Il consenso è la causa efficiente del matrimonio canonico (nuptias consensus facit). Il legislatore canonico non dà una definizione di consenso. Questa assenza è colmata dalla disciplina dei vizi del consenso.
La differenza tra impedimenti al matrimonio canonico e vizi del consenso
A differenza degli impedimenti matrimoniali, che rappresentano circostanze esterne ai nubendi e rendono inabile una persona a contrarre un valido matrimonio, i vizi costituiscono elementi interni ai contraenti nei quali si formano anomalie rispetto all’istituto matrimoniale.
Intelletto e volontà nel matrimonio canonico
Per cogliere la portata dei vizi, occorre partire dalla nozione di consenso. Esso è un elemento dell’atto giuridico ed è composto da intelletto e volontà. L’intelletto è la parte che consente di conoscere, comprendere (intus legere) e maturare un giudizio critico sull’istituto matrimoniale. La volontà è la parte che permette di volere ciò che è oggetto di intelletto. Pertanto, il consenso è un atto di volontà, che manifesta l’assenso interno (cioè conforme alle intenzioni matrimoniali) dell’intelletto. Se tra intelletto e volontà si crea coordinazione, quest’equilibrio determina la decisione. Invece, in presenza di anomalie che interessano l’intelletto, la volontà o la manifestazione della volontà si perfezionano i vizi del consenso.
La tripartizione del Codice di Diritto Canonico
Il Codice di Diritto canonico distingue i vizi del consenso in base a tre categorie: 1) vizi da parte dell’intelletto, che producono anomalie al giudizio critico da parte del nubende circa l’istituto matrimoniale; 2) vizi da parte della volontà, in riferimento alle cause che inducono a volere qualcosa di diverso dal matrimonio canonico; 3) vizi da parte della manifestazione della volontà, che presuppongono l’assenza di distorsioni della parte intellettiva e volitiva, ma traducono una volontà difforme dall’animo interno dei contraenti.
Nella prima categoria rientrano l’incapacità psichica (can. 1095), l’errore, che può essere di diritto relativamente al matrimonio in sé (can. 1096) o alle sue proprietà essenziali (can. 1099), di fatto (can. 1097) e doloso (can. 1098). Sono qualificati vizi della volontà la simulazione (can. 1101 § 2), che può essere totale o parziale e la condizione (can. 1102). I vizi da parte della manifestazione di volontà sono la violenza e il timore grave (can. 1103).
I vizi da parte dell’intelletto
L’incapacità psichica è disciplinata dal can. 1095. La norma disciplina che è incapace ad esprimere un valido consenso matrimoniale chi manca di sufficiente uso di ragione (n. 1), ossia chi non ha capacità di comprendere in astratto il matrimonio; chi difetta gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri essenziali da dare e accettare reciprocamente (n. 2), ovvero chi non ha la capacità di comprendere in modo critico-pratico i doveri e dei diritti matrimoniali; e chi per cause di natura psichica non può assumere gli obblighi essenziali del matrimonio (n. 3) in riferimento a chi non riesce affatto a comprendere ciò che sta facendo. L’errore consiste nel falso giudizio circa un elemento del negozio giuridico. Esso può essere di diritto o di fatto.
Nel primo caso il can. 1096 prevede l’ignoranza circa l’essenza del matrimonio, ossia la mancanza di conoscenza necessaria (matrimonio come comunità permanente di tutta la vita, eterosessualità, procreazione della prole, cooperazione sessuale). Esso può riguardare anche le proprietà essenziali (unità e indissolubilità) ai sensi del can. 1099, solo se questo errore determina la volontà. Diversamente, se l’errore resta nella sfera intellettiva, il consenso non è viziato. L’errore di fatto può riguardare la persona (can. 1097 § 1) oppure una qualità della persona (can. 1097 § 2) purché questa sia voluta principalmente e direttamente. Se invece il consenso è stato ottenuto mediante raggiro circa una qualità dell’altro contraente, si configura l’ipotesi di errore doloso (can. 1098).
Vizi da parte della volontà
Il can. 1101 § 1 sancisce il principio generale per cui il consenso interno dell’animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio. La volontà dichiarata corrisponde alla volontà reale. Quando non c’è conformità tra le due si configura la simulazione (can. 1101 § 2), ossia l’esclusione di tutto il matrimonio (totale) o di uno o più elementi o proprietà essenziali del vincolo (parziale). La condizione consiste in un evento futuro, incerto e possibile dal quale il contraente fa dipendere il valore dell’atto giuridico (can. 1102). La condizione futura rende invalido il matrimonio. La condizione presente o passata rende nullo o meno il matrimonio, se l’oggetto della condizione esiste o non esiste: in tali casi, la condizione può essere apposta solo con la licenza dell’Ordinario del luogo.
Vizi da parte della manifestazione della volontà
Nella terza categoria sono annoverati la violenza e il timore grave. La violenza è un’azione posta in essere da qualcuno esterno per costringere un altro fisicamente a compiere un atto che altrimenti non avrebbe mai compiuto). Invece, il timore grave consiste nella pressione psicologica effettuata mediante minacce. Per questa ragione si parla anche di violenza morale. In entrambi i casi la fonte deve essere esterna, cioè provenire da una causa determinata, umana e libera. Pertanto, si esclude il timore proveniente da cause naturali, come terremoto, maremoto, guerra e si esclude il timore interno, come suggestione, immaginazione, rimorso. Inoltre, il timore grave deve pregiudicare realmente il consenso matrimoniale, cioè il soggetto si sposa perché non ha altra via d’uscita.
Riferimenti bibliografici
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M. FERRANTE, Lezioni di diritto matrimoniale canonico, Cedam, Padova, 2023.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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