Introduzione al Diritto Canonico: il contesto come base per una corretta explicatio canonum

Tale excursus, che vedrà coinvolti diversi articoli, ha lo scopo di consentire al lettore un primo approccio dell’intero CIC (codex iuris canonici). Verrà condotta una panoramica generale che, dalle fonti primarie e secondarie, ci condurrà fino all’ultimo libro del codice del 1983, così da preparare il lettore al contesto della puntuale explicatio canonum.

 

 1. Le fonti: dalla Sacra Scrittura ai Concili

Il Codice di diritto canonico latino, cosiddetto CIC, così come noi lo conosciamo, è stato promulgato da Papa S. Giovanni Paolo II il 25 gennaio del 1983. É frutto di un lungo iter di rielaborazione del Codice Pio-Benedettino del 1917.  É un Codice a cui devono obbedire tutti i fedeli di rito latino poiché, per i fedeli di rito orientale, il 18 ottobre del 1990 è stato promulgato, dallo stesso Pontefice, il Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, detto CCEO.

La ricchezza del CIC risiede soprattutto nelle sue fonti e nella scienza canonica che negli anni ha permesso, ad uno strumento tecnico-giuridico, di esprimere pienamente il suo fine teologico-escatologico: la salvezza delle anime. Ebbene sì, tale strumento giuridico serve per regolare tutti gli ambiti della vita della Chiesa con lo sguardo sempre rivolto alla salvezza delle anime. Per comprendere la profondità del CIC analizzeremo, innanzitutto, le fonti.

Vi sono 4 fonti dette primarie e altre fonti considerate secondarie:

 Leggendo gli Atti degli Apostoli, emerge da subito la Convocazione del 1° Concilio di Gerusalemme: già nella Sacra Scrittura vi sono risposte “normative” a problemi pratici che dovevano essere affrontati dalla Chiesa primitiva. Gli apostoli riflettevano su come applicare, concretamente, nella vita quotidiana le Parole del Maestro. Quindi, di conseguenza, la prima fonte normativa primaria è la Sacra Scrittura. Una seconda fonte normativa primaria è data dalla Tradizione, è conosciuto che al tempo del Signore molti Suoi insegnamenti venivano tramandati oralmente e così successe anche per gli insegnamenti degli apostoli e per la disciplina della Chiesa antica: questa ricchezza è detta Tradizione.

Con l’ampliamento delle varie Chiese si sente l’urgenza di scrivere anche ciò che veniva tramandato oralmente, dando così origine ad alcune raccolte essenziali per ricostruire l’aspetto normativo, catechetico e liturgico della Chiesa delle origini. In particolare, si ricorda la Didachè della Chiesa d’Oriente e la Traditio Apostolica in Occidente. Inoltre, in ogni comunità è noto che si generino delle consuetudini. Anche la Chiesa delle origini aveva degli usi ripetuti, che riguardano principalmente modi di agire e che fungono da terza fonte normativa primaria.

Dal IV sec. in poi, con l’editto di Milano (noto come editto di Costantino), si ha la libertà di culto e per la Chiesa comincia un tempo di profondo cambiamento. Si assiste a una forte crescita del ruolo del Vescovo di Roma poiché la Chiesa nascente, nella città Eterna, era considerata doppiamente benedetta dal sangue dei martiri Pietro e Paolo. Il Vescovo di Roma fin da subito ebbe un peso “morale” maggiore in confronto a tutti gli altri Vescovi e a tal proposito, per risolvere le controversie nascenti, i vari Vescovi del mondo inviavano al Vescovo di Roma delle lettere, chiedendo risposte sui vari problemi sorti nelle chiese locali. Le risposte del Vescovo di Roma erano le cosiddette decretali e servivano da norme giuridiche a tutti gli effetti. Sono di questo periodo anche i canoni che venivano formulati dai vari Concili. Possiamo così definire la quarta fonte normativa primaria: decretali e Concili. Di questi ultimi conosciamo gli atti, i discorsi solenni, le lettere sinodali, gli anatemi, le professioni di fede e i canoni, che cominciarono ad essere raccolte in varie Collezioni canoniche.

