Roberto Francesco Romolo Bellarmino SJ.

Santo, Cardinale e dottore della Chiesa

Memoria liturgica: 17 settembre

Patrono degli Avvocati Canonisti

 

Nacque il 4 ottobre 1542 a Montepulciano, presso Siena, terzo di dieci fratelli in una famiglia di origini nobili ma in via di impoverimento economico. Suo padre era Vincenzo Bellarmino e sua madre, Cinzia Cervini, molto pia e religiosa, era sorella del cardinale Marcello Cervini, che divenne papa Marcello II. Fu educato per desiderio della madre nel collegio gesuita della sua città natale, fondato da poco tempo. Entrato nella Compagnia di Gesù (1560), compì gli studi al Collegio Romano, poi a Padova e Lovanio. Ordinato sacerdote nel 1570, iniziò a insegnare teologia a Lovanio, dove si impegnò nella predicazione contro Michele Baio. Richiamato in patria (1576), ebbe nel Collegio Romano la nuova cattedra di controversie, e dall’insegnamento (1576-88) nacquero le celebri Disputationes de controversiis christianae fidei adversus huius temporis haereticos, contro le dottrine protestanti. Nel 1589 Sisto V lo inviò come teologo al seguito del cardinale Caetani, legato in Francia a sostegno dei cattolici contro gli ugonotti. Al ritorno a Roma (1590), fu nella commissione per la revisione della Vulgata, poi rettore del Collegio Romano, quindi a Napoli preposito in quella provincia del suo ordine (1595). Ma alla morte del cardinale Toledo, teologo del papa, Clemente VIII lo richiamò a Roma nominandolo (1597) teologo della Penitenzieria, consultore del Sant’Uffizio, esaminatore per la nomina dei vescovi; due anni dopo (1599) lo creò cardinale. In questa veste R. fece parte di quasi tutte le congregazioni romane, e anche di quella de auxiliis (1600-05) nella quale si schierò per Luis de Molina, perdendo per questo il favore del papa che, nominatolo arcivescovo di Capua (1602), lo allontanò da Roma. Morto Clemente VIII (1605), intervenne ai conclavi che elessero Leone XI e Paolo V. Trattenuto a Roma da quest’ultimo, che lo volle suo consigliere e aiuto, intervenne attivamente nelle principali questioni del tempo, come l’interdetto di Venezia (1606), la controversia anglicana (1607-09), i processi di Galileo, G. Bruno e T. Campanella. La sua produzione fu vastissima: oltre alle importantissime Disputationes già ricordate (3 voll., 1586-93), è autore di scritti polemici, esegetici (In omnes Psalmos dilucida expositio), ascetici, storici; importanti le sue prediche. La causa di beatificazione, iniziata un anno dopo la sua morte, si concluse solo sotto Pio XI, che il 13 maggio 1923 lo proclamò beato, il 29 giugno 1930 santo e il 17 settembre 1931 dottore della Chiesa. Benedetto XVI dirà di lui: «Un segno distintivo della spiritualità del Bellarmino è la percezione viva e personale dell’immensa bontà di Dio, per cui il nostro Santo si sentiva veramente figlio amato da Dio ed era fonte di grande gioia il raccogliersi, con serenità e semplicità, in preghiera, in contemplazione di Dio».

«O anima, il tuo esemplare è Dio, bellezza infinita, luce senza ombre, splendore che supera quello della luna e del sole. Alza gli occhi a Dio nel quale si trovano gli archetipi di tutte le cose, e dal quale, come da una fonte di infinita fecondità, deriva questa varietà quasi infinita delle cose. Pertanto devi concludere: chi trova Dio trova ogni cosa, chi perde Dio perde ogni cosa». (De ascensione mentis in Deum).