso dello svolgimento del processo, oppure anche durante la fase delle indagini preliminari (cfr. cann. 1717-1719 CIC).

Una parte della dottrina accoglie la seconda ipotesi, menzionando il canone 17 CIC, secondo il quale la legge può essere interpretata anche in vista del fine che essa si prefigge.

Poiché è evidente che il fine che si prefigge il can. 1722 è quello “di prevenire gli scandali, tutelare la libertà dei testimoni, e garantire il corso della giustizia”, si sostiene che già nella fase di indagine possa sussistere la necessità di salvaguardare tali finalità[12].

In realtà, il canone 1722 CIC indica espressamente che il processo deve essere già iniziato, e quindi necessariamente ci si trova in una fase successiva a quella dell’indagine previa.

Se, dunque, questi provvedimenti possono essere adottati solo durante il processo, in fase di indagine preliminare cosa sarà possibile fare? L’Ordinario potrà, qualora ne sussistano le condizioni, imporre un precetto penale ex canone 1319 CIC[13].

I provvedimenti cautelari e urgenti alla luce della recente normativa

La necessità dell’anticipazione dei provvedimenti cautelari fin dalle indagini preliminari si è posta negli ultimi decenni principalmente con riferimento a casi di delitti particolarmente gravi e delicati, per i quali la tempestività dell’intervento dell’Ordinario (volto, quantomeno, ad allontanare il chierico sospettato dall’esercizio del ministero) è certo di fondamentale importanza.

Per questo dal 2010, con una modifica all’art. 19 delle Normae sui delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, è possibile adottare i provvedimenti cautelari già durante la fase dell’indagine previa.

Ora, questa possibilità viene ulteriormente estesa anche alle indagini sui fatti disposti dal recente Motu Proprio Vos estis lux mundi, emanato da Papa Francesco nel 2019 che introduce nuove norme procedurali di grande rilievo circa i delitti contro il sesto comandamento del Decalogo[14].

L’art. 15 del m.p. dispone infatti che: “Qualora i fatti o le circostanze lo richiedano, il Metropolita propone al Dicastero competente l’adozione di provvedimenti o di misure cautelari appropriate nei confronti dell’indagato”.

 

Note

[1] Così G.P. Montini, Provvedimenti cautelari urgenti nel caso di accuse odiose nei confronti di ministri sacri. Nota sui cann. 1044 e 1722, in Quaderni di diritto ecclesiale, 12(1999), pp. 191-204; J. Sanchis, L’indagine previa al processo penale, in AA. VV.,I procedimenti speciali nel diritto canonico, pp. 233-266.

[2] Cfr. V. De Paolis, Processo Penale, in Nuovo dizionario di diritto canonico, a cura di C.C. Salvador – V. De Paolis – F. Ghirlanda, San Paolo, Milano 1993, p. 863.

[3] Can. 134 §1. – Col nome di Ordinario nel diritto s’intendono, oltre il Romano Pontefice, i Vescovi diocesani e gli altri che, anche se soltanto interinalmente, sono preposti a una Chiesa particolare o a una comunità ad essa equiparata a norma del can.368; inoltre coloro che nelle medesime godono di potestà esecutiva ordinaria generale, vale a dire i Vicari generali ed episcopali; e parimenti, per i propri membri, i Superiori maggiori degli istituti religiosi di diritto pontificio clericali e delle società di vita apostolica di diritto pontificio clericali, che possiedono almeno potestà esecutiva ordinaria”.

[4] G.P.Montini, Provvedimenti cautelari urgenti, p. 200.

[5] Cfr. can. 1341 CIC. Sulla funzione e sugli scopi della sanzione canonica come strumento di riparazione dell’ordine sociale violato e di recupero del delinquente si vedano V. De Paolis, Attualità del diritto penale nella Chiesa, in AA. VV., Questioni attuali di diritto penale canonico, p. 20 s.; Id., Sanzioni penali, rimedi penali e penitenze, pp. 165-208.

[6] C. Papale, Il processo penale canonico. Commento al Codice di Diritto Canonico Libro VII Parte IV, UUP, Città del Vaticano 2012, p. 123.

[7] V. De Paolis, Processo Penale, p. 863.

[8] G.P. Montini, Provvedimenti cautelari urgenti, pp. 201 – 202.

[9] C. Gullo., Le ragioni della tutela giudiziale in ambito penale, in Processo penale e tutela dei diritti nell’ordinamento canonico, a cura di D. Cito, Giuffrè, Milano 2005,  p. 149.

[10] Si veda C. Papale, Il processo penale canonico, p. 125: “Il canone 1958 CIC 1917, prevedeva che contro i decreti emanati ex cann. 1956 e 1957 “non datur iuris remedium”. Tale disposizione non è stata riprodotta nel codice attuale per cui è sorta in dottrina la questione se sia possibile o meno ricorrere contro i provvedimenti emessi in forza del can. 1722”.

[11] M. Galluccio, Peculiarità della funzione cautelare nel diritto canonico alla luce dei provvedimenti ex can. 1722 CIC, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), 27(2015), p. 25.

[12] C. Papale, Il processo penale canonico, p. 125.

[13] Can. 1319 – §1. Nella misura in cui qualcuno può imporre precetti in foro esterno in forza della potestà di governo, il medesimo può anche comminare con un precetto pene determinate, ad eccezione delle pene espiatorie perpetue. – §2. Non si emani un precetto penale, se non dopo aver profondamente soppesato la cosa ed osservato quanto è stabilito per le leggi particolari nei cann. 1317-1318.

[14] Cf, C. Gentile, Le novità normative nella lotta agli abusi sessuali a un anno dall’incontro in Vaticano del 2019, in Stato Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (https://www.statoechiese.it), 21(2020), p. 103.

 

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

 

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