Fonti normative secondarie furono invece alcune leggi civili canonizzate e principalmente il Diritto Romano di cui si respira lo spirito in tutto il CIC; alcuni testi teologici come documenti di indole dogmatica, morale e liturgica; regole monastiche; gli scritti dei Padri, dei Santi e dei Dottori, poiché ritenuti i più fedeli interpreti della Scrittura e della Tradizione; infine taluni fatti storici inseriti nelle raccolte giuridiche poiché riuscivano a illustrare concretamente la vita cristiana dei primi secoli.

2. Le fonti: dai Concili, passando per la scientia canonica, al CIC de 1983.

Tutto questo materiale, nel corso dei secoli, cominciò ad essere riunito in Collezioni sempre più grandi ed elaborate, fino ad avere raccolte ordinate in modo sistematico. Una delle più importanti, fra le innumerevoli Collectio esistenti, è la Collectio Dionysiana, redatta dal monaco Dionigi il piccolo e composta da due libri che raccolgono rispettivamente i canoni e le decretali. Con Carlo Magno la Collectio Dionysiana venne ampliata e fu conosciuta col nome di Collectio Dionysiana Hadriana. Nel corso dell’XI e XII sec. i canonisti si accinsero a dare una nuova struttura alla Chiesa e si realizzò lo sviluppo di una vera scienza canonistica. Di questo periodo sono le Collezioni di Ivo di Chartres che cominciò a sviluppare principi e ad elaborare regole generando un embrionale sistema di diritto canonico.

Con lo sviluppo delle Università, e in particolare l’Università di Bologna, si assiste ad un fenomeno epocale: lì il monaco camaldolese Graziano è chiamato ad insegnare il “diritto della Chiesa”, senza avere alcun sussidio da offrire ai suoi alunni. L’essenzialità di avere un testo unico per gli studenti, che racchiudesse tutto il materiale normativo esistente – anche discordante in alcuni punti – lo porta a sviluppare un metodo giuridico che gli permise di armonizzare le diverse fonti e autorità. Vi erano infatti circa 3900 testi da concordare, dai Canoni Apostolici al Concilio Lateranense II, alle decretali, passi di Sacra Scrittura e Libri penitenziali. Per questo il Decreto di Graziano fu anche detto concordanza di canoni discordanti. Graziano è un vero giurista e sviluppa una scienza del diritto canonico.

Nel periodo successivo a Graziano vi furono numerosi papi-giuristi che compilarono sempre più decretali.  Queste, essendo fuori da Decreto di Graziano, furono definite decretali extra vagantes.

Papa Gregorio IX, nel 1234, incaricò frate Raimondo di Penafort di raccogliere nuovamente l’intero materiale normativo esistente. Il Papa da questo momento in poi fu pienamente consapevole di essere il legislatore universale e inviò la lettera di promulgazione del Liber Extra anche alle Università affinché questo divenisse il libro di testo ufficiale.

Alla fine del XIV sec. si forma il Corpus Juris Canonici, l’insieme delle Collezioni Canoniche utilizzate per l’insegnamento e per i giudizi, a partire dalla formazione del Decreto di Graziano.

È con il Concilio Vaticano I che si sente l’urgenza di una nuova collezione canonica e Pio X affida al cardinale Gasparri la stesura del Codice, pubblicato dal Papa Benedetto XV nel 1917, così tutto il materiale precedente si trova nella fonti del Codice del 1917, strutturato in 5 libri con 2414 canoni. Dopo il Concilio Vaticano II, con la “nuova ecclesiologia”, si rende necessaria una nuova riformulazione del diritto della Chiesa, così con S. Giovanni Paolo II si ha la stesura e la pubblicazione del Codice di diritto canonico nel 1983.

 

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Bibliografia:

Ferme B. E., Introduzione alla storia delle fonti del Diritto Canonico. I- Il Diritto Antico fino al Decretum di Graziano, PUL, 1998 Mursia.

Erdö P. Storia delle fonti del Diritto Canonico, Maricianum Press, Venezia 2008.

 

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(San Giovanni Paolo II)

 

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