Ci si potrebbe chiedere quale sia la possibilità e l’estensione dell’intervento dell’avvocato nella procedura penale amministrativa e se questi sia possibile o persino obbligatoria. Il quesito ha una indubbia valenza pratica dal momento in cui la stragrande maggioranza delle procedure penali si svolgono appunto attraverso decreto extragiudiziale. In realtà, la domanda si declina in un duplice senso: non solo se sia possibile l’intervento dell’avvocato, ma anche se questo sia addirittura un obbligo.
Dal punto di vista codiciale
Se si esamina la questione prendendo spunto dalla normativa codiciale, riteniamo di poter dare una risposta affermativa ad entrambe le domande: non solo è possibile ma è anche obbligatorio. Il can. 1481, § 2 CIC stabilisce che «Nel giudizio penale l’accusato deve sempre avere un avvocato, che si sia egli stesso costituito o assegnato a lui dal giudice». La domande che si pone è se all’interno del concetto di «giudizio penale» possa rientrare o meno la procedura di cui al can. 1720 CIC. Se la procedura per decreto extragiudiziale è iudicium poenale ai sensi del can. 1481, § 2 CIC, allora l’intervento dell’avvocato, oltre che possibile, sarebbe precettivo.
Dal punto di vista sistematico
Dal punto di vista sistematico, il can. 1481, § 2 CIC si trova nel Libro VII, parte IV, la cui rubrica recita «de processu poenali». Ci sembra possibile affermare che il procedimento per decreto extragiudiziale del can. 1720 CIC è una modalità di giudicare penalmente, ovvero, un modo di esercizio della potestà punitiva penale. Attraverso il dettato del can. 1720 CIC, l’Ordinario o raggiunge la certezza morale (cfr. can. 1342, § 1 CIC) della colpevolezza (ribaltando così la presunzione di innocenza che assiste all’imputato, ex can. 1341 CIC) e impone una pena all’accusato, oppure non raggiunge tale certezza morale, dovendo assolvere l’imputato. Si tratta, com’è ovvio, di un modo di procedere e giudicare penalmente. Lasciamo intenzionalmente da parte che non sia decisamente più opportuno e che l’unico modo di procedura penale sia quella giudiziaria: piaccia o meno, al giorno d’oggi, il procedimento di cui al can. 1720 CIC è un modo di procedere penalmente.
Il can. 1720 CIC dice che «(…) per decretum extra iudicium esse procedendum», confermando che la procedura di cui a siffatto canone è una procedura penale, un modo di giudicare in re poenali. Di conseguenza, l’Ordinario dovrebbe invitare l’accusato a che si costituisca un avvocato, e quando non vi provveda, dovrà essere lui stesso ad assegnargliene uno d’ufficio. L’applicazione del can. 1481, § 2 CIC è anche ulteriormente corroborata dal rinvio di cui al can. 1728, § 1 CIC. Sistematicamente, questa interpretazione è congruente, dato che all’Ordinario che deve procedere con decreto extragiudiziale gli si chiede espressamente il dovere di garantire e tutelare il diritto alla difesa (cfr. can. 1342, § 1 CIC), al cui servizio si pone appunto la difesa tecnica, nonché la necessità di approdare ad esito di condanna solo se vi è certezza morale ex actis et probatis della tesi pro accusatione (cfr. can. 1342, § 1 CIC), in un modo non dissimile a quanto si riconosce al fedele e si richiede dal giudice nel processo giudiziario, motivo per cui sarebbe poco congruente una discriminazione.
In conclusione
Una disamina della normativa non codiciale nonché di alcuni provvedimenti dei dicasteri in tema di procedura penale confermerebbero questa lettura. Così l’art. 20, § 7 delle Normae de delictis Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis, il n. 98 del Vademecum del Dicastero per la Dottrina della Fede del 5-6-2022 (in tema di delicta reservata) e il n. 204 del Sussidio Le sanzioni penali nella Chiesa emanato dal Dicastero per i Testi Legislativi (per il diritto penale comune) sottolineano non solo la possibilità, ma addirittura l’obbligo di avvalersi di un avvocato, citando in merito il can. 1481 CIC.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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