Sposalizio della Vergine (olio su tavola), Raffaello Sanzio, 1504
La dimensione sacramentale che caratterizza il matrimonio canonico è affermata dal can. 1055 CIC: “a Christo Domino ad sacramenti dignitatem evectum est”. A differenza dell’impianto normativo previgente, che sottolineava in modo forte la natura contrattuale e sinallagmatica del matrimonio (cann. 1012-1013 CIC 17), il Codice giovanneo-paolino evidenzia con efficacia la natura dinamica e relazionale del matrimonio [1].
I fondamenti della sacramentalità nella Sacra Scrittura
La Sacra Scrittura costituisce il fondamento del matrimonio canonico, istituzione così importante nella vita della Chiesa, tanto da essere definita “Sacramentum Magnum” da San Paolo (Ef. 5,22-23).
Nell’Antico Testamento la relazione coniugale che conforma lo stato di vita matrimoniale costituisce l’immagine per comprendere l’alleanza tra Jahvè con il suo popolo, nel quale era prefigurata la Chiesa: i rapporti che nel matrimonio uniscono l’uomo e la donna diventano figura e chiave per accostarsi e comprendere il legame misterioso tra Dio e il suo popolo [2].
Nel Nuovo Testamento il matrimonio è considerato come simbolo dell’alleanza che unisce Cristo alla sua Chiesa, assumendo una dignità e un significato ancora più intensi. In tale prospettiva si intende affermare che il matrimonio è entrato in una nuova specifica dimensione rispetto all’ordine della creazione. I sacramenti, infatti, si distinguono dalle altre azioni della Chiesa per il fatto che essi sono “azioni di Cristo e della Chiesa” (can. 840), nei quali si crede che Dio stesso agisca sotto segni umani.
Per questo, perché si realizzi il sacramento del matrimonio, è necessaria la certezza della fede che Dio stesso è l’autore del patto matrimoniale in quanto, come la Nuova Alleanza risulta irrevocabilmente dalla volontà di Dio fondatrice della salvezza, così ogni singolo matrimonio sacramento è un’alleanza costituita da Dio.
Il matrimonio canonico come immagine della Nuova Alleanza
L’amore che unisce l’uomo e la donna è lo stesso amore che unisce Cristo e la Chiesa [3]: entrambi sono radicati nel “ius divinum” e il matrimonio dei cristiani può realizzarsi solo come partecipazione e dipendenza ontologica della realtà soprannaturale dell’amore di Cristo per la Chiesa.
Esso è inserito nell’economia della salvezza, non operando secondo le leggi della causalità del diritto divino-naturale, ma secondo l’“opus operatum” del diritto divino-positivo, cioè dell’amore di Cristo per la Chiesa. In tal senso, il consenso manifestato dagli sposi cristiani non è più l’opera autonoma dell’uomo e della donna, ma lo strumento in cui emerge tutta la sua efficacia, il “sì” pronunciato nella Chiesa da Cristo.
Il matrimonio come sacramento, quindi, è la realizzazione dell’amore di Cristo per la Chiesa, l’espressione di un segno di redenzione che, quando è contratto da battezzati e non vi siano ostacoli che lo impediscano, produce la Grazia che significa e stabilisce l’uomo in un particolare rapporto con Dio.
Si rileva, dunque, che la relazione matrimoniale non è mai, di per sé, una cosa completamente “profana”. Al contrario, essa è una cosa sacra, in quanto segno del rapporto tra Dio e gli uomini: ciò al massimo grado tra i battezzati, che non possono non agire come organi dello Spirito di Cristo stesso, poiché la relazione che avvince l’uomo e la donna diviene simbolo dell’amore che lega Cristo alla sua Chiesa, rafforzando il nesso che lega i coniugi, in quanto membra del corpo, al capo [4].
Le riflessioni del Concilio di Trento
La sacramentalità del matrimonio canonico era stata già affermata dal Concilio di Trento: «Si quis dixerit matrimonium non esse vere et proprie unum ex septem legis evangelicae sacramentis a Christo Domino institutum, sed ab ho minibus in Ecclesia inventum, anathema sit» [5].
In tale prospettiva, si affermava che “Cristo ha voluto che il matrimonio dei battezzati fosse sacramento della nuova legge, cioè segno che conferisce grazia per volontà divina … esprimesse questa unione in modo più intenso, così che l’amore dell’uomo per la donna traducesse il suo amore per la Chiesa e l’amore della donna per l’uomo esprimesse allo stesso modo il suo amore per la Chiesa. Essendo ciò impossibile senza la grazia soprannaturale, al matrimonio tra battezzati si aggiunge la grazia” [6].
Il matrimonio canonico tra contratto e sacramento
La dottrina dell’identità tra contratto e sacramento fu difesa fortemente dai papi durante il secolo XIX, a seguito dell’introduzione del matrimonio civile e della consequenziale negazione della competenza della Chiesa sul matrimonio.
A partire dal XVI secolo, in seguito alla riflessione circa la materia e la forma del sacramento del matrimonio, l’opinione prevalente dei teologi considerava il contratto stesso la forma del sacramento matrimoniale, con la conseguenza che non si potevano separare queste due realtà.
Nel secolo XVIII la Chiesa riaffermò tenacemente l’inseparabilità tra contratto e sacramento. Con gli insegnamenti dei pontefici, in particolare a partire dal magistero di Pio VI, con la lettera Deessemus nobis del 16 Settembre 1788, essa ribadirà che nel matrimonio cristiano non può esservi separazione tra contratto e sacramento.
Una definizione più precisa venne formulata da Pio IX, nel Sillabo dell’08 Dicembre 1864, condividendo la dottrina tradizionale, che condannava chi sosteneva la separabilità tra le due realtà.
Tale nozione è stata poi recepita nel can. 1012 del CIC 1917. Già Leone XIII, con l’Enciclica Arcanum Divinae Sapientiae del 10 Febbraio 1880 [7], sosteneva che “nel matrimonio cristiano il contratto non è separabile dal sacramento e perciò non può esservi un contratto vero e legittimo che non sia di per sé anche sacramento”. Il Pontefice ribadisce che “non si può approvare una simile distinzione, o piuttosto separazione, essendo manifesto che nel matrimonio cristiano il contratto non può scompagnarsi dal sacramento, poiché fu il matrimonio che da Cristo Signore viene arricchito dalla dignità di Sacramento”.
La storia della Chiesa, attraverso l’insegnamento dei Romani Pontefici, evidenzia l’evoluzione del pensiero ecclesiale rispetto alla natura sacramentale del matrimonio, istituto fondato da Dio e che trova nel diritto divino la sua fonte originaria.
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Note bibliografiche
[1] A. D’AURIA, Il matrimonio nel Diritto della Chiesa, Lateran University Press, Roma, 2003, p. 89.
[2] P. GRELOT, La coppia umana nella Sacra Scrittura, Paideia, Milano, 1968, pp. 50-61.
[3] CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, 21 novembre 1964, in AAS, 57 (1965), n. 10.
[4] K. RANHER, Sulla teologia del simbolo e Saggi sui sacramenti e sull’escatologia, Paoline, Roma, 1965, p. 105.
[5] CONCILIO DI TRENTO, Sessione VII, De sacramentiis in genere, can. 1.
[6] P. GASPARRI, Tractatus canonicus de matrimonio, vol. I, Typis Polyglottis Vaticanis, Città del Vaticano, 1937, p. 31.
[7] LEONE XIII, Lett. enciclica Arcanum Divinae Sapientiae, 10 febbraio 1880, in Leonis XIII P.M. Acta, II, 1882, 10-40.
“Cum charitate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